Giovedì 28 febbraio
Casalgrande (RE), Teatro Fabrizio De
André, ore 21:15
ENRICO RAVA &
GIOVANNI GUIDI
Enrico Rava – tromba, flicorno; Giovanni Guidi –
pianoforte
Per molto tempo il quintetto
è sembrato l’organico fondamentale
dell’attività di Enrico Rava, tanto da
assumere innumerevoli varianti per dare sempre nuova
linfa alla strumentazione: al Quintet ufficiale sono
succeduti o si sono affiancati l’Under 21, il New
Generation, il Rava Tribe, l’US Quintet. Da qualche
anno invece assistiamo a un movimento centrifugo che
sta portando Rava verso gli organici estremi: dal
massimamente dilatato (pensiamo al Parco della
Musica Jazz Lab, che per altro sarà
protagonista di un concerto a Imola in questa
edizione di Crossroads) all’intimamente raccolto,
con una serie di combinazioni in duo con pianisti
come Stefano Bollani, Julian Oliver Mazzariello e,
appunto, Giovanni Guidi. In ogni caso, musicisti che
Rava ha ‘raccolto’ giovani, contribuendo poi
enormemente alla loro formazione e al loro
inserimento nei circoli ‘alti’ del jazz
internazionale.
Come membro sia dei Rava Tribe che del PMJL,
Giovanni Guidi è, in questo momento, un
tassello fondamentale della musica di Rava, che
conserva inalterata la freschezza, il sorprendente
gioco melodico e le sonorità struggenti che
hanno contribuito all’affermazione internazionale
del trombettista. Per Rava, che ha visto questo
giovane pianista formarsi giorno dopo giorno prima
ancora che il pubblico potesse scoprirlo, deve
essere una grande soddisfazione trovarsi ora di
fianco un compagno di musica di tale promettente
vitalità.
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Sabato 2 marzo
Cesenatico (FC), Teatro Comunale, ore 21:00
BARBARA CASINI TRIO
feat. Beppe Fornaroli & Sandro Gibellini
“Barato Total”
Omaggio
a Gilberto Gil
Barbara Casini – voce, percussione;
Beppe Fornaroli – chitarra, voce; Sandro Gibellini –
chitarra
Barbara Casini, nata a Firenze nel
1954, ha mostrato la sua predilezione per la musica
brasiliana sin dal suo primo apparire sulla scena
canora italiana. Ma non ha mancato di collaborare
con importanti jazzisti, tra i quali ricordiamo
Luigi Bonafede, Enrico Rava, Stefano Bollani,
Giovanni Tommaso, Roberto Gatto, Paolo Silvestri. E
non le sono mancate le apparizioni eccellenti al
fianco di grandi maestri statunitensi, come Phil
Woods e Lee Konitz.
Dopo aver scoperto la bossa nova all’età di
quindici anni, la Casini ha continuato ad
approfondire la sua conoscenza della musica popolare
brasiliana. La sua prima creazione in questo ambito
fu, all’inizio degli anni Ottanta, il trio Outro
Lado (insieme a Beppe Fornaroli alla chitarra e Naco
alle percussioni), con il quale si esibì,
oltre che nei teatri e nei club italiani, a Parigi,
nell’Europa settentrionale, in Africa e in Brasile.
Altra importante creatura musicale della Casini
è stato il quartetto con Stefano Bollani al
pianoforte, Raffaello Pareti al contrabbasso e
Francesco Petreni alla batteria, formatosi nel 1994.
Nell’ultimo decennio la Casini ha messo a segno una
lunga serie di notevoli exploit nel campo della
musica popolare brasiliana: i progetti, sia
discografici che live,
“Uragano Elis” (in omaggio a Elis Regina), “Palavra
prima” (dedicato a Chico Buarque de Hollanda),
“Nordestina” (una rivisitazione del forró
brasiliano), “Caxangá” (incentrato sulle
musiche di Milton Nascimento). Ora, con “Barato
Total”, tocca al repertorio di un mito vivente della
musica carioca: Gilberto Gil.
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Venerdì 8 marzo
Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00
TIZIANA GHIGLIONI
TRIO feat. Silvia Bolognesi & Emanuele Parrini
“Time for Duke”
Tiziana Ghiglioni – voce;
Silvia Bolognesi – contrabbasso; Emanuele Parrini –
violino
produzione
originale
Nata a Savona nel 1956, Tiziana
Ghiglioni inizia il suo percorso jazzistico
studiando con Giorgio Gaslini alla fine degli anni
Settanta. Giusto in tempo per farsi notare come una
delle voci più fresche degli anni Ottanta e,
poi, per imporsi negli anni Novanta come una delle
cantanti di riferimento del jazz italiano,
soprattutto grazie al notevole successo riscosso con
il suo indimenticabile omaggio alle canzoni di
Tenco. Portato a lungo in giro sui palcoscenici
italiani e quindi registrato su etichetta Philology,
nel 1994 questo progetto fece vincere alla Ghiglioni
la targa Tenco. In questi anni la fama della
Ghiglioni è sostenuta da collaborazioni con
artisti di primo piano sia della scena italiana
(Massimo Urbani, Pietro Tonolo, Franco D’Andrea,
Enrico Rava, Enrico Pieranunzi, Gianluigi Trovesi,
Giancarlo Schiaffini, Paolo Fresu, Luca Flores) che
internazionale (Kenny Drew, N.H.Ø. Pedersen,
Mal Waldron, Steve Lacy, Tony Oxley, Kenny Clarke,
Aldo Romano, Paul Bley, Lee Konitz, Chet Baker).
La Ghiglioni focalizza poi la sua attività su
una serie di progetti tematici, tra i quali
particolarmente fortunati sono quelli che esplorano
le composizioni di Lucio Battisti e Duke Ellington,
ma non sono trascurabili le incursioni nei mondi
musicali di Giorgio Gaslini e, più di
recente, Chet Baker e Mal Waldron. Con “Time for
Duke” la Ghiglioni torna dunque su un repertorio a
lei ben noto, affrontato però ora da una
nuova prospettiva e, soprattutto, con una formazione
dall’organico alquanto particolare che
esordirà appositamente in occasione del
concerto di Crossroads. Ne faranno parte Silvia
Bolognesi, contrabbassista che negli ultimi anni
è emersa con prepotenza sino a vincere nel
2010 il Top Jazz come “miglior nuovo talento”, e il
violinista Emanuele Parrini, musicista dalle
innumerevoli collaborazioni, la più fruttuosa
delle quali è probabilmente quella con
l’Italian Instabile Orchestra.
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Giovedì 14 marzo
Longiano (FC), Teatro Petrella, ore 21:00
FABRIZIO BOSSO
& JULIAN OLIVER MAZZARIELLO
Fabrizio Bosso – tromba; Julian Oliver Mazzariello –
pianoforte
Fabrizio Bosso, nel corso degli
anni, ha costruito una serie di collaborazioni in
duo alquanto differenti nei contenuti musicali ma
accomunate dallo slancio poetico, la verve ritmica,
la spigliatezza melodica, l’avvolgente virtuosismo:
con il chitarrista brasiliano Irio De Paula, i
fisarmonicisti Luciano Biondini e Antonello Salis,
il contrabbassista Rosario Bonaccorso e via
abbinando. Ora è la volta di un face to face
col pianista Julian Oliver Mazzariello.
L’incontro in duo tra questi musicisti arriva a
seguito di una amicizia di lunga data: Mazzariello
è stato tra l’altro il primo pianista del
quintetto High Five, la formazione che
contribuì a lanciare Bosso (e gli altri della
band: Scannapieco, Ciancaglini, Tucci) nel
firmamento del jazz italiano.
Ascoltando questo duo sembra proprio che in musica
non esista il concetto di impossibile: Bosso e
Mazzariello trascendono gli steccati stilistici,
muovendosi con entusiasmante equilibrio tra generi
diversi, tenendo sempre sotto mano il senso della
melodia tipicamente italiano come trampolino per le
loro improvvisazioni.
Nato in Inghilterra nel 1978, Julian Oliver
Mazzariello arriva in Italia quando ha diciassette
anni. Emerge progressivamente dalla scena locale
campana, dimostrandosi solista brillante e
versatile, sino a giungere a collaborare con artisti
come Enrico Rava e Lucio Dalla.
Fabrizio Bosso è probabilmente il jazzista
italiano che ha meno bisogno di presentazioni per il
grande pubblico, abituato a vederlo sia in
trasmissioni televisive nazionali che dal vivo al
fianco dei più popolari nomi della musica
italiana commerciale. Il grande dono di Bosso
è quello di riuscire a conservare l’interesse
di questo vasto uditorio anche quando indossa i
panni del jazzista senza compromessi: virtù
di un solista dalla rara eloquenza.
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Venerdì 15 marzo
Argenta (FE), Teatro dei Fluttuanti, ore 21:00
CHERYL PORTER JAZZ
QUARTET
Cheryl Porter – voce; Paolo Vianello – pianoforte;
Guido Torelli – basso el.; Gianni Bertoncini –
batteria
La chicagoana Cheryl Porter
(classe 1972) giunse in Italia nel 1995 per affinare
la sua formazione di cantante lirica. E infatti le
interpretazioni di Puccini, Verdi e Rossini furono
il repertorio col quale si misurò
inizialmente. Ma è difficile sfuggire alle
proprie radici e, soprattutto, alla predisposizione
naturale. Così, pur rimanendo nel nostro
paese, la Porter è progressivamente emersa
come una delle più ragguardevoli voci della
black music nei suoi generi più tradizionali:
gospel e spiritual. Ma la Porter si fa ammirare
abitualmente anche sul versante ‘profano’ del blues
e del jazz, sia in piccole formazioni che come
vocalist da big band. Particolarmente ragguardevole
è poi la sua attività nel mondo della
pop music di qualità. Qui, le sue
collaborazioni formano un red carpet sul quale sfilano
Mariah Carey, Amii Stewart, David Crosby, i Blues
Brothers, Bono degli U2, Luciano Pavarotti, Andrea
Bocelli, Gianni Morandi, Paolo Conte, Zucchero.
L’elenco può proseguire con altre
collaborazioni prestigiose più chiaramente
jazzistiche, come quelle con Dave Brubeck, Bob
Mintzer, i Brecker Brothers, o sul fronte della
musica latina (Tito Puente, Paquito D’Rivera).
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Sabato 16 marzo
Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro
Comunale, ore 21:15
“Cassero Jazz”
TERI WEIKEL &
MICHELE RABBIA
“Equilibrium”
Teri Jeanette Weikel – danza;
Michele Rabbia
– percussioni, elettronica
RAY ANDERSON
BassDrumBone
Ray Anderson – trombone;
Mark Helias – contrabbasso; Gerry Hemingway –
batteria
Il jazz di New Orleans come
sostanza esplosiva, il funky come innesco e il free
a fare da detonatore: insomma, senza che nessuno
rimanga ferito dalle metafore, la musica del trio
BassDrumBone è di quelle che esplodono con un
fragoroso boato. Non c’è stile jazzistico che
non sia stato stipato dentro le strutture
neworleansiane e, a forza di comprimere un genere
sull’altro, si è presto raggiunto l’effetto
di un nuovo Big Bang: dagli strumenti di Ray
Anderson, Mark Helias e Gerry Hemingway il jazz
scaturisce come rigenerato, riplasmato, ricaricato
di forza vitale. Tutto brilla come nuovo eppure
tutto è perfettamente riconoscibile come
frammento di un’aurea tradizione: nessuno era mai
riuscito a far sì che anche il free jazz
facesse battere il piede come lo swing.
Tale dominio della materia jazzistica non emerge
all’improvviso: Anderson, Helias ed Hemingway
suonano assieme in questo insolito abbinamento
strumentale sin dal 1977, con un approccio
collettivo che enfatizza le capacità di
ognuno sia in fase solistica che compositiva. Dopo
un decennio di attività e diversi dischi
(alcuni memorabili anche per l’etichetta italiana
Soul Note), nel 1988 il gruppo entra in letargo, per
uscirne solo cinque anni dopo. Da allora
BassDrumBone riappare periodicamente nel firmamento
jazzistico, dando sempre l’impressione che, con la
sua inarrestabile inventiva, la storia della musica
improvvisata possa ricominciare daccapo.
Equilibrio tra gesto e suono, interazione tra forme
musicali e forme disegnate dal movimento del corpo:
questo è “Equilibrium”, performance per danza
e percussioni che vede coinvolti Teri Jeanette
Weikel e Michele Rabbia. Lei danzatrice spesso a
fianco di jazzisti di prim’ordine (John Surman,
Antonello Salis, Steve Lacy, Mal Waldron, Art
Ensemble Of Chicago, Louis Sclavis, Wadada Leo
Smith, Richard Galliano) oltre che coreografa molto
attiva negli Stati Uniti come in Europa; lui
funambolico percussionista capace di trasformare a
sua volta l’arte del ritmo in un teatro del
movimento.
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Domenica 17 marzo
Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro
Comunale, ore 21:15
“Cassero Jazz”
IMPROPLAYERS
incontra MICHELE RABBIA
Michele Rabbia – percussioni, elettronica, direzione
Improplayers:
Alessandro Petrillo – chitarra, effetti;
Nicola Nanni – chitarra, effetti; Bruno Carrozzieri
– oud, chitarra portoghese;
Adriano Rugiadi – basso fretless acustico; Daniel
Remondini – basso elettrico;
Silvia Trezza – voce; Nicoletta Zuccheri – voce;
Christian Alpi – batteria;
Piermarco Turchetti – pianoforte; Massimo Zaniboni –
sax tenore, sax soprano;
Maurizio Lesmi – sax soprano, clarinetto basso;
Michele Griesi – fisarmonica
in collaborazione
con Volabo nell’ambito del progetto “Nessuno
rimanga indietro 2013”
Non si può certo prevedere
quel che combineranno sul palcoscenico di Castel San
Pietro Terme gli Improplayers: mai nome fu scelto
con maggiore pertinenza. Questo collettivo
emiliano-romagnolo, il cui organico si adatta
elasticamente alle necessità espressive del
momento, passando dall’esibizione in solo
all’ensemble completo di dodici elementi, parte dal
concetto musicale di tabula rasa: improvvisazione non
vincolata da materiali preesistenti. Le strutture
musicali si definiscono solo nel momento
dell’esecuzione, il dialogo tra i musicisti sul
palcoscenico è l’unica forma di generazione
del discorso sonoro. La razionalità che
preordina la musica non è di casa qui; anzi,
ci si muove piuttosto verso i territori più
‘occulti’ dell’improvvisazione. Gli Improplayers
sono comunque ben consapevoli che la ricerca
musicale assume valore solo nel momento in cui trova qualcosa
e mai quando rimane fine a se stessa.
Dati questi presupposti, l’incontro tra gli
Improplayers e Michele Rabbia parte sotto i migliori
auspici. Il batterista torinese ha infatti fama,
oltre che di improvvisatore sorprendente (sin dalla
scelta di quali strumenti includere nel suo set
percussivo), di musicista aperto alle collaborazioni
con le più diverse forme di espressione
artistica: teatro, danza, letteratura, pittura,
architettura.
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Giovedì 21 marzo
Solarolo (RA), Oratorio dell’Annunziata, ore 21:00
ADA MONTELLANICO
& FRANCESCO DIODATI
“Wandering”
Ada Montellanico – voce; Francesco Diodati –
chitarra
Ada Montellanico è
indubbiamente riuscita a delineare una via tutta
italiana al canto jazz, fondendo le prerogative
tecniche della musica afro-americana con le
peculiarità estetiche e melodiche della
nostra tradizione cantautorale. Ne sono massima
prova i due album dedicati a Luigi Tenco: L’altro Tenco
(1996) e Danza di
una ninfa (2005), ma anche un capitolo
importante della sua discografia come Ma l’amore no
(1997). La scelta della lingua italiana per i testi
è parte essenziale di questo approccio al
jazz, come avviene anche nel recente disco Il sole di un attimo
(2008), nel quale la cantante romana si presenta
anche in veste di autrice. Tutto ciò non
allontana comunque la Montellanico dai fondamentali,
come è evidente nel suo Omaggio a Billie
Holiday, documentato anche su Cd (2008;
opera di ampia risonanza, essendo apparsa
all’interno della collana dedicata al jazz italiano
edita dal gruppo la Repubblica-L’Espresso). Il
più recente Suono di donna (2012) segna invece
una sorta di svolta ‘femminista’, con la
Montellanico che mette in scaletta una selezione di
compositrici sia jazz che pop.
In una carriera che l’ha vista al fianco di artisti
come Jimmy Cobb, Lee Konitz, Paul McCandless, Enrico
Rava, la Montellanico si è rivolta in
più occasioni alla formula del duo (tra
l’altro, in tempi recenti, con Enrico Pieranunzi).
Ora, con il progetto “Wandering”, affronta un
repertorio variegato, che affianca Carole King,
Simon & Garfunkel, Lennon-McCartney, Maria
Schneider e brani da lei stessa firmati. Un gioco di
delicati equilibri, che trasporta alcuni capisaldi
della musica popolare in territori di più
raffinata armonizzazione. In questo movimento di
‘purificazione’ stilistica è fondamentale
l’apporto della chitarra di Francesco Diodati,
giovane musicista che si sta facendo largo a grandi
passi nel panorama italiano, sia in collaborazione
con altri young
lions del nostro jazz che con il suo gruppo
Neko, oltre che al fianco di artisti di ampia fama
come Jim Black, Enrico Rava e Bobby Previte.
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Venerdì 22 marzo
Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00
CHIARA PANCALDI
QUINTETTO
“The Song Is You”
Chiara Pancaldi – voce;
Nico Menci – pianoforte; Davide Brillante –
chitarra;
Stefano Senni – contrabbasso; Vittorio Sicbaldi –
batteria
Recentemente giunta al suo esordio
discografico (il titolo dell’album è,
appunto, The Song
Is You), Chiara Pancaldi mette in mostra
una pronuncia e un’intonazione fluide, oltre a una
tecnica scat nella quale si riconosce la
frequentazione con Rachel Gould. Intensa e suadente
è l’interpretazione delle canzoni brasiliane
(Jobim e Chico Buarque), di trafiggente
emotività il ‘suo’ Cole Porter, spigliato e
accattivante il songbook americano, che sia swing o
di taglio boppistico.
Avviata allo studio del pianoforte sin da piccola,
la Pancaldi (nata a Bologna nel 1982) affronta il
canto inizialmente da autodidatta, per intraprendere
poi un percorso formativo sotto la guida, tra gli
altri, di Diana Torto (per gli studi regolari in
conservatorio) e di Rachel Gould, Harold Mabern,
Vincent Herring, Roberta Gambarini, Barry Harris in
ambito seminariale. Ma è stata soprattutto
Michelle Hendricks a indirizzarne il percorso
musicale, spingendola a dedicarsi al jazz a tempo
pieno.
Al suo fianco la Pancaldi ha una band che con gli
standard ci va a nozze e che contribuisce alla
ricreazione dell’aureola di classicità che si
addice a questo repertorio.
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Domenica 24 marzo
Rimini, Teatro degli Atti, ore 21:15
HERMETO PASCOAL E
GRUPO
Hermeto Pascoal – tastiere, fisarmonica, flauto
basso, teiera,
tazza d’acqua e altri oggetti e strumenti disparati;
Aline Morena – voce, chitarra 10 corde, body
percussion;
Vinícius Dorin – sassofoni, flauti,
percussioni;
André Marques – pianoforte, flauto,
percussioni; Itiberê Zwarg – basso el.,
percussioni;
Fábio Pascoal – percussioni, direzione;
Márcio Bahia – batteria, percussioni
Per Hermeto Pascoal il “Grupo”
sono i musicisti che nel 1973 presero parte alla
registrazione dell’album A música livre de Hermeto Pascoal,
ovvero la sua prima band in veste di leader. Si
tratta quindi di una formazione con ben quarant’anni
di folgorante storia alle spalle, un tempo che ha
reso inevitabili alcuni avvicendamenti
nell’organico.
Nato nel 1936 nello stato brasiliano di Alagoas,
Pascoal fu sin da bambino attratto dalla musica e
dalla possibilità di praticarla con strumenti
non ortodossi. Inizia a esibirsi in pubblico fin
dall’adolescenza, al fianco del fratello maggiore
José Neto, imbracciando il suo primo
strumento ufficiale, la fisarmonica. La scoperta del
pianoforte avviene nei night di Recife, nel corso
degli anni Cinquanta. Da questo momento
l’attività musicale di Pascoal diventa assai
movimentata: il Quarteto Novo è la principale
formazione alla quale partecipa negli anni Sessanta,
prima di dedicarsi alla carriera solistica, che
prende il via dopo le collaborazioni con Airto
Moreira, Flora Purim e Miles Davis (in Live-Evil).
Per quanto la sua eccentricità sia stilistica
che d’aspetto non ne abbiano facilitato la carriera,
Hermeto Pascoal ha raggiunto lo status di icona
vivente della musica brasiliana: polistrumentista
con un forte senso del bizzarro (la strumentazione
del suo gruppo ne è testimone), votato a una
musica la cui energia vitale la fa sembrare una
sorta di religione animistica tradotta in suoni, con
una notevole propensione al jazz.
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Giovedì 4 aprile
Modena, La Tenda, ore 21:30
ROBERTO GATTO
ELECTRIO
Roberto Gatto – batteria;
Alfonso Santimone – pianoforte, Fender Rhodes;
Pierpaolo Ranieri – basso elettrico
Dopo una lunga e fortunata
carriera che lo ha portato al vertice del jazz
italiano, del quale è il batterista
più rappresentativo, Roberto Gatto ha
iniziato a spostarsi dal ruolo di sideman di lusso a
quello di leader, creando una serie di gruppi che,
c’era da aspettarselo, hanno raccolto un immediato
successo. Senza smettere di arricchire un curriculum
di collaborazioni nel quale spiccano i nomi di Bob
Berg, Johnny Griffin, George Coleman, Phil Woods,
James Moody, Curtis Fuller, Cedar Walton, Joe
Zawinul, Pat Metheny, oltre che delle principali
band italiane (Trio di Roma, Enrico Rava, Franco
D’Andrea, Enrico Pieranunzi…), ora Gatto è
evidentemente concentrato innanzi tutto sulla
propria musica.
Dopo una serie di situazioni più legate alla
tradizione jazzistica (come gli omaggi in quintetto
a Miles Davis e Shelly Manne), Gatto si rivolge ora
a esplorare nuove sonorità elettriche,
richiamando così alla memoria un altro suo
recente progetto che ripercorreva il repertorio del
progressive rock. Composizioni parimenti energiche e
ricche di groove
si ritrovano infatti anche in questo nuovo trio con
Alfonso Santimone e Pierpaolo Ranieri, nel quale la
tecnologia moderna (loops, live electronics) si
sovrappone a quella vintage dei sintetizzatori
analogici.
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Venerdì 5 aprile
Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00
“Dozza Jazz”
GIANLUCA PETRELLA
& GIOVANNI GUIDI
“Soupstar”
Gianluca Petrella – trombone; Giovanni Guidi –
pianoforte
“Soupstar” non è un concerto
sponsorizzato dalla Campbell’s quanto piuttosto quel
che avviene a mettere insieme due musicisti
così, accomunati dall’essere transitati nei
gruppi di Enrico Rava (entrambi, al momento attuale,
fanno parte del quintetto Rava Tribe).
Gianluca Petrella, prima di entrare nell’orbita di
Rava, aveva già messo in chiaro di avere una
marcia in più rispetto ai jazzisti della sua
generazione: nato nel 1975 (a Bari), appena
maggiorenne vantava già collaborazioni con
Roberto Ottaviano e Greg Osby. Prima del 2001,
quando si aggiudica il referendum Top Jazz come
“migliore nuovo talento”, la sua strada ha
già incrociato anche quella di Carla Bley e
Steve Coleman. Da allora le collaborazioni si sono
succedute in quantità tali da essere
difficilmente riassumibili e i premi sono fioccati a
ciclo continuo (dal Django d’Or come “migliore
talento europeo” nel 2001 al Top Jazz del 2005,
questa volta come “migliore musicista dell’anno”;
per non dire del Critics Poll della rivista DownBeat, che
lo vede vincitore nella categoria “artisti
emergenti” nel 2006 e 2007, un traguardo mai prima
d’allora raggiunto da un italiano). Ma quel che
più conta sono le formazioni man mano ideate
da Petrella, che ci hanno fatto conoscere la sua
visione eversiva della tradizione trombonistica:
dagli Indigo 4 ai Tubolibre, alla Cosmic Band.
Giovanni Guidi appartiene a una generazione
più giovane (è nato a Foligno nel
1985) ma, Rava a parte, molte sono le similitudini
tra il suo percorso e quello di Petrella, a
cominciare da un approccio stilisticamente onnivoro
allo strumento che sottopone a una completa
rivoluzione la sua tradizione jazzistica. Per il
resto anche Guidi sta prendendo il largo con le
collaborazioni internazionali, la creazione di
gruppi a suo nome (come la Unknown Rebel Band) e
l’accumulo di premi e riconoscimenti (anche lui si
è aggiudicato il Top Jazz come “migliore
nuovo talento”, nel 2007).
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Sabato 6 aprile
Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00
“Dozza Jazz”
«IF I HAD MY
WAY I’D’VE BEEN A KILLER»
Nina
Simone: una voce per i diritti civili
Valentina Monti – voce;
Diber Benghi – tastiere; Dagmar Benghi – chitarra;
Corrado Gambi – voce narrante
produzione
originale Compagnia della Luna Crescente/Combo
Jazz Club
CARLO ACTIS DATO
& ENZO ROCCO
Carlo Actis Dato – sax baritono, clarinetto basso;
Enzo Rocco – chitarra
Anche senza la Actis Band,
bensì in duo con Enzo Rocco, Carlo Actis Dato
coniuga jazz e world music alla sua personalissima
maniera, ovvero con un senso di ironico divertimento
decisamente raro in campo musicale, con ritmi di
danza e temi popolari dai cinque continenti lanciati
in una vorticosa girandola di esplosive situazioni
sonore. Il duo ha ormai una lunga storia alle
spalle: costituitosi nel 1997, fattosi conoscere
attraverso dischi come Pasodoble, Paella & Norimaki e
il più recente Domestic Rehearsals (2011), ha
raccolto consensi in Europa, in Giappone e negli
States.
Carlo Actis Dato, dai primi anni Settanta a oggi,
oltre all’attività coi suoi variopinti
gruppi, ha collaborato con nomi come Giorgio
Gaslini, Gianluigi Trovesi, Andrea Centazzo, Enrico
Rava, Paolo Fresu, Tony Oxley, Barre Phillips…
Particolarmente rilevante è la sua
partecipazione a gruppi come l’Italian Instabile
Orchestra e il Sud Ensemble di Pino Minafra.
Enzo Rocco ha esperienze variegate, che oltre al
jazz includono la musica contemporanea, la canzone
d’autore, la musica popolare, per il teatro e per la
danza. Tra i suoi gruppi, spicca il Tubatrio con
Giancarlo Schiaffini ed Ettore Fioravanti.
In «If I Had My Way I’d’ve Been a
Killer», i quattro artisti legati alla
Compagnia Teatrale della Luna Crescente e al Combo
Jazz Club rendono omaggio a Nina Simone sia come
cantante tra le più significative della black
music che come simbolo della lotta per i diritti
civili degli afro-americani. Il clima culturale che
legava Nina Simone a figure come Malcolm X, Miriam
Makeba, Langston Hughes rivive in uno spettacolo che
ripropone alcune delle sue canzoni più
rappresentative, collocandole in un contesto
teatrale che ricorre a video e testi in prosa.
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Domenica 7 aprile
Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00
“Dozza Jazz”
CARLO MAVER &
GIANCARLO BIANCHETTI
Carlo Maver – bandoneon; Giancarlo Bianchetti –
chitarra
CIRANDA QUARTET
presentazione Cd
“Errante”
Letizia Magnani – voce; Michele Francesconi –
pianoforte;
Gabriele Zanchini – fisarmonica; Roberto Rossi –
batteria, percussioni
Ci sono musicisti che rimangono un
po’ come gioielli nascosti nell’ombra: tale è
il caso di Carlo Maver e Giancarlo Bianchetti, che
in duo eseguono brani composti dal bandoneonista nei
quali il tango percorre le vie del Medio Oriente.
Maver ha tratto profitto dalla sua indole di
viaggiatore, travasando nella propria musica le
sensazioni raccolte nel suo girovagare per paesi
fuori dalle abituali rotte turistiche (Kurdistan,
Mali, Uzbekistan, Albania, Afghanistan). La sua
musica è fortemente legata alla componente
melodica, avvolta dalle sonorità mediterranee
e, soprattutto, impregnata di tango. Non per nulla
Maver è stato allievo di Dino Saluzzi.
Bianchetti, chitarrista ma anche eccelso batterista,
è musica allo stato puro: un infallibile
senso del ritmo e un tuffo a corpo libero nel flusso
delle linee musicali. Jazzisti ma anche
celebrità del pop si rivolgono a lui come
prima scelta: Vinicio Capossela, Patrizia Laquidara,
Gianmaria Testa, Jack Walrath, Steve Grossman, Tony
Scott, Marco Tamburini, Pietro Tonolo.
Il Ciranda Quartet da ben cinque anni propone il suo
particolare percorso trasversale tra jazz, fado e
choro: le tradizioni musicali di lingua portoghese
della Lusitania e del Brasile (Chico Buarque, Edu
Lobo, Egberto Gismonti, Guinga) riflesse nei ritmi
afro-americani. Non mancano brani di autori
italiani, comunque legati alle sonorità
carioca, come dimostrato anche dal primo disco della
band, Errante.
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Giovedì 11 aprile
Rimini, Teatro degli Atti, ore 21:15
FABRIZIO
BOSSO & MARCO TAMBURINI QUINTET
Tributo
a Woody Shaw
Fabrizio Bosso – tromba; Marco Tamburini –
tromba;
Luca Mannutza – pianoforte; Stefano Senni –
contrabbasso; Marco Valeri – batteria
In uno dei dischi più
memorabili della sua ormai lunga discografia (Trumpet Legacy,
2006) Fabrizio Bosso aveva già fatto capire
la sua affinità con l’eredità musicale
di Woody Shaw, musicista tra i più
fondamentali nel rinnovamento della tromba jazz in
epoca post-boppistica. Bosso è del resto uno
stilista incomparabile su un ampio spettro di stili,
solitamente raggruppati per comodità sotto
l’etichetta di mainstream. Se il suo controllo
dell’intonazione e delle sfumature timbriche
risplende nei momenti più swinganti, quando
si tratta di spingere sull’acceleratore di pezzi
come “Moontrane” (un classico di Shaw) allora
esplodono le dinamiche più folgoranti e il
meticoloso controllo del fraseggio su tempi a
scapicollo.
Ma Trumpet Legacy
torna in mente anche in virtù del particolare
organico di questa band: un quintetto con due
trombe. Allora Bosso era fiancheggiato da Flavio
Boltro; ora c’è un altro maestro italiano
dello strumento d’ottone: Marco Tamburini.
Già affiancati nell’Italian Trumpet Summit,
Bosso e Tamburini sono una garanzia di intesa
nell’intreccio delle esposizioni tematiche e nella
staffetta degli assolo, specialmente su un
repertorio così in sintonia con la loro
storia personale. Entrambi i trombettisti, pur
attratti dai riflettori della musica commerciale
(Tamburini ha messo le sue note al servizio delle
canzoni di Raf, Vinicio Capossela, Jovanotti…), si
sono comunque conquistati una fama di specialisti
del mainstream moderno (qui il curriculum di
Tamburini si fregia di collaborazioni con Eddie
Henderson, Steve Coleman, Joe Lovano, Steve Lacy,
Louis Hayes, Curtis Fuller, Slide Hampton, Gary
Bartz, George Cables, Billy Hart…).
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Domenica 14 aprile
Imola (BO), Teatro dell’Osservanza, ore 21:15
ENRICO RAVA &
PMJL Parco della Musica Jazz Lab
“Lester!”
Omaggio
a Lester Bowie
Enrico Rava – tromba; Mauro Ottolini – trombone,
arrangiamenti; Andrea Tofanelli – tromba;
Daniele Tittarelli – sax alto; Dan Kinzelman – sax
tenore; Marcello Giannini – chitarra;
Franz Bazzani - tastiere; Giovanni Guidi –
pianoforte;
Stefano Senni – contrabbasso; Zeno de Rossi –
batteria
“Lester!” è il più
recente progetto a tema ideato da quella che da
alcuni anni è la formazione di grandi
dimensioni più in vista del jazz italiano, il
Parco della Musica Jazz Lab, creato e guidato da
Enrico Rava. Dopo il successo del recente “We Want
Michael”, i cui fantasiosi arrangiamenti firmati da
Mauro Ottolini hanno attirato l’attenzione dell’ECM,
che ha inciso e pubblicato il lavoro, la direzione
musicale è stata nuovamente affidata al
trombonista del gruppo. E se tra Rava e Lester
Bowie, lo storico trombettista e co-fondatore
dell’Art Ensemble Of Chicago, corre un evidente fil rouge
stilistico, non meno sintonia pare esserci tra la
musica di Bowie e le sonorità messe in campo
dalla penna di Ottolini, coi loro colori rutilanti,
gli innesti sorprendenti, gli impasti visionari.
La selezione del repertorio ha tra l’altro visto
coinvolti anche Joe Bowie (fratello di Lester) e
Isio Saba (manager italiano dell’AEOC). In scaletta
sono presenti brani che ripercorrono le molteplici
direzioni della carriera di Bowie: entrato nella
storia del jazz dalla porta del free, il
trombettista ha in verità percorso la musica
afro-americana dalle sue accezioni più
avanguardistiche e colte a quelle più
popolari (blues, soul, funky, reggae). Il PMJL
riporta alla luce brani che Bowie aveva scritto o
arrangiato destinandoli a varie formazioni,
dall’AEOC alla celebre Brass Fantasy, evidenziando i
tratti più personali del loro autore: la
pluralità dei linguaggi e la capacità
di far convivere impegno e divertimento nella stessa
battuta musicale.
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Lunedì 15 aprile
Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00
GIROTTO - SERVILLO
- MANGALAVITE
Javier Girotto – sax soprano, sax baritono,
clarinetto basso, flauti andini;
Peppe Servillo – voce; Natalio Mangalavite –
pianoforte, tastiere, voce
Li abbiamo ascoltati nella scorsa
edizione di Crossroads, occasione nella quale
Girotto, Servillo e Mangalavite presentarono
“Fútbol”: canzoni ricche di memorie
calcistiche. Tornano ora, quasi per proseguire ai
tempi supplementari questa eterna sfida
pallonistica-musicale tra Italia e Argentina. Del
resto i tre musicisti possono attingere a una
miniera di canzoni che trovano spunto proprio dai
legami di questi due paesi, dai rimandi tra le loro
tradizioni musicali popolari, qui naturalmente
inserite in un nuovo schema d’attacco, che aggiunge
l’improvvisazione, elementi jazz e ricercatezze
varie per mettere a segno il colpo vincente, quello
che farà esultare il pubblico rilasciando
tutta la tensione del match.
La fama della conturbante voce di Peppe Servillo
è certo legata alla sua esperienza come front man degli
Avion Travel, ma ormai lo si può considerare
di casa anche sui palcoscenici jazzistici. Senza
cercare di tramutarsi in un emulo della tradizione
afro-americana, il cantante campano ha piuttosto
trovato qui un terreno di grande efficacia
espressiva per le mille sfumature teatrali della sua
voce.
Javier Girotto e Natalio Mangalavite hanno portato
il calore della musica argentina nel nostro paese,
nel quale risiedono da ormai lungo tempo. Girotto,
in particolare, l’ha introdotta nelle forme
improvvisate del jazz, collaborando con Roberto
Gatto, Enrico Rava, Paolo Fresu, Gianluca Petrella,
Bebo Ferra e molti altri. Mangalavite invece ha
frequentato a lungo il miglior pop nazionale (ha
accompagnato per quasi quindici anni Ornella
Vanoni), oltre che artisti come Paolo Fresu e
Horacio ‘El Negro’ Hernandez.
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Venerdì 19 aprile
Lugo (RA), Teatro Rossini, ore 21:00
“Lugo Opera
Festival”
CRISTINA ZAVALLONI
& RADAR BAND
“La donna di
cristallo”
Cristina Zavalloni – voce, composizione; Cristiano
Arcelli – sax alto, arrangiamenti;
Fulvio Sigurtà – tromba; Michele Francesconi
– pianoforte;
Daniele Mencarelli – basso elettrico; Alessandro
Paternesi – batteria
Sofisticata nell’immagine come
nella voce, non confinabile a un genere univoco:
difficile porre un’etichetta sulla musica di
Cristina Zavalloni. La cantante bolognese, ormai
star internazionale, fa la spola tra la musica di
ricerca extracolta, l’avanguardia storica e
contemporanea e progetti che più si
avvicinano ai modi del jazz senza però mai
abbracciare completamente l’estetica afro-americana.
Tant’è che la si può trovare sui
palcoscenici di teatri come la Scala di Milano oltre
che nei principali festival jazz del mondo.
Uno dei momenti salienti della sua ascesa nel
panorama internazionale è stato il sodalizio
con il compositore olandese Louis Andriessen, che
per lei ha appositamente scritto numerose opere. Ma
si sta distinguendo anche come interprete di
Schoenberg e Britten oltre che del repertorio vocale
barocco.
Dalle collaborazioni con orchestre sinfoniche e
direttori di grande fama a quelle con il
mandolinista brasiliano Hamilton de Holanda, Guinga,
Gabriele Mirabassi e pure Jason Moran: nel suo
eclettismo, la Zavalloni rivela un chiaro interesse
anche per la musica popolare brasiliana.
Tra le sue molteplici creazioni, la Radar Band
è il punto di massimo avvicinamento al jazz,
come si evince dal cast strumentale che annovera
alcuni dei più talentuosi musicisti
nazionali. Le strutture sono sempre aperte
all’imprevisto, la voce si spinge in giochi ritmici
e fraseggi inconsueti, i temi sono tutt’altro che
lineari. La più recente incisione
discografica della Zavalloni è proprio con la
Radar Band: La
donna di cristallo (Egea, 2012).
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Sabato 20 aprile
Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00
MARIA PIA DE
VITO
“So Right”
Omaggio
a Joni Mitchell
Maria Pia De Vito – voce;
Julian Oliver Mazzariello – pianoforte; Enzo
Pietropaoli – contrabbasso
Nella continua sfilata di progetti
musicali destinati a durare una o poche stagioni
(non sia detto per critica: la musica vive
finché se ne scrive di nuova) ci sono alcune
storie che invece durano nel tempo. Quella di “So
Right” è una di queste. L’omaggio di Maria
Pia De Vito alle canzoni di Joni Mitchell,
probabilmente uno dei repertori più
orecchiabili tra quelli proposti dalla cantante
partenopea, fu consegnato al disco nel 2005 (su
etichetta CAM) dopo che già da lungo tempo
girava per le piazze festivaliere. Della band che
originariamente accompagnava la De Vito in questo
lavoro facevano parte Danilo Rea ed Enzo
Pietropaoli, oltre al guest Aldo Romano.
Per “So Right” la De Vito ha attinto canzoni
principalmente da Blue,
ma anche dagli album Hejira, Ladies Of The Canyon, Mingus,
concentrandosi dunque sul decennio d’oro della
folksinger canadese, gli anni Settanta. Ma la
curiosità si è spinta sino a includere
un cimelio moderno come “Harlem in Havana” (del
1998). Non mancano poi alcune canzoni originali
firmate dai membri della prima formazione di “So
Right”, in cui si percepiscono un amorevole omaggio
e il rispetto stilistico nei confronti della
Mitchell.
Se dobbiamo essere grati a Joni Mitchell per la
musica che ci ha lasciato, nonché per il
forte valore simbolico della sua attività sin
dagli anni Sessanta, bisogna comunque ammettere che
l’interpretazione della De Vito si distingue per una
caratura vocale decisamente superiore.
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Domenica 21 aprile
Imola (BO), Teatro dell’Osservanza, ore 21:15
PAOLO FRESU BRASS
BANG!
Paolo Fresu – tromba, flicorno, effetti;
Steven Bernstein – tromba, slide trumpet, effetti;
Gianluca Petrella – trombone, effetti; Marcus Rojas
– tuba
Davanti all’incommensurabile
numero di progetti, gruppi e collaborazioni cui ha
dato vita, verrebbe da pensare che ormai Paolo Fresu
le ha provate tutte. E invece no, state pur certi
che presto se ne verrà fuori con un qualcosa
che ancora manca al suo inesauribile curriculum.
Intanto possiamo tornare a deliziarci con una
piccola brass band che, con una minima sostituzione
fonetica, si chiama Brass Bang!. Messa su alcuni
anni fa sembra oggi ancora nuova come al suo primo
apparire, anche perché non la si è
ascoltata molto in giro.
Per la loro natura sonora, le formazioni di soli
ottoni sono sempre qualcosa di appariscente, ma qui
l’utilizzo del punto esclamativo non è certo
casuale, visto che si incrociano gli strumenti di
quattro musicisti ognuno spettacolare a modo suo.
Tra i quattro, il leader Paolo Fresu si distingue
per lo stile solistico più immaginifico,
poetico, lirico, introspettivamente melodico. Il
suono della sua tromba, prima ancora di articolarsi
in linee musicali, è già di per
sé bastante per ammaliare l’ascoltatore.
Vengono poi i suoi sodali. Steven Bernstein è
uno degli spiriti più liberi della scena
downtown newyorkese: iconoclasta, elettrizzante,
inarrestabile ‘surfista’ tra i più bizzarri
repertori mai escogitati. Ci sono poi le due voci
‘basse’ del gruppo. Gianluca Petrella usa il
trombone senza farsi tanti scrupoli dei limiti
imposti a questo strumento dalla tradizione
jazzistica. Semplicemente lo trasforma in una
macchina sonora, riportando alla luce il fascino
primordiale della sua timbrica. Il newyorkese Marcus
Rojas è, a detta dello stesso Bernstein,
l’uomo giusto per sostituire un’intera sezione
ritmica con un solo strumento d’ottone. Che sia uno
strumentista ad ‘alta gradazione’ lo hanno
dimostrato le sue incursioni nei gruppi di John Zorn
ed Henry Threadgill.
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Mercoledì 24 aprile
Piacenza, Conservatorio “G. Nicolini”, ore 21:15
“Piacenza Jazz
Fest”
GONZALO RUBALCABA
SOLO
Gonzalo Rubalcaba – pianoforte
Gonzalo Rubalcaba (L’Avana, 1963),
dopo un lungo apprendistato nell’ambiente della
musica cubana, viene ‘scoperto’ da Dizzy Gillespie
nel 1985. L’anno seguente Charlie Haden lo introduce
nel reame del jazz, inserendolo nel suo trio con
Paul Motian e lanciandone così la carriera
internazionale. Rubalcaba si impone immediatamente
come pianista capace di coniugare l’universo latin e
quello afro interpretandone al calor bianco sia gli
aspetti più ritmici e viscerali che le
atmosfere più liriche, con una tecnica il cui
abbagliante virtuosismo non risulta mai invasivo e
una raffinatezza di tocco e di sonorità da
far invidia ai più celebrati pianisti
classici. Immerso in qualunque contesto strumentale,
il suono di Rubalcaba emerge sempre vividamente con
la sua classe incomparabile; ma è la
situazione in solitudine che permette di ascoltare
in maniera rivelatoria la sua magnetica
diteggiatura.
I complicati rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti
hanno ritardato l’ingresso di Rubalcaba nel paese
‘ufficiale’ del jazz, dove comunque alla fine
è riuscito a emigrare (e del resto già
incideva per la Blue Note, sulla quale ha esordito
figurando come leader nelle registrazioni live del trio
con Haden e Motian).
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Sabato 27 aprile
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30
Crossroads &
Ferrara in Jazz
“Il Gioco del
Mondo”
AVISHAI COHEN
“TRIVENI” TRIO
Avishai Cohen – tromba; Omer Avital – contrabbasso;
Iago Fernández Camaño – batteria
concerto inserito
nel palinsesto della Fiera del Libro Ebraico in
Italia
Badate bene, Avishai Cohen il
trombettista e non il di lui omonimo
contrabbassista. Fugata ogni possibile fonte di
confusione, il nostro
Cohen, nato e cresciuto in Israele, arriva negli
Stati Uniti per studiare al Berklee College of Music
di Boston (dopo una formazione iniziale in ambito
classico). Rimane quindi negli States, muovendosi
agilmente fra le attrattive di vari stili, dal jazz
avanguardistico a quello ancora profumato di bop. La
sua prima collaborazione jazzistica di rilievo fu
con Bobby Hutcherson, ma è piuttosto nelle
partnership con altri giovani della sua generazione
che si forma la personalità musicale di
Cohen. Pensiamo ai sodalizi con Aaron Goldberg,
Jason Lindner, Omer Avital (che ritroviamo qui nel
Triveni Trio) e ai 3 Cohens (con la sorella Anat
Cohen e il fratello Yuval Cohen). Pur avendo ormai
una sua ben definita carriera solistica (nel 2012 si
è piazzato al primo posto nel Critics Poll di
DownBeat
come “Rising Star” dell’anno), Cohen prosegue anche
la sua attività di sideman: di recente lo si
è ascoltato al ‘servizio’ di Kenny Werner e
Mark Turner, mentre è ormai di lunga data la
sua presenza nelle fila della Mingus Big Band e
della Mingus Dynasty.
Con già due dischi all’attivo (Introducing Triveni
del 2010 e Triveni
II del 2012), il trio di Cohen presenta,
oltre a musiche originali del leader, brani di Dizzy
Gillespie, Charles Mingus, Don Cherry e Ornette
Coleman: materiali che preludono a esibizioni
infuocate. Per Cohen questo trio è infatti
un’occasione per prendersi una pausa dalla musica
ampiamente scritta, dedicandosi piuttosto a un set
in cui prevalgono le energie liberatorie
dell’improvvisazione.
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Lunedì 29 aprile
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30
Crossroads &
Ferrara in Jazz
“Il Gioco del
Mondo”
MIGUEL ZENÓN
& LAURENT COQ “RAYUELA” QUARTET
Miguel Zenón – sax alto; Laurent Coq –
pianoforte;
Dana Leong – violoncello, trombone; Dan
Weiss – batteria, tablas
Il romanzo Rayuela (1963)
dello scrittore argentino (naturalizzato francese)
Julio Cortázar è la traccia narrativa
sulla quale Miguel Zenón e Laurent Coq
costruiscono una immaginifica serie di episodi
musicali in cui l’ambientazione geografica del testo
(tra Buenos Aires e Parigi) si riflette nella
provenienza dei due musicisti: portoricano il
sassofonista, francese il pianista.
Mentre continua ad affermarsi sulla scena
internazionale come alfiere del mainstream dell’area
newyorkese, parallelamente Miguel Zenón
sottolinea sempre più il legame con la sua
terra d’origine, Porto Rico, piuttosto che con
quella d’emigrazione. In anni recenti tra un
derivato del bop e l’altro, Zenón ha messo a
segno una serie di affondi nella musica popolare
dello stato caraibico, dal jibaro alla plena sino alla
canzone portoricana: un viaggio way down home
che ora, con “Rayuela”, allarga la propria visuale
sulla musica latino-americana. Dal contralto di
Zenón ci si aspetta tecnica inossidabile e
acume intellettuale, mentre un senso di abbandono
alla rêverie
emerge dalle sue esplorazioni delle mille e una
notte sudamericane. L’elemento musicale latino si
incunea nelle strutture e nelle armonie jazzistiche
con tale naturalezza che pare confondersi con esse.
La carriera del marsigliese Laurent Coq (classe
1970) si divide tra Parigi e New York. Dopo una
formazione come pianista classico, si è
reinventato come jazzista grazie anche agli studi
con John Hicks, Mulgrew Miller e Bruce Barth. Dietro
la peculiare strumentazione del quartetto “Rayuela”
c’è evidentemente la sua passione per gli
impasti sonori inconsueti (il suo trio francese
è formato da pianoforte, sax tenore e viola).
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Martedì 30 aprile
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30
Crossroads &
Ferrara in Jazz
“Il Gioco del
Mondo”
MINGUS DYNASTY
Philip Harper – tromba; Robin Eubanks – trombone;
Craig Handy – sax alto, sax soprano, flauto; Brandon
Wright – sax tenore;
Jim Ridl – pianoforte; Boris Kozlov – contrabbasso;
Adam Cruz – batteria
in occasione della
Giornata Internazionale del Jazz Unesco
La Mingus Dynasty è la
formazione che ha ufficialmente raccolto
l’eredità musicale di Charles Mingus, figura
colossale del jazz tra gli anni Cinquanta e
Settanta: contrabbassista, compositore e uomo sempre
sopra le righe, ha scosso con la sua pulsazione
ritmica l’estetica musicale fuoriuscita dal bop,
allargandone a dismisura i confini.
Creata poco dopo la morte del contrabbassista sotto
l’egida di Sue Mingus, la vedova di Charles, la
Mingus Dynasty ha riunito nelle sue fila i migliori
collaboratori musicali di Mingus, divenendo la
depositaria ufficiale di uno dei repertori
più importanti della storia del jazz moderno.
Nel corso del tempo ne hanno fatto parte artisti del
calibro di Jimmy Owens, Randy Brecker, Jon Faddis,
Jimmy Knepper, John Handy, Joe Farrell, David
Murray, Clifford Jordan, Don Pullen, Sir Roland
Hanna, Jaki Byard, Dannie Richmond, Billy Hart,
Kenny Washington, Charlie Haden, Reggie Johnson,
Reggie Workman, Richard Davis… Pur nel continuo
mutare dei musicisti che la costituiscono, la Mingus
Dynasty è una garanzia di
eccezionalità esecutiva:
l’espressività delle sue esibizioni è
sempre pienamente in sintonia con l’immagine
debordante del suo nume tutelare.
Sulle basi della Mingus Dynasty, a partire dal 1991,
si è poi sviluppato il più ampio
organico della Mingus Big Band.
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Venerdì 3 maggio
Ravenna, Teatro Rasi, ore 10-13, ore 15-18
“Ravenna Jazz”
“Mister Jazz”
WORKSHOP di canto
con RACHEL GOULD
“Jazz
phrasing for singers”
Difficile pensare a un nome
più autorevole nel campo della didattica
jazzistica a livello europeo, per quanto riguarda
specificamente il canto. Rachel Gould (nata a
Camden, New Jersey, nel 1953), pur avendo sempre
continuato l’attività concertistica, che l’ha
vista sin dai primi anni Settanta al fianco di nomi
come Chet Baker, Dave Liebman, Art Farmer, Woody
Herman, oltre che Sal Nistico (che fu suo marito),
si è infatti imposta anche come una
inestimabile insegnante. La stessa
sensibilità e autorevolezza che dimostra come
interprete di jazz
songs si ritrovano infatti nel suo lavoro
di formazione con gli allievi: di particolare
rilievo sono stati i suoi corsi alla Musikhochschule
di Colonia, al Conservatorio di Maastricht, alla
Swiss Jazz School di Berna, alla Modelversuch di
Amburgo, all’International Jazz Clinics di
Tübingen, all’Università di Magonza,
alla Remscheid Jazz Clinic e in molti altri
seminari, sia per voce solista che per coro. Dal
1991 insegna stabilmente al Conservatorio dell’Aia,
in Olanda, dove si è trasferita dopo la
scomparsa di Sal Nistico.
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Sabato 4 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
CHUCHO
VALDÉS & THE AFRO-CUBAN MESSENGERS
Chucho Valdés – pianoforte;
Gastón Joya – contrabbasso; Rodney Barreto –
batteria;
Yaroldy Abreu – percussioni; Dreiser Durruthy –
tamburi batà, voce;
Reynaldo Melián – tromba; Mayra Caridad
Valdés – voce
Essere considerato uno dei
pianisti più rappresentativi di un’isola
celebre per una scuola pianistica che sforna in gran
quantità campioni di questo strumento non
è cosa da poco. Chucho Valdés, nato a
Cuba nel 1941, condivide oggi questo primato con un
altro tastierista, ospite pochi giorni fa del
cartellone di Crossroads: Gonzalo Rubalcaba.
Figlio di un altro pianista che ha segnato la storia
della musica cubana, Bebo Valdés, Chucho non
fa in tempo a uscire dalla culla che già posa
le mani sul pianoforte, dimostrando una rara e
innata predisposizione. La sua formazione inizia
all’età di tre anni e appena adolescente
già si esibisce da professionista, mentre
studia al conservatorio de L’Avana. Tra le sue prime
collaborazioni spiccano due nomi destinati a loro
volta a raggiungere una fama internazionale, quelli
di Arturo Sandoval e Paquito D’Rivera.
Nel 1973 la sua predilezione per il jazz e la
continua ricerca di una commistione tra la musica
afro-americana e quella cubana lo portano a fondare
il gruppo Irakere, considerato ancora oggi una delle
band di latin jazz più famose in assoluto.
Per esplorare nuove direzioni della miscela latin
jazz, Valdés ha creato nel 2009 una nuova
formazione, gli Afro-Cuban Messengers. Con questa
band ha vinto il più recente dei numerosi
Grammy della sua carriera, assegnato al disco Chucho’s Steps
(2011).
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Domenica 5 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
PHAROAH SANDERS
QUARTET
“The
Creator Has a Master Plan”
Pharoah Sanders – sax tenore;
William Henderson – pianoforte; Oliver Hayhurst –
contrabbasso;
Gene Calderazzo – batteria
Il faraone dei sassofonisti jazz,
per la portata storica della sua carriera e per
anagramma del suo nome d’arte (coniato da Sun Ra,
che fu suo band leader nei primi anni Sessanta).
Ascoltare oggi Pharoah Sanders (il cui vero nome di
battesimo è Farrell; nato a Little Rock nel
1940) è come percepire l’eco delle ultime
formazioni di John Coltrane. Perché è
proprio da lì che prese definitivamente forma
il suono sciamanico del tenore di Sanders: un
secondo sax tenore al fianco di quello di Coltrane,
roba da non crederci. E invece era l’inizio di
quell’impennata stilistica che portò il free
jazz a tingersi di bagliori mistici, negli ultimi
dischi (Ascension,
Meditations, Kulu Sé Mama…) e anni
di vita di Coltrane. Da quel punto Sanders
proseguì collaborando con Alice Coltrane, Don
Cherry, la Jazz Composer’s Orchestra ma soprattutto
inaugurando una carriera da leader immortalata
inizialmente in numerosi album per l’etichetta
Impulse!: veri cimeli del periodo d’oro del free
jazz. Sul più noto di essi, Karma (1969),
apparve il brano “The Creator Has a Master Plan”, un
tema di tale presa da entrare poi nel repertorio di
vari altri musicisti, incluso, agli antipodi
stilistici, Louis Armstrong.
Oggi, senza aver perso la forza graffiante delle sue
origini, Sanders conserva l’impeto del free
riportandolo nell’alveo della tradizione jazzistica
afro-americana.
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Lunedì 6 maggio
Ravenna, Teatro Rasi, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
FRANCO AMBROSETTI -
URI CAINE - FURIO DI CASTRI
“From
Bach to Miles and Trane”
Franco Ambrosetti – tromba, flicorno;
Uri Caine – pianoforte; Furio Di Castri –
contrabbasso
Franco Ambrosetti, con mossa
allora sorprendente, alcuni anni fa mise assieme un
nuovo gruppo. Anzi, prese di peso il trio di Uri
Caine e lo adottò come sezione ritmica del
suo The Wind
(Enja, 2008). Ora il trombettista svizzero e il
pianista di Philadelphia confermano quella
co-leadership e coinvolgono uno dei migliori
bassisti italiani, Furio Di Castri. Il gruppo, un
trio senza batteria, cambia decisamente fisionomia
rispetto al precedente e così anche la
musica, che tende al panteismo dell’improvvisazione.
Cerca cioè di rendere ben percepibile
all’ascoltatore l’arco che unisce i giri di accordi
del jazz novecentesco alle cifrature armoniche della
musica barocca, aperte all’apporto estemporaneo
dell’interprete come non sarebbe più avvenuto
nella musica colta dei secoli a seguire. Una
situazione tra l’altro particolarmente congeniale
per Uri Caine, che sulle rivisitazioni moderniste
del repertorio classico ha costruito la sua fama
planetaria.
Il progetto “From Bach to Miles and Trane” prende le
mosse dalle Variazioni
Goldberg, procede su altri temi bachiani
per raggiungere infine le composizioni di Miles
Davis e John Coltrane, oltre che di altri jazzisti
comunque sotto l’influsso della loro estetica.
Ambrosetti sottolinea che tutto ciò non ha
nulla a che fare con la ripetizione letterale delle
pagine di Bach con l’aggiunta di un andamento swing
(ovvero con la ricetta di Jacques Loussier): qui si
tratta di porre in luce gli stretti legami tra due
momenti fondamentali della musica occidentale,
distanti ben tre secoli uno dall’altro ma basati
entrambi sull’improvvisazione tematica e armonica.
Ne scaturisce una musica magniloquente ed energica,
monumentale e appassionante.
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Martedì 7 maggio
Ravenna, Sala Piazza Rinascita (ex Strocchi), ore
21:30
“Ravenna
40° Jazz Club”
MATTIA CIGALINI
QUARTET “Beyond”
Mattia Cigalini – sax alto; Bebo Ferra – chitarra,
effetti;
Riccardo Fioravanti – basso, effetti; Stefano
Bagnoli – batteria
Mattia Cigalini (nato nel 1989)
è probabilmente la più stupefacente
nuova rivelazione del jazz italiano: potenza di
suono, fraseggio avviluppante, timbrica smaltata,
espressività al calor bianco, una
capacità comunicativa che si traduce, per chi
l’ascolta, in un immediato rapimento dei sensi.
Rispetto ai primi passi sulla scia della tradizione
afro-americana, Cigalini ha poi deciso di andare
oltre, aprendosi a sonorità e strutture
più moderne, ben distanti dall’idea jazz di
tradizione bop. Così si è rivolto ai
climi coltraniani (documentati sull’album Res Nova) e ora
con un balzo verso l’attualità firma Beyond (appena
pubblicato dalla CAM Jazz), disco nel quale affronta
il repertorio pop contemporaneo: brani portati al
successo da Shakira, Jennifer Lopez, Rihanna, Black
Eyed Peas, Katy Perry e Lady Gaga, oltre ad alcuni
originali dello stesso Cigalini. Per lasciare campo
libero alla migliore improvvisazione jazz in fondo
basta un bel tema (e qui ce ne sono in
quantità) e un po’ di sapore armonico:
così, rispettando le melodie originali di
queste canzoni, il gruppo di Cigalini rinnova
le loro sonorità, rendendole accattivanti,
talvolta psichedeliche, con ritmi incalzanti e a
tratti decisamente rock.
Mercoledì 8 maggio
Lido Adriano (RA), Cisim
“Ravenna
40° Jazz Club”
ore 10-13, ore 15-17
“Mister Jazz”
WORKSHOP di human
beatbox con ALIEN DEE
“The
Alien Beatbox”
ore 21:30
ALIEN DEE Live
human beatbox
GIANLUCA PETRELLA
DJ-set
trombone, live electronics
Una notte di trasgressioni sonore,
prima con il beatboxer Alien Dee poi con Gianluca
Petrella in versione DJ set.
Petrella da solo: non come membro di una delle
numerose band di punta del jazz italiano di cui fa
parte (prime fra tutte quelle di Enrico Rava)
né alla testa di uno dei suoi gruppi (come la
futuristica Cosmic Band). Da solo in scena, lui e il
suo trombone, oltre alle tecnologie del live electronics:
un set di improvvisazione, un caleidoscopio di
manipolazioni attraverso le quali Petrella
dimostrerà che per creare grooves e
sonorità underground non serve
necessariamente manovrare un giradischi.
Pioniere del beatboxing, Alien Dee ne è tra i
principali esponenti a livello internazionale.
Perfezionista nello sviluppo della tecnica imitativa
degli strumenti, legato all’estetica jazz per quanto
riguarda le sonorità e la pratica
dell’improvvisazione, Alien Dee ha iniziato a
‘suonare senza strumento’ nel 2001, allenandosi in
questa particolare disciplina, sorta all’interno
della cultura hip hop per far fronte alla
necessità di avere sempre musica a portata di
mano quando si tratta di ballare in strada
(breakdance) o quando si improvvisano rime (rap).
Così, in assenza di strumenti e anche di
mezzi per riprodurre musica pre-registrata, il
beatboxer utilizza la voce e il proprio corpo per
creare ritmi e suoni, in particolar modo imitando il
beat delle percussioni e il fraseggio degli
strumenti melodici.
Giovedì 9 maggio
Ravenna, Sala Piazza Rinascita (ex Strocchi), ore
21:30
“Ravenna
40° Jazz Club”
ROSARIO GIULIANI
“IMAGES”
Rosario Giuliani – sax; Roberto Tarenzi –
pianoforte; Joe Locke – vibrafono;
Darryl Hall – contrabbasso; Joe La Barbera –
batteria
Dopo diversi dischi per case
discografiche italiane, nel 2000 Rosario Giuliani
(nato a Terracina nel 1967) firma con l’etichetta
francese Dreyfus e da quel momento sforna una serie
di album che hanno segnato indelebilmente il jazz
europeo: da Luggage
a Mr. Dodo, More
Than Ever, Anything Else, Lennie’s Pennies.
Ora è la volta di Images, l’ultimo arrivato di
questa ispirata sequenza: un programma musicale
completamente composto dal sassofonista (prendendo
spunto da alcune fotografie scattate nel corso dei
suoi viaggi in giro per il mondo) ed eseguito con
una band da sogno. In studio, Images vede
confluire il virtuosismo di John Patitucci al
contrabbasso, Joe Locke, Joe La Barbera e Roberto
Tarenzi, mentre dal vivo al posto di Patitucci
troviamo Darryl Hall: un gruppo che si esprime in
maniera corale, data la forte personalità di
ognuno dei suoi membri.
Giuliani ha mostrato un talento precoce, impostato
sul modello parkeriano, rapidamente riconosciuto a
livello internazionale da premi come il “Massimo
Urbani” (1996), lo Europe Jazz Contest (1997) e il
Top Jazz 2000 come “miglior nuovo talento italiano”
(in seguito anche come “miglior sassofonista”:
2010). Itinerante tra Italia e Francia, Giuliani ha
sempre avuto orizzonti internazionali nelle sue
collaborazioni: Charlie Haden, Gonzalo Rubalcaba,
Phil Woods, Cedar Walton, Joey Baron, Biréli
Lagrène, Richard Galliano, Martial Solal,
Enrico Pieranunzi, Enrico Rava, Franco D’Andrea…
Venerdì 10 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
GINO PAOLI &
DANILO REA
“Due come noi che…”
Gino Paoli – voce; Danilo Rea – pianoforte
Tutto sembra ancora fresco come la
prima volta, eppure è ormai di lunga data il
flirt tra Gino Paoli e il jazz. In particolare,
seguendo il percorso della collaborazione con Danilo
Rea si risale indietro di quasi una decina d’anni,
quando Paoli si lanciò in “Un incontro di
jazz”, progetto di enorme successo che lo vedeva
accompagnato dal quintetto di Enrico Rava (appunto
con Rea al pianoforte). Documentata anche su disco (Milestones,
2007, su etichetta Blue Note) la jazz band di Gino
Paoli ha poi affrontato un avvicendamento
nell’organico, con l’entrata di Flavio Boltro al
posto di Rava. È con questa aggiornata line up che
Paoli ha firmato il disco Auditorium Recording Studio
(2011).
Ora questa lunga e fortunata esperienza si rapprende
nella formula del duo voce e pianoforte, che pone
sotto i riflettori le magistrali doti di interpreti
di entrambi questi musicisti. “Due come noi che…”,
già documentato anche su Cd (Parco della
Musica, 2012), sfoggia una scaletta che spazia dai
memorabili temi firmati da Paoli a grandi successi
della canzone d’autore italiana e internazionale,
sino a sorprendenti affondi nel repertorio
napoletano. Per Rea è un’occasione in
più per sottolineare la sua duplice vocazione
di pianista dallo swing fiammante e dal tocco lirico
incantatorio. Per Paoli sarà invece come
sfogliare un album di famiglia, con le sue
indimenticabili canzoni (“Il cielo in una stanza”,
“La gatta”…) affiancate a quelle dei cantautori
genovesi, che per lui sono stati gli amici di una
vita: Fabrizio De André, Umberto Bindi, Luigi
Tenco, Bruno Lauzi.
Sabato 11 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
“Microlezioni
di Jazz”
PAOLO FRESU &
MARTUX_M
jazz
sounds, words & images
Paolo Fresu – tromba, effetti; martux_m –
elettronica
Filippo Bianchi – voce narrante
testi a cura di
Filippo Bianchi - immagini a cura di Pier Paolo
Pitacco
video di Filippo
Bianchi, realizzazione di Enzo Varriale
(dal libro 101
microlezioni di Jazz, 22publishing editore, 2011)
produzione
originale i-jazz
Creata lo scorso anno, la versione
live del
libro 101
microlezioni di Jazz di Filippo Bianchi,
mente tra le più creative e immaginifiche del
giornalismo e dell’organizzazione musicale italiani,
mantiene ancora oggi le premesse che erano evidenti
nei concerti della sua prima tournée, che
toccò tra l’altro anche Crossroads, ovvero
quelle di una musica mai fissata una volta per tutte
ma sempre pronta a riplasmarsi in forma di libere
associazioni con la parte visiva dello spettacolo.
Così, se il gruppo originariamente convocato
per musicare le “Microlezioni di Jazz” (Paolo Fresu,
Roswell Rudd, Danilo Rea, martux_m) mutava di sera
in sera le carte in tavola, non sorprende che poi si
sia giocato a rimescolare anche gli artisti sul
palco, senza interferire con la qualità degli
esiti musicali.
Toccherà ora ai soli Paolo Fresu e martux_m
tradurre in suono le tavole illustrate da Pier Paolo
Pitacco con le massime e gli aforismi raccolti da
Filippo Bianchi, che in essi sintetizza la storia
del jazz non semplicemente nella sua estetica ma
anche nella sua portata sociologica e culturale in
senso lato.
Mentre le videoproiezioni creano una scenografia in
movimento, Fresu e martux_m avranno modo di muoversi
in uno stimolante connubio di acustica ed
elettronica. Fresu, da sempre accuratamente attento
alla componente timbrica del suo strumento, ha
sviluppato una serie di sonorità talmente
personali da renderlo immediatamente riconoscibile:
dall’uso della sordina all’effetto soffiato,
all’impiego degli effetti. Troverà ora al suo
fianco le manipolazioni elettroniche di martux_m,
coi loro beat incalzanti oppure dall’aspetto
avvolgente come una ragnatela e le sonorità
capaci di trascolorare dall’industriale all’onirico:
un contraltare elettronico ideale al sound di Fresu.
Domenica 12 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
JOSHUA REDMAN
QUARTET
Joshua Redman – sax tenore, sax soprano; Aaron
Goldberg – pianoforte;
Reuben Rogers – contrabbasso; Gregory Hutchinson –
batteria
Joshua Redman (nato nel 1969 a
Berkley, California) iniziò a farsi notare
nel mondo del jazz nei primi anni Novanta. All’epoca
lo aiutò l’essere il figlio del celeberrimo
sassofonista Dewey Redman. Ma prima che questo
vantaggio si trasformasse in un’ombra onnipresente,
Joshua sviluppò uno stile tutto suo,
fortemente legato alla tradizione, con un senso
infallibile per la costruzione melodica, iniziando
un’inarrestabile ascesa artistica.
Il suo trampolino di lancio fu la Thelonious Monk
Competition, che vinse nel 1991. Da quel momento la
gavetta fu breve, e presto Redman poté
mostrarsi a capo di propri gruppi (tanto per farsi
un’idea, la sua prima band stabile annoverava Brad
Mehldau, Christian McBride e Brian Blade, tutti
destinati al successo che ora sappiamo).
Dopo numerosi dischi pubblicati per le etichette del
gruppo Warner e collaborazioni con Ray Brown, Dave
Brubeck, Chick Corea, Jack DeJohnette, Bill Frisell,
Charlie Haden, Herbie Hancock, Milt Jackson, Elvin
Jones, Quincy Jones, Pat Metheny e innumerevoli
altri artisti (anche classici e rock: su tutti i
Rolling Stones), oggi Redman è tra i
tenorsassofonisti più ammirati del panorama
internazionale. Assieme a Brad Mehldau (col quale
tra l’altro collabora anche in duo), lo si
può anzi considerare uno dei musicisti
più rilevanti tra quelli emersi nel corso
degli anni Novanta.
foto
Giovedì 16 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio
Jazz”
AREA
International Popular Group - Tour 2013
Patrizio Fariselli – pianoforte, synth; Paolo
Tofani – Trikanta Veena, live electronics;
Ares Tavolazzi – basso el.; Walter Paoli –
batteria
In un’epoca di sequel
cinematografici, perché la musica non
dovrebbe fare altrettanto? E infatti, non
mancano le band che, apparentemente messe in
liquidazione, tornano a calcare le scene. Il
rock è pieno di tali esempi, il jazz un
po’ meno, ma si avvantaggia del fatto che
l’avanzamento anagrafico di solito comporta una
maturazione dei contenuti, laddove nella musica
commerciale rischia di produrre tutt’al
più risultati di immagine grotteschi.
Ed eccoci dunque al Tour 2013 degli Area, una
band feticcio del jazz rock italiano, con
riflessi progressive, degli anni Settanta. Della
band originaria rimangono tre esponenti:
Patrizio Fariselli, Paolo Tofani e Ares
Tavolazzi, essendo col tempo venuti a mancare
Demetrio Stratos e Giulio Capiozzo. Se alla
batteria si è aggiunto Walter Paoli, la
band ha invece preferito rinunciare a un nuovo
cantante.
Trent’anni ci separano dalle ultime prove degli
storici Area (scioltisi nel 1983), mentre la
formazione attualmente ricostituita (nel 2009)
è la seconda reunion, essendoci stata una
parentesi di attività alla fine degli
anni Novanta. Quel che si ascolta oggi non
è un fenomeno di revival: ci sono
sì brani che appartengono al passato del
gruppo, ma anche molti materiali nuovi.
Soprattutto, il taglio musicale non è
affatto nostalgico, anzi: riappropriandosi di
uno dei tratti fondamentali degli Area (la
sintesi tra stili e linguaggi esistenti sommata
alla capacità di precorrere i tempi),
l’attuale band offre una miscela dal sapore
affatto nuovo di rock, sonorità
elettroniche e sperimentali, influssi world,
jazz.
Venerdì 17 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio
Jazz”
“Carta Bianca a
Enrico Zanisi”
FRANCESCO
PONTICELLI QUARTET
Dan Kinzelman - sax tenore, clarinetti; Enrico
Zanisi – pianoforte;
Francesco Ponticelli – contrabbasso; Enrico
Morello – batteria
Tre giorni e quattro concerti
per la Carta Bianca al giovanissimo (classe
1990) Enrico Zanisi, il nuovo fenomeno italiano
del piano jazz, che possiamo ascoltare in questa
prima occasione come sideman nel quartetto di
Francesco Ponticelli. Questo gruppo è
infatti una collezione di giovani talenti del
jazz italiano (considerato che lo statunitense
Kinzelman è ormai stabilmente accasato
nel nostro paese), un manipolo di nuove leve che
hanno saputo emergere sulla scena nazionale
affiancando musicisti già ampiamente
affermati, rimarcando poi la propria
individualità con la creazione di
progetti da leader.
Nato nel 1983, Francesco Ponticelli affronta la
musica inizialmente come chitarrista per poi
passare al basso elettrico e infine al
contrabbasso. L’incontro col jazz avviene verso
i sedici anni e la sua formazione si svolge
nell’orbita di Siena Jazz e poi dal vivo con
Stefano Cantini, Mirko Guerrini, Nico Gori. La
sua grande occasione giunge nel 2005, quando
Enrico Rava lo convoca per il suo quintetto New
Generation (lo si ascolta sul Cd che il gruppo
ha inciso per la collana “Jazz Italiano Live” di
la Repubblica/L’Espresso). Dal 2006 viene
saltuariamente chiamato da Rava anche a far
parte del suo quintetto principale, in
sostituzione di Rosario Bonaccorso.
Pur avendo avviato una sua attività
solistica come leader, Ponticelli saggiamente
non trascura gli inviti provenienti da altri
gruppi: entra così a far parte della
Cosmic Band di Gianluca Petrella, del trio di
Fabrizio Sferra, oltre che del trio e del
quartetto di Giovanni Guidi. Contemporaneamente
allarga le sue esperienze anche nel campo delle
collaborazioni internazionali suonando con
Roswell Rudd, Matt Renzi, Kevin Harris…
Sabato 18 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio
Jazz”
“Carta
Bianca a Enrico Zanisi”
ENRICO ZANISI
TRIO
Enrico Zanisi – pianoforte; Joe Rehmer –
contrabbasso; Alessandro Paternesi – batteria
Enrico Zanisi, romano,
ventidue anni e poco più: vederlo
inclinato sulla tastiera fa pensare a un Bill
Evans (e sentendolo alle prese con una ballad il
paragone non è peregrino) o a un Brad
Mehldau (che del resto cita come sua principale
fonte di ispirazione).
La vittoria del Top Jazz 2012 come “miglior
nuovo talento” del jazz italiano non è
che l’ennesimo riconoscimento di una carriera
che in breve tempo ha preso un incredibile
slancio: Zanisi si è aggiudicato anche il
premio del pubblico al Concorso Nazionale per
Nuovi Talenti del Jazz Italiano Chicco
Bettinardi (Piacenza) e il Vittoria Rotary Jazz
Award (indetto dal celebre sassofonista
Francesco Cafiso), oltre ad aver ottenuto una
borsa di studio per frequentare la Berklee di
Boston, dove ha potuto studiare con Kenny
Werner, Marvin Stamm, Joey Calderazzo, Phil
Markowitz, Larry Grenadier…
Il recente Cd in trio con Joe Rehmer e
Alessandro Paternesi (Life Variations, 2012, CAM
Jazz) è il biglietto da visita che lo ha
definitivamente consacrato: lirismo e swing
istintivi, una tavolozza espressiva di una
maturità impensabile per un ventenne. Ma
eloquente era già il suo disco d’esordio
(Quasi troppo
serio, 2008), in cui si distinguevano
la profondità delle sue composizioni e la
curiosità verso un repertorio che si
allargava da Robert Schumann a Burt Bacharach,
focalizzandosi anche sugli standard.
Oltre a guidare il proprio trio, Zanisi vanta
già collaborazioni con Giovanni Tommaso
(negli Apogeo), Stefano Di Battista, Fabrizio
Bosso, Javier Girotto, Francesco Cafiso, Sheila
Jordan, David Liebman, Andy Sheppard…
Domenica 19 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli
“Correggio
Jazz”
“Carta
Bianca a Enrico Zanisi”
ore 11:00
ENRICO ZANISI
SOLO
Enrico Zanisi – pianoforte
ore 21:00
ALESSANDRO
PATERNESI P.O.V. QUINTET
Simone La Maida – sassofoni; Francesco Diodati –
chitarra el.; Enrico Zanisi – pianoforte;
Gabriele Evangelista – contrabbasso; Alessandro
Paternesi – batteria
Negli ultimi anni un’imponente
ondata di nuovi musicisti si sta affacciando
sulla scena jazzistica italiana, lasciando
chiaramente intuire che si tratta di giovani
leve già pronte a dire la loro in fatto
di musica. Di questa nouvelle vague nostrana fa
certamente parte anche Alessandro Paternesi,
batterista di Fabriano, classe 1983. Con in mano
un diploma di conservatorio in percussioni,
Paternesi inizia a voltare pagina affiancando
allo studio dei classici quello dei beat
afro-americani, dapprima sotto la guida di
Massimo Manzi e poi anche di Roberto Gatto,
Jimmy Cobb, Jeff ‘Tain’ Watts, Ettore
Fioravanti. Il jazz prende poi il sopravvento
nella sua attività, come dimostrano,
negli ultimi anni, le collaborazioni con Cyro
Baptista, Paul McCandless, Michael Rosen,
Francesco Bearzatti, Enrico Rava, Stefano Di
Battista, Giovanni Falzone, Javier Girotto,
Gabriele Mirabassi, Danilo Rea, Franco Cerri,
Maria Pia De Vito…
Il quintetto P.O.V., ovvero Point Of View (di
cui nel 2012 è uscito il primo disco: Dedicato),
ha il pregio di riunire i primi tre classificati
al Top Jazz 2012 nella categoria “miglior nuovo
talento italiano”: nell’ordine sul podio,
Zanisi, Diodati e Paternesi. La musica ideata
dal batterista si appropria della sua formazione
classica, che dà una forte impronta allo
stile compositivo, calandola in un contesto di
jazz contemporaneo ritmicamente modernista,
oltre che attraversato da influssi rock.
A completamento di una tre
giorni di musica che ha visto Enrico Zanisi
protagonista di varie situazioni sia da leader
che da sideman, il giovane pianista si
presenterà anche nel più personale
dei contesti, quello del piano solo, in una
esibizione mattutina.
Lunedì 20 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio
Jazz”
FRANCESCO
DIODATI “NEKO”
Francesco Diodati – chitarra el.; Francesco
Bigoni – sax tenore;
Francesco Ponticelli – contrabbasso; Ermanno
Baron – batteria
Neko, in giapponese, è
il gatto porta fortuna che fa il gesto di
chiamare verso di sé. Ma nel gergo
musicale, i cats
sono “quelli che suonano la musica jazz”, un
termine amichevole e confidenziale con cui ci si
appella tra sodali di musica. Non stupisce
quindi che sotto questo nome Francesco Diodati
(nato a Roma nel 1983) abbia raccolto al suo
cospetto un gruppo di amici per dare vita a una
musica che non conosce pregiudizi stilistici. I
cats di
Diodati sono alcuni dei giovani jazzisti
italiani che più si stanno mettendo in
mostra sia in patria che all’estero (pensiamo
soprattutto a Bigoni, ormai residente in
Danimarca).
I due dischi che la band ha inciso per
l’etichetta Auand (Purple Bra, 2010, e Need Something
Strong, 2012) hanno messo in luce una
musica graffiante, dalle sonorità
futuristiche, i ritmi scheggiati, gli spazi
sonori tappezzati dall’elettronica: davanti a
questi ascolti visionari, non stupisce che
Diodati si stia facendo largo ben al di
là della scena italiana. La sua musica
è infatti ormai di casa anche nel resto
d’Europa e negli Stati Uniti, mentre
l’intervento della sua chitarra è stato
richiesto da artisti del calibro di Bobby
Previte, Jim Black ed Enrico Rava.
Martedì 21 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio
Jazz”
EL PORTAL
Nolan Lem – sax tenore; Rainer Davies – chitarra
el.;
Paul Bedal – Fender Rhodes; Joe Rehmer –
contrabbasso; Dion Keith Kerr IV – batteria
Il quintetto El Portal nasce
in circostanze cataclismatiche: a Miami
nell’autunno del 2006, quando i membri della
formazione si ritrovano barricati in
un’abitazione con le finestre blindate per far
fronte a un uragano. I cinque musicisti si
promisero di formare una band se fossero usciti
illesi da quella situazione. Per fortuna di
tutti, il gruppo fu presto fatto e chiamato El
Portal, in riferimento al sobborgo della contea
di Miami-Dade. Sin dalla sua origine, El Portal
ha quindi a che fare con un’energia devastante
alla quale si aggiungono le variegate esperienze
dei suoi membri. Plasmata da una simile genesi,
la musica non poteva che essere ritmicamente
impetuosa, melodicamente impulsiva,
timbricamente ricercata, caratterizzata da
cambiamenti repentini di metro e registro,
vagamente ispirata da quella forza della natura
jazzistica che fu Charles Mingus.
Il passare del tempo ha poi disperso i cinque
musicisti in varie zone degli Stati Uniti, oltre
che in Italia, dove si è trasferito Joe
Rehmer. Ma l’esperienza era stata troppo
stimolante per non ritentarla, ed eccoli dunque
di nuovo assieme, questa volta anche con un
disco all’attivo: New Trophy (2011, CAM Jazz).
Venerdì 24 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio
Jazz”
MAURO OTTOLINI
SOUSAPHONIX
“Bix Factor”
Mauro Ottolini – trombone, sousaphone, voce;
Vanessa Tagliabue Yorke – voce; Stephanie Ocean
Ghizzoni – voce, riti voodoo;
Vincenzo Vasi – voce, theremin, strumenti
giocattolo; Paolo Degiuli – cornetta;
Guido Bombardieri – clarinetto, sax alto; Dan
Kinzelman – sax tenore, clarinetto, clarinetto
basso;
Paolo Botti – viola, dobro; Enrico Terragnoli –
banjo, chitarra, podofono;
Franz Bazzani – pianoforte, armonio liturgico a
pedali Galvan;
Danilo Gallo – contrabbasso; Zeno de Rossi –
batteria
Da anni sul punto di esplodere
come fenomeno del jazz italiano, Mauro Ottolini
sembra ora raccogliere tutti d’un colpo i
riconoscimenti che da tempo gli erano dovuti.
Nel più recente referendum Top Jazz si
è aggiudicato il titolo di “miglior
musicista italiano dell’anno”, sorpassando i
‘mostri sacri’ del nostro jazz che da anni si
rimpallavano uno con l’altro questo titolo.
Oltre che come solista e leader dei Sousaphonix
(il cui Bix
Factor è sul podio dei dischi
premiati al Top Jazz), Ottolini è finito
sotto i riflettori del referendum di Musica Jazz
anche per le sue collaborazioni con le band
più rilevanti di questo periodo (trio e
sestetto di Franco D’Andrea, Parco della Musica
Jazz Lab di Enrico Rava, dei cui due ultimi
progetti è anche direttore musicale).
Stilisticamente, Ottolini può sembrare
votato alla più ampia versatilità
(dal jazz con un piede sempre avanti nel futuro
dei suoi gruppi, alla musica colta, ai grandi
nomi della musica popolare: negli ultimi tempi
ha suonato e arrangiato per Vinicio Capossela,
Malika Ayane, i Negramaro). Ma nella
vastità della sua produzione musicale (la
velocità con cui riesce a ideare,
comporre, mettere assieme band e repertori
lascia sbalorditi) si ritrovano due ingredienti
che sono come delle basi imprescindibili: il
jazz ‘tradizionale’ di New Orleans e
l’avanguardia, chicagoana o europea che sia.
Saltando a piedi pari il bop e tutti i suoi
derivati, Ottolini ha saputo ricreare un legame
tra l’attualità e l’antichità del
jazz, facendone scaturire una musica che suona
futuristicamente nuova eppure al contempo
amichevolmente ‘vecchia’.
Il gruppo Sousaphonix, pur con già molti
anni di attività alle spalle, si è
improvvisamente rivelato come un’orchestra delle
meraviglie: i suoi ultimi due dischi (The Sky Above
Braddock e Bix Factor) sono grandi
affreschi sonori, con un sound dirompente che
parte dalle polifonie di New Orleans e da
lì, per successive rivoluzioni, ingloba
rock psichedelico, serenate swing, cantautorato
underground.
Sabato 25 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio
Jazz”
ENZO
PIETROPAOLI YATRA QUARTET
Enzo Pietropaoli – contrabbasso;
Fulvio Sigurtà – tromba; Julian Oliver
Mazzariello – pianoforte;
Alessandro Paternesi – batteria
Yatra, ovvero
‘pellegrinaggio verso un luogo sacro’ (per gli
Indù). Non che Enzo Pietropaoli abbia
fatto rotta verso qualche santuario indiano, ma
il passo compiuto con la costituzione di questo
quartetto non è comunque da poco: dopo
una carriera lunga e ricca di onori, iniziata
nel 1975 con quel Trio di Roma che sarebbe
diventato una delle formazioni storiche del jazz
italiano (con Rea e Gatto), il bassista con
questo nuovo gruppo si presenta per la prima
volta in veste di leader.
Nonostante la sua nascita recente (2011), il
quartetto Yatra ha già all’attivo un paio
di dischi, che evidenziano la personale via
della musica del contrabbassista, qui spesso
anche in veste di compositore: una sorta di
classicismo jazz ben contestualizzato nel
presente ed entro il quale confluiscono con
perfetta assimilazione stilistica i vari
interessi del leader (musica etnica, classica,
pop).
Enzo Pietropaoli (nato a Genova nel 1955 ma a
tutti gli effetti musicista della scuola romana,
essendosi trasferito nella capitale sin da
bambino) è stato la colonna portante di
alcune delle più celebri formazioni del
jazz italiano: Space Jazz Trio di Enrico
Pieranunzi, Lingomania di Maurizio Giammarco,
Doctor 3 (di cui è stato co-leader con
Rea e Sferra), varie band di Enrico Rava. Ma ha
accompagnato nomi celeberrimi anche sul fronte
internazionale: Chet Baker, Lester Bowie, Art
Farmer, Bob Berg, Michael Brecker, Archie Shepp,
Phil Woods, Toots Thielemans, Richard Galliano,
Pat Metheny, Joe Pass, John Scofield…
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