CROSSROADS 2013 - Schede artisti

Jazz Network, Regione Emilia-Romagna Assessorato alla Cultura, Ater
Associazione i-jazz, Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura, Comune di Rimini Istituzione Musica Teatro Eventi
Comune di Correggio, Correggio Music Land, Comune di Imola Assessorato alla Cultura
Comune di Russi - Teatro Comunale, Fondazione Teatro Rossini di Lugo
Comune di Castel San Pietro Terme Assessorato alla Cultura, Combo Jazz Club di Imola, Uisp Castel San Pietro Terme
Comune di Modena Assessorato alle Politiche Giovanili, La Tenda di Modena, Associazione Culturale Muse
Comune di Casalgrande Assessorato Tempo Libero, Comune di Massa Lombarda Assessorato alla Cultura
Comune di Solarolo Assessorato alla Cultura, Comune di Cesenatico Assessorato alla Cultura
Comune di Dozza Assessorato alla Cultura, Compagnia Teatrale della Luna Crescente
Comune di Longiano - Teatro Petrella, Arrivano dal mare!, Comune di Argenta - Teatro dei Fluttuanti
Piacenza Jazz Club, Jazz Club Ferrara, Associazione Jazz Club Ravenna, Cisim di Lido Adriano - Associazione Culturale Il Lato Oscuro della Costa
Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Crossroads 2013

-- SCHEDE ARTISTI --

Giovedì 28 febbraio
Casalgrande (RE), Teatro Fabrizio De André, ore 21:15
ENRICO RAVA & GIOVANNI GUIDI
Enrico Rava – tromba, flicorno; Giovanni Guidi – pianoforte

Per molto tempo il quintetto è sembrato l’organico fondamentale dell’attività di Enrico Rava, tanto da assumere innumerevoli varianti per dare sempre nuova linfa alla strumentazione: al Quintet ufficiale sono succeduti o si sono affiancati l’Under 21, il New Generation, il Rava Tribe, l’US Quintet. Da qualche anno invece assistiamo a un movimento centrifugo che sta portando Rava verso gli organici estremi: dal massimamente dilatato (pensiamo al Parco della Musica Jazz Lab, che per altro sarà protagonista di un concerto a Imola in questa edizione di Crossroads) all’intimamente raccolto, con una serie di combinazioni in duo con pianisti come Stefano Bollani, Julian Oliver Mazzariello e, appunto, Giovanni Guidi. In ogni caso, musicisti che Rava ha ‘raccolto’ giovani, contribuendo poi enormemente alla loro formazione e al loro inserimento nei circoli ‘alti’ del jazz internazionale.
Come membro sia dei Rava Tribe che del PMJL, Giovanni Guidi è, in questo momento, un tassello fondamentale della musica di Rava, che conserva inalterata la freschezza, il sorprendente gioco melodico e le sonorità struggenti che hanno contribuito all’affermazione internazionale del trombettista. Per Rava, che ha visto questo giovane pianista formarsi giorno dopo giorno prima ancora che il pubblico potesse scoprirlo, deve essere una grande soddisfazione trovarsi ora di fianco un compagno di musica di tale promettente vitalità.

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Sabato 2 marzo
Cesenatico (FC), Teatro Comunale, ore 21:00
BARBARA CASINI TRIO feat. Beppe Fornaroli & Sandro Gibellini
“Barato Total”
Omaggio a Gilberto Gil
Barbara Casini – voce, percussione;
Beppe Fornaroli – chitarra, voce; Sandro Gibellini – chitarra

Barbara Casini, nata a Firenze nel 1954, ha mostrato la sua predilezione per la musica brasiliana sin dal suo primo apparire sulla scena canora italiana. Ma non ha mancato di collaborare con importanti jazzisti, tra i quali ricordiamo Luigi Bonafede, Enrico Rava, Stefano Bollani, Giovanni Tommaso, Roberto Gatto, Paolo Silvestri. E non le sono mancate le apparizioni eccellenti al fianco di grandi maestri statunitensi, come Phil Woods e Lee Konitz.
Dopo aver scoperto la bossa nova all’età di quindici anni, la Casini ha continuato ad approfondire la sua conoscenza della musica popolare brasiliana. La sua prima creazione in questo ambito fu, all’inizio degli anni Ottanta, il trio Outro Lado (insieme a Beppe Fornaroli alla chitarra e Naco alle percussioni), con il quale si esibì, oltre che nei teatri e nei club italiani, a Parigi, nell’Europa settentrionale, in Africa e in Brasile. Altra importante creatura musicale della Casini è stato il quartetto con Stefano Bollani al pianoforte, Raffaello Pareti al contrabbasso e Francesco Petreni alla batteria, formatosi nel 1994.
Nell’ultimo decennio la Casini ha messo a segno una lunga serie di notevoli exploit nel campo della musica popolare brasiliana: i progetti, sia discografici che live, “Uragano Elis” (in omaggio a Elis Regina), “Palavra prima” (dedicato a Chico Buarque de Hollanda), “Nordestina” (una rivisitazione del forró brasiliano), “Caxangá” (incentrato sulle musiche di Milton Nascimento). Ora, con “Barato Total”, tocca al repertorio di un mito vivente della musica carioca: Gilberto Gil.

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Venerdì 8 marzo
Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00
TIZIANA GHIGLIONI TRIO feat. Silvia Bolognesi & Emanuele Parrini
“Time for Duke”
Tiziana Ghiglioni – voce;
Silvia Bolognesi – contrabbasso; Emanuele Parrini – violino
produzione originale

Nata a Savona nel 1956, Tiziana Ghiglioni inizia il suo percorso jazzistico studiando con Giorgio Gaslini alla fine degli anni Settanta. Giusto in tempo per farsi notare come una delle voci più fresche degli anni Ottanta e, poi, per imporsi negli anni Novanta come una delle cantanti di riferimento del jazz italiano, soprattutto grazie al notevole successo riscosso con il suo indimenticabile omaggio alle canzoni di Tenco. Portato a lungo in giro sui palcoscenici italiani e quindi registrato su etichetta Philology, nel 1994 questo progetto fece vincere alla Ghiglioni la targa Tenco. In questi anni la fama della Ghiglioni è sostenuta da collaborazioni con artisti di primo piano sia della scena italiana (Massimo Urbani, Pietro Tonolo, Franco D’Andrea, Enrico Rava, Enrico Pieranunzi, Gianluigi Trovesi, Giancarlo Schiaffini, Paolo Fresu, Luca Flores) che internazionale (Kenny Drew, N.H.Ø. Pedersen, Mal Waldron, Steve Lacy, Tony Oxley, Kenny Clarke, Aldo Romano, Paul Bley, Lee Konitz, Chet Baker).
La Ghiglioni focalizza poi la sua attività su una serie di progetti tematici, tra i quali particolarmente fortunati sono quelli che esplorano le composizioni di Lucio Battisti e Duke Ellington, ma non sono trascurabili le incursioni nei mondi musicali di Giorgio Gaslini e, più di recente, Chet Baker e Mal Waldron. Con “Time for Duke” la Ghiglioni torna dunque su un repertorio a lei ben noto, affrontato però ora da una nuova prospettiva e, soprattutto, con una formazione dall’organico alquanto particolare che esordirà appositamente in occasione del concerto di Crossroads. Ne faranno parte Silvia Bolognesi, contrabbassista che negli ultimi anni è emersa con prepotenza sino a vincere nel 2010 il Top Jazz come “miglior nuovo talento”, e il violinista Emanuele Parrini, musicista dalle innumerevoli collaborazioni, la più fruttuosa delle quali è probabilmente quella con l’Italian Instabile Orchestra.

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Giovedì 14 marzo
Longiano (FC), Teatro Petrella, ore 21:00
FABRIZIO BOSSO & JULIAN OLIVER MAZZARIELLO
Fabrizio Bosso – tromba; Julian Oliver Mazzariello – pianoforte

Fabrizio Bosso, nel corso degli anni, ha costruito una serie di collaborazioni in duo alquanto differenti nei contenuti musicali ma accomunate dallo slancio poetico, la verve ritmica, la spigliatezza melodica, l’avvolgente virtuosismo: con il chitarrista brasiliano Irio De Paula, i fisarmonicisti Luciano Biondini e Antonello Salis, il contrabbassista Rosario Bonaccorso e via abbinando. Ora è la volta di un face to face col pianista Julian Oliver Mazzariello.
L’incontro in duo tra questi musicisti arriva a seguito di una amicizia di lunga data: Mazzariello è stato tra l’altro il primo pianista del quintetto High Five, la formazione che contribuì a lanciare Bosso (e gli altri della band: Scannapieco, Ciancaglini, Tucci) nel firmamento del jazz italiano.
Ascoltando questo duo sembra proprio che in musica non esista il concetto di impossibile: Bosso e Mazzariello trascendono gli steccati stilistici, muovendosi con entusiasmante equilibrio tra generi diversi, tenendo sempre sotto mano il senso della melodia tipicamente italiano come trampolino per le loro improvvisazioni.
Nato in Inghilterra nel 1978, Julian Oliver Mazzariello arriva in Italia quando ha diciassette anni. Emerge progressivamente dalla scena locale campana, dimostrandosi solista brillante e versatile, sino a giungere a collaborare con artisti come Enrico Rava e Lucio Dalla.
Fabrizio Bosso è probabilmente il jazzista italiano che ha meno bisogno di presentazioni per il grande pubblico, abituato a vederlo sia in trasmissioni televisive nazionali che dal vivo al fianco dei più popolari nomi della musica italiana commerciale. Il grande dono di Bosso è quello di riuscire a conservare l’interesse di questo vasto uditorio anche quando indossa i panni del jazzista senza compromessi: virtù di un solista dalla rara eloquenza.

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Venerdì 15 marzo
Argenta (FE), Teatro dei Fluttuanti, ore 21:00
CHERYL PORTER JAZZ QUARTET
Cheryl Porter – voce; Paolo Vianello – pianoforte;
Guido Torelli – basso el.; Gianni Bertoncini – batteria

La chicagoana Cheryl Porter (classe 1972) giunse in Italia nel 1995 per affinare la sua formazione di cantante lirica. E infatti le interpretazioni di Puccini, Verdi e Rossini furono il repertorio col quale si misurò inizialmente. Ma è difficile sfuggire alle proprie radici e, soprattutto, alla predisposizione naturale. Così, pur rimanendo nel nostro paese, la Porter è progressivamente emersa come una delle più ragguardevoli voci della black music nei suoi generi più tradizionali: gospel e spiritual. Ma la Porter si fa ammirare abitualmente anche sul versante ‘profano’ del blues e del jazz, sia in piccole formazioni che come vocalist da big band. Particolarmente ragguardevole è poi la sua attività nel mondo della pop music di qualità. Qui, le sue collaborazioni formano un red carpet sul quale sfilano Mariah Carey, Amii Stewart, David Crosby, i Blues Brothers, Bono degli U2, Luciano Pavarotti, Andrea Bocelli, Gianni Morandi, Paolo Conte, Zucchero. L’elenco può proseguire con altre collaborazioni prestigiose più chiaramente jazzistiche, come quelle con Dave Brubeck, Bob Mintzer, i Brecker Brothers, o sul fronte della musica latina (Tito Puente, Paquito D’Rivera).

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Sabato 16 marzo
Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 21:15
“Cassero Jazz”
TERI WEIKEL & MICHELE RABBIA
“Equilibrium”
Teri Jeanette Weikel – danza;
       Michele Rabbia – percussioni, elettronica
RAY ANDERSON BassDrumBone
Ray Anderson – trombone;
Mark Helias – contrabbasso; Gerry Hemingway – batteria

Il jazz di New Orleans come sostanza esplosiva, il funky come innesco e il free a fare da detonatore: insomma, senza che nessuno rimanga ferito dalle metafore, la musica del trio BassDrumBone è di quelle che esplodono con un fragoroso boato. Non c’è stile jazzistico che non sia stato stipato dentro le strutture neworleansiane e, a forza di comprimere un genere sull’altro, si è presto raggiunto l’effetto di un nuovo Big Bang: dagli strumenti di Ray Anderson, Mark Helias e Gerry Hemingway il jazz scaturisce come rigenerato, riplasmato, ricaricato di forza vitale. Tutto brilla come nuovo eppure tutto è perfettamente riconoscibile come frammento di un’aurea tradizione: nessuno era mai riuscito a far sì che anche il free jazz facesse battere il piede come lo swing.
Tale dominio della materia jazzistica non emerge all’improvviso: Anderson, Helias ed Hemingway suonano assieme in questo insolito abbinamento strumentale sin dal 1977, con un approccio collettivo che enfatizza le capacità di ognuno sia in fase solistica che compositiva. Dopo un decennio di attività e diversi dischi (alcuni memorabili anche per l’etichetta italiana Soul Note), nel 1988 il gruppo entra in letargo, per uscirne solo cinque anni dopo. Da allora BassDrumBone riappare periodicamente nel firmamento jazzistico, dando sempre l’impressione che, con la sua inarrestabile inventiva, la storia della musica improvvisata possa ricominciare daccapo.

Equilibrio tra gesto e suono, interazione tra forme musicali e forme disegnate dal movimento del corpo: questo è “Equilibrium”, performance per danza e percussioni che vede coinvolti Teri Jeanette Weikel e Michele Rabbia. Lei danzatrice spesso a fianco di jazzisti di prim’ordine (John Surman, Antonello Salis, Steve Lacy, Mal Waldron, Art Ensemble Of Chicago, Louis Sclavis, Wadada Leo Smith, Richard Galliano) oltre che coreografa molto attiva negli Stati Uniti come in Europa; lui funambolico percussionista capace di trasformare a sua volta l’arte del ritmo in un teatro del movimento.

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Domenica 17 marzo
Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 21:15
“Cassero Jazz”
IMPROPLAYERS incontra MICHELE RABBIA
Michele Rabbia – percussioni, elettronica, direzione
Improplayers: Alessandro Petrillo – chitarra, effetti;
Nicola Nanni – chitarra, effetti; Bruno Carrozzieri – oud, chitarra portoghese;
Adriano Rugiadi – basso fretless acustico; Daniel Remondini – basso elettrico;
Silvia Trezza – voce; Nicoletta Zuccheri – voce; Christian Alpi – batteria;
Piermarco Turchetti – pianoforte; Massimo Zaniboni – sax tenore, sax soprano;
Maurizio Lesmi – sax soprano, clarinetto basso;
Michele Griesi – fisarmonica
in collaborazione con Volabo nell’ambito del progetto “Nessuno rimanga indietro 2013”

Non si può certo prevedere quel che combineranno sul palcoscenico di Castel San Pietro Terme gli Improplayers: mai nome fu scelto con maggiore pertinenza. Questo collettivo emiliano-romagnolo, il cui organico si adatta elasticamente alle necessità espressive del momento, passando dall’esibizione in solo all’ensemble completo di dodici elementi, parte dal concetto musicale di tabula rasa: improvvisazione non vincolata da materiali preesistenti. Le strutture musicali si definiscono solo nel momento dell’esecuzione, il dialogo tra i musicisti sul palcoscenico è l’unica forma di generazione del discorso sonoro. La razionalità che preordina la musica non è di casa qui; anzi, ci si muove piuttosto verso i territori più ‘occulti’ dell’improvvisazione. Gli Improplayers sono comunque ben consapevoli che la ricerca musicale assume valore solo nel momento in cui trova qualcosa e mai quando rimane fine a se stessa.
Dati questi presupposti, l’incontro tra gli Improplayers e Michele Rabbia parte sotto i migliori auspici. Il batterista torinese ha infatti fama, oltre che di improvvisatore sorprendente (sin dalla scelta di quali strumenti includere nel suo set percussivo), di musicista aperto alle collaborazioni con le più diverse forme di espressione artistica: teatro, danza, letteratura, pittura, architettura.

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Giovedì 21 marzo
Solarolo (RA), Oratorio dell’Annunziata, ore 21:00
ADA MONTELLANICO & FRANCESCO DIODATI

“Wandering”

Ada Montellanico – voce; Francesco Diodati – chitarra

Ada Montellanico è indubbiamente riuscita a delineare una via tutta italiana al canto jazz, fondendo le prerogative tecniche della musica afro-americana con le peculiarità estetiche e melodiche della nostra tradizione cantautorale. Ne sono massima prova i due album dedicati a Luigi Tenco: L’altro Tenco (1996) e Danza di una ninfa (2005), ma anche un capitolo importante della sua discografia come Ma l’amore no (1997). La scelta della lingua italiana per i testi è parte essenziale di questo approccio al jazz, come avviene anche nel recente disco Il sole di un attimo (2008), nel quale la cantante romana si presenta anche in veste di autrice. Tutto ciò non allontana comunque la Montellanico dai fondamentali, come è evidente nel suo Omaggio a Billie Holiday, documentato anche su Cd (2008; opera di ampia risonanza, essendo apparsa all’interno della collana dedicata al jazz italiano edita dal gruppo la Repubblica-L’Espresso). Il più recente Suono di donna (2012) segna invece una sorta di svolta ‘femminista’, con la Montellanico che mette in scaletta una selezione di compositrici sia jazz che pop.
In una carriera che l’ha vista al fianco di artisti come Jimmy Cobb, Lee Konitz, Paul McCandless, Enrico Rava, la Montellanico si è rivolta in più occasioni alla formula del duo (tra l’altro, in tempi recenti, con Enrico Pieranunzi). Ora, con il progetto “Wandering”, affronta un repertorio variegato, che affianca Carole King, Simon & Garfunkel, Lennon-McCartney, Maria Schneider e brani da lei stessa firmati. Un gioco di delicati equilibri, che trasporta alcuni capisaldi della musica popolare in territori di più raffinata armonizzazione. In questo movimento di ‘purificazione’ stilistica è fondamentale l’apporto della chitarra di Francesco Diodati, giovane musicista che si sta facendo largo a grandi passi nel panorama italiano, sia in collaborazione con altri young lions del nostro jazz che con il suo gruppo Neko, oltre che al fianco di artisti di ampia fama come Jim Black, Enrico Rava e Bobby Previte.

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Venerdì 22 marzo
Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00
CHIARA PANCALDI QUINTETTO
“The Song Is You”
Chiara Pancaldi – voce;
Nico Menci – pianoforte; Davide Brillante – chitarra;
Stefano Senni – contrabbasso; Vittorio Sicbaldi – batteria

Recentemente giunta al suo esordio discografico (il titolo dell’album è, appunto, The Song Is You), Chiara Pancaldi mette in mostra una pronuncia e un’intonazione fluide, oltre a una tecnica scat nella quale si riconosce la frequentazione con Rachel Gould. Intensa e suadente è l’interpretazione delle canzoni brasiliane (Jobim e Chico Buarque), di trafiggente emotività il ‘suo’ Cole Porter, spigliato e accattivante il songbook americano, che sia swing o di taglio boppistico.
Avviata allo studio del pianoforte sin da piccola, la Pancaldi (nata a Bologna nel 1982) affronta il canto inizialmente da autodidatta, per intraprendere poi un percorso formativo sotto la guida, tra gli altri, di Diana Torto (per gli studi regolari in conservatorio) e di Rachel Gould, Harold Mabern, Vincent Herring, Roberta Gambarini, Barry Harris in ambito seminariale. Ma è stata soprattutto Michelle Hendricks a indirizzarne il percorso musicale, spingendola a dedicarsi al jazz a tempo pieno.
Al suo fianco la Pancaldi ha una band che con gli standard ci va a nozze e che contribuisce alla ricreazione dell’aureola di classicità che si addice a questo repertorio.

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Domenica 24 marzo
Rimini, Teatro degli Atti, ore 21:15
HERMETO PASCOAL E GRUPO
Hermeto Pascoal – tastiere, fisarmonica, flauto basso, teiera,
tazza d’acqua e altri oggetti e strumenti disparati;
Aline Morena – voce, chitarra 10 corde, body percussion;
Vinícius Dorin – sassofoni, flauti, percussioni;
André Marques – pianoforte, flauto, percussioni;  Itiberê Zwarg – basso el., percussioni;
Fábio Pascoal – percussioni, direzione;
Márcio Bahia – batteria, percussioni

Per Hermeto Pascoal il “Grupo” sono i musicisti che nel 1973 presero parte alla registrazione dell’album A música livre de Hermeto Pascoal, ovvero la sua prima band in veste di leader. Si tratta quindi di una formazione con ben quarant’anni di folgorante storia alle spalle, un tempo che ha reso inevitabili alcuni avvicendamenti nell’organico.
Nato nel 1936 nello stato brasiliano di Alagoas, Pascoal fu sin da bambino attratto dalla musica e dalla possibilità di praticarla con strumenti non ortodossi. Inizia a esibirsi in pubblico fin dall’adolescenza, al fianco del fratello maggiore José Neto, imbracciando il suo primo strumento ufficiale, la fisarmonica. La scoperta del pianoforte avviene nei night di Recife, nel corso degli anni Cinquanta. Da questo momento l’attività musicale di Pascoal diventa assai movimentata: il Quarteto Novo è la principale formazione alla quale partecipa negli anni Sessanta, prima di dedicarsi alla carriera solistica, che prende il via dopo le collaborazioni con Airto Moreira, Flora Purim e Miles Davis (in Live-Evil).
Per quanto la sua eccentricità sia stilistica che d’aspetto non ne abbiano facilitato la carriera, Hermeto Pascoal ha raggiunto lo status di icona vivente della musica brasiliana: polistrumentista con un forte senso del bizzarro (la strumentazione del suo gruppo ne è testimone), votato a una musica la cui energia vitale la fa sembrare una sorta di religione animistica tradotta in suoni, con una notevole propensione al jazz.

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Giovedì 4 aprile
Modena, La Tenda, ore 21:30
ROBERTO GATTO ELECTRIO
Roberto Gatto – batteria;
Alfonso Santimone – pianoforte, Fender Rhodes; Pierpaolo Ranieri – basso elettrico

Dopo una lunga e fortunata carriera che lo ha portato al vertice del jazz italiano, del quale è il batterista più rappresentativo, Roberto Gatto ha iniziato a spostarsi dal ruolo di sideman di lusso a quello di leader, creando una serie di gruppi che, c’era da aspettarselo, hanno raccolto un immediato successo. Senza smettere di arricchire un curriculum di collaborazioni nel quale spiccano i nomi di Bob Berg, Johnny Griffin, George Coleman, Phil Woods, James Moody, Curtis Fuller, Cedar Walton, Joe Zawinul, Pat Metheny, oltre che delle principali band italiane (Trio di Roma, Enrico Rava, Franco D’Andrea, Enrico Pieranunzi…), ora Gatto è evidentemente concentrato innanzi tutto sulla propria musica.
Dopo una serie di situazioni più legate alla tradizione jazzistica (come gli omaggi in quintetto a Miles Davis e Shelly Manne), Gatto si rivolge ora a esplorare nuove sonorità elettriche, richiamando così alla memoria un altro suo recente progetto che ripercorreva il repertorio del progressive rock. Composizioni parimenti energiche e ricche di groove si ritrovano infatti anche in questo nuovo trio con Alfonso Santimone e Pierpaolo Ranieri, nel quale la tecnologia moderna (loops, live electronics) si sovrappone a quella vintage dei sintetizzatori analogici.

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Venerdì 5 aprile
Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00
“Dozza Jazz”
GIANLUCA PETRELLA & GIOVANNI GUIDI
“Soupstar”
Gianluca Petrella – trombone; Giovanni Guidi – pianoforte

“Soupstar” non è un concerto sponsorizzato dalla Campbell’s quanto piuttosto quel che avviene a mettere insieme due musicisti così, accomunati dall’essere transitati nei gruppi di Enrico Rava (entrambi, al momento attuale, fanno parte del quintetto Rava Tribe).
Gianluca Petrella, prima di entrare nell’orbita di Rava, aveva già messo in chiaro di avere una marcia in più rispetto ai jazzisti della sua generazione: nato nel 1975 (a Bari), appena maggiorenne vantava già collaborazioni con Roberto Ottaviano e Greg Osby. Prima del 2001, quando si aggiudica il referendum Top Jazz come “migliore nuovo talento”, la sua strada ha già incrociato anche quella di Carla Bley e Steve Coleman. Da allora le collaborazioni si sono succedute in quantità tali da essere difficilmente riassumibili e i premi sono fioccati a ciclo continuo (dal Django d’Or come “migliore talento europeo” nel 2001 al Top Jazz del 2005, questa volta come “migliore musicista dell’anno”; per non dire del Critics Poll della rivista DownBeat, che lo vede vincitore nella categoria “artisti emergenti” nel 2006 e 2007, un traguardo mai prima d’allora raggiunto da un italiano). Ma quel che più conta sono le formazioni man mano ideate da Petrella, che ci hanno fatto conoscere la sua visione eversiva della tradizione trombonistica: dagli Indigo 4 ai Tubolibre, alla Cosmic Band.
Giovanni Guidi appartiene a una generazione più giovane (è nato a Foligno nel 1985) ma, Rava a parte, molte sono le similitudini tra il suo percorso e quello di Petrella, a cominciare da un approccio stilisticamente onnivoro allo strumento che sottopone a una completa rivoluzione la sua tradizione jazzistica. Per il resto anche Guidi sta prendendo il largo con le collaborazioni internazionali, la creazione di gruppi a suo nome (come la Unknown Rebel Band) e l’accumulo di premi e riconoscimenti (anche lui si è aggiudicato il Top Jazz come “migliore nuovo talento”, nel 2007).

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Sabato 6 aprile
Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00
“Dozza Jazz”
«IF I HAD MY WAY I’D’VE BEEN A KILLER»
Nina Simone: una voce per i diritti civili
Valentina Monti – voce;
Diber Benghi – tastiere; Dagmar Benghi – chitarra;
Corrado Gambi – voce narrante
produzione originale Compagnia della Luna Crescente/Combo Jazz Club
CARLO ACTIS DATO & ENZO ROCCO
Carlo Actis Dato – sax baritono, clarinetto basso; Enzo Rocco – chitarra

Anche senza la Actis Band, bensì in duo con Enzo Rocco, Carlo Actis Dato coniuga jazz e world music alla sua personalissima maniera, ovvero con un senso di ironico divertimento decisamente raro in campo musicale, con ritmi di danza e temi popolari dai cinque continenti lanciati in una vorticosa girandola di esplosive situazioni sonore. Il duo ha ormai una lunga storia alle spalle: costituitosi nel 1997, fattosi conoscere attraverso dischi come Pasodoble, Paella & Norimaki e il più recente Domestic Rehearsals (2011), ha raccolto consensi in Europa, in Giappone e negli States.
Carlo Actis Dato, dai primi anni Settanta a oggi, oltre all’attività coi suoi variopinti gruppi, ha collaborato con nomi come Giorgio Gaslini, Gianluigi Trovesi, Andrea Centazzo, Enrico Rava, Paolo Fresu, Tony Oxley, Barre Phillips… Particolarmente rilevante è la sua partecipazione a gruppi come l’Italian Instabile Orchestra e il Sud Ensemble di Pino Minafra.
Enzo Rocco ha esperienze variegate, che oltre al jazz includono la musica contemporanea, la canzone d’autore, la musica popolare, per il teatro e per la danza. Tra i suoi gruppi, spicca il Tubatrio con Giancarlo Schiaffini ed Ettore Fioravanti.

In «If I Had My Way I’d’ve Been a Killer», i quattro artisti legati alla Compagnia Teatrale della Luna Crescente e al Combo Jazz Club rendono omaggio a Nina Simone sia come cantante tra le più significative della black music che come simbolo della lotta per i diritti civili degli afro-americani. Il clima culturale che legava Nina Simone a figure come Malcolm X, Miriam Makeba, Langston Hughes rivive in uno spettacolo che ripropone alcune delle sue canzoni più rappresentative, collocandole in un contesto teatrale che ricorre a video e testi in prosa.

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Domenica 7 aprile
Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00
“Dozza Jazz”
CARLO MAVER & GIANCARLO BIANCHETTI
Carlo Maver – bandoneon; Giancarlo Bianchetti – chitarra
CIRANDA QUARTET
presentazione Cd “Errante”
Letizia Magnani – voce; Michele Francesconi – pianoforte;
Gabriele Zanchini – fisarmonica; Roberto Rossi – batteria, percussioni

Ci sono musicisti che rimangono un po’ come gioielli nascosti nell’ombra: tale è il caso di Carlo Maver e Giancarlo Bianchetti, che in duo eseguono brani composti dal bandoneonista nei quali il tango percorre le vie del Medio Oriente.
Maver ha tratto profitto dalla sua indole di viaggiatore, travasando nella propria musica le sensazioni raccolte nel suo girovagare per paesi fuori dalle abituali rotte turistiche (Kurdistan, Mali, Uzbekistan, Albania, Afghanistan). La sua musica è fortemente legata alla componente melodica, avvolta dalle sonorità mediterranee e, soprattutto, impregnata di tango. Non per nulla Maver è stato allievo di Dino Saluzzi.
Bianchetti, chitarrista ma anche eccelso batterista, è musica allo stato puro: un infallibile senso del ritmo e un tuffo a corpo libero nel flusso delle linee musicali. Jazzisti ma anche celebrità del pop si rivolgono a lui come prima scelta: Vinicio Capossela, Patrizia Laquidara, Gianmaria Testa, Jack Walrath, Steve Grossman, Tony Scott, Marco Tamburini, Pietro Tonolo.

Il Ciranda Quartet da ben cinque anni propone il suo particolare percorso trasversale tra jazz, fado e choro: le tradizioni musicali di lingua portoghese della Lusitania e del Brasile (Chico Buarque, Edu Lobo, Egberto Gismonti, Guinga) riflesse nei ritmi afro-americani. Non mancano brani di autori italiani, comunque legati alle sonorità carioca, come dimostrato anche dal primo disco della band, Errante.

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Giovedì 11 aprile
Rimini, Teatro degli Atti, ore 21:15
FABRIZIO BOSSO & MARCO TAMBURINI QUINTET
Tributo a Woody Shaw
Fabrizio Bosso – tromba; Marco Tamburini – tromba;
Luca Mannutza – pianoforte; Stefano Senni – contrabbasso; Marco Valeri – batteria

In uno dei dischi più memorabili della sua ormai lunga discografia (Trumpet Legacy, 2006) Fabrizio Bosso aveva già fatto capire la sua affinità con l’eredità musicale di Woody Shaw, musicista tra i più fondamentali nel rinnovamento della tromba jazz in epoca post-boppistica. Bosso è del resto uno stilista incomparabile su un ampio spettro di stili, solitamente raggruppati per comodità sotto l’etichetta di mainstream. Se il suo controllo dell’intonazione e delle sfumature timbriche risplende nei momenti più swinganti, quando si tratta di spingere sull’acceleratore di pezzi come “Moontrane” (un classico di Shaw) allora esplodono le dinamiche più folgoranti e il meticoloso controllo del fraseggio su tempi a scapicollo.
Ma Trumpet Legacy torna in mente anche in virtù del particolare organico di questa band: un quintetto con due trombe. Allora Bosso era fiancheggiato da Flavio Boltro; ora c’è un altro maestro italiano dello strumento d’ottone: Marco Tamburini. Già affiancati nell’Italian Trumpet Summit, Bosso e Tamburini sono una garanzia di intesa nell’intreccio delle esposizioni tematiche e nella staffetta degli assolo, specialmente su un repertorio così in sintonia con la loro storia personale. Entrambi i trombettisti, pur attratti dai riflettori della musica commerciale (Tamburini ha messo le sue note al servizio delle canzoni di Raf, Vinicio Capossela, Jovanotti…), si sono comunque conquistati una fama di specialisti del mainstream moderno (qui il curriculum di Tamburini si fregia di collaborazioni con Eddie Henderson, Steve Coleman, Joe Lovano, Steve Lacy, Louis Hayes, Curtis Fuller, Slide Hampton, Gary Bartz, George Cables, Billy Hart…).

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Domenica 14 aprile
Imola (BO), Teatro dell’Osservanza, ore 21:15
ENRICO RAVA & PMJL Parco della Musica Jazz Lab
“Lester!”
Omaggio a Lester Bowie
Enrico Rava – tromba; Mauro Ottolini – trombone, arrangiamenti; Andrea Tofanelli – tromba;
Daniele Tittarelli – sax alto; Dan Kinzelman – sax tenore; Marcello Giannini – chitarra;
Franz Bazzani - tastiere; Giovanni Guidi – pianoforte;
Stefano Senni – contrabbasso; Zeno de Rossi – batteria

“Lester!” è il più recente progetto a tema ideato da quella che da alcuni anni è la formazione di grandi dimensioni più in vista del jazz italiano, il Parco della Musica Jazz Lab, creato e guidato da Enrico Rava. Dopo il successo del recente “We Want Michael”, i cui fantasiosi arrangiamenti firmati da Mauro Ottolini hanno attirato l’attenzione dell’ECM, che ha inciso e pubblicato il lavoro, la direzione musicale è stata nuovamente affidata al trombonista del gruppo. E se tra Rava e Lester Bowie, lo storico trombettista e co-fondatore dell’Art Ensemble Of Chicago, corre un evidente fil rouge stilistico, non meno sintonia pare esserci tra la musica di Bowie e le sonorità messe in campo dalla penna di Ottolini, coi loro colori rutilanti, gli innesti sorprendenti, gli impasti visionari.
La selezione del repertorio ha tra l’altro visto coinvolti anche Joe Bowie (fratello di Lester) e Isio Saba (manager italiano dell’AEOC). In scaletta sono presenti brani che ripercorrono le molteplici direzioni della carriera di Bowie: entrato nella storia del jazz dalla porta del free, il trombettista ha in verità percorso la musica afro-americana dalle sue accezioni più avanguardistiche e colte a quelle più popolari (blues, soul, funky, reggae). Il PMJL riporta alla luce brani che Bowie aveva scritto o arrangiato destinandoli a varie formazioni, dall’AEOC alla celebre Brass Fantasy, evidenziando i tratti più personali del loro autore: la pluralità dei linguaggi e la capacità di far convivere impegno e divertimento nella stessa battuta musicale.

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Lunedì 15 aprile
Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00
GIROTTO - SERVILLO - MANGALAVITE
Javier Girotto – sax soprano, sax baritono, clarinetto basso, flauti andini;
Peppe Servillo – voce; Natalio Mangalavite – pianoforte, tastiere, voce

Li abbiamo ascoltati nella scorsa edizione di Crossroads, occasione nella quale Girotto, Servillo e Mangalavite presentarono “Fútbol”: canzoni ricche di memorie calcistiche. Tornano ora, quasi per proseguire ai tempi supplementari questa eterna sfida pallonistica-musicale tra Italia e Argentina. Del resto i tre musicisti possono attingere a una miniera di canzoni che trovano spunto proprio dai legami di questi due paesi, dai rimandi tra le loro tradizioni musicali popolari, qui naturalmente inserite in un nuovo schema d’attacco, che aggiunge l’improvvisazione, elementi jazz e ricercatezze varie per mettere a segno il colpo vincente, quello che farà esultare il pubblico rilasciando tutta la tensione del match.
La fama della conturbante voce di Peppe Servillo è certo legata alla sua esperienza come front man degli Avion Travel, ma ormai lo si può considerare di casa anche sui palcoscenici jazzistici. Senza cercare di tramutarsi in un emulo della tradizione afro-americana, il cantante campano ha piuttosto trovato qui un terreno di grande efficacia espressiva per le mille sfumature teatrali della sua voce.
Javier Girotto e Natalio Mangalavite hanno portato il calore della musica argentina nel nostro paese, nel quale risiedono da ormai lungo tempo. Girotto, in particolare, l’ha introdotta nelle forme improvvisate del jazz, collaborando con Roberto Gatto, Enrico Rava, Paolo Fresu, Gianluca Petrella, Bebo Ferra e molti altri. Mangalavite invece ha frequentato a lungo il miglior pop nazionale (ha accompagnato per quasi quindici anni Ornella Vanoni), oltre che artisti come Paolo Fresu e Horacio ‘El Negro’ Hernandez.

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Venerdì 19 aprile
Lugo (RA), Teatro Rossini, ore 21:00
“Lugo Opera Festival”
CRISTINA ZAVALLONI & RADAR BAND
“La donna di cristallo”
Cristina Zavalloni – voce, composizione; Cristiano Arcelli – sax alto, arrangiamenti;
Fulvio Sigurtà – tromba; Michele Francesconi – pianoforte;
Daniele Mencarelli – basso elettrico; Alessandro Paternesi – batteria

Sofisticata nell’immagine come nella voce, non confinabile a un genere univoco: difficile porre un’etichetta sulla musica di Cristina Zavalloni. La cantante bolognese, ormai star internazionale, fa la spola tra la musica di ricerca extracolta, l’avanguardia storica e contemporanea e progetti che più si avvicinano ai modi del jazz senza però mai abbracciare completamente l’estetica afro-americana. Tant’è che la si può trovare sui palcoscenici di teatri come la Scala di Milano oltre che nei principali festival jazz del mondo.
Uno dei momenti salienti della sua ascesa nel panorama internazionale è stato il sodalizio con il compositore olandese Louis Andriessen, che per lei ha appositamente scritto numerose opere. Ma si sta distinguendo anche come interprete di Schoenberg e Britten oltre che del repertorio vocale barocco.
Dalle collaborazioni con orchestre sinfoniche e direttori di grande fama a quelle con il mandolinista brasiliano Hamilton de Holanda, Guinga, Gabriele Mirabassi e pure Jason Moran: nel suo eclettismo, la Zavalloni rivela un chiaro interesse anche per la musica popolare brasiliana.
Tra le sue molteplici creazioni, la Radar Band è il punto di massimo avvicinamento al jazz, come si evince dal cast strumentale che annovera alcuni dei più talentuosi musicisti nazionali. Le strutture sono sempre aperte all’imprevisto, la voce si spinge in giochi ritmici e fraseggi inconsueti, i temi sono tutt’altro che lineari. La più recente incisione discografica della Zavalloni è proprio con la Radar Band: La donna di cristallo (Egea, 2012).

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Sabato 20 aprile
Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00
MARIA PIA DE VITO
“So Right”
Omaggio a Joni Mitchell
Maria Pia De Vito – voce;
Julian Oliver Mazzariello – pianoforte; Enzo Pietropaoli – contrabbasso

Nella continua sfilata di progetti musicali destinati a durare una o poche stagioni (non sia detto per critica: la musica vive finché se ne scrive di nuova) ci sono alcune storie che invece durano nel tempo. Quella di “So Right” è una di queste. L’omaggio di Maria Pia De Vito alle canzoni di Joni Mitchell, probabilmente uno dei repertori più orecchiabili tra quelli proposti dalla cantante partenopea, fu consegnato al disco nel 2005 (su etichetta CAM) dopo che già da lungo tempo girava per le piazze festivaliere. Della band che originariamente accompagnava la De Vito in questo lavoro facevano parte Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli, oltre al guest Aldo Romano.
Per “So Right” la De Vito ha attinto canzoni principalmente da Blue, ma anche dagli album Hejira, Ladies Of The Canyon, Mingus, concentrandosi dunque sul decennio d’oro della folksinger canadese, gli anni Settanta. Ma la curiosità si è spinta sino a includere un cimelio moderno come “Harlem in Havana” (del 1998). Non mancano poi alcune canzoni originali firmate dai membri della prima formazione di “So Right”, in cui si percepiscono un amorevole omaggio e il rispetto stilistico nei confronti della Mitchell.
Se dobbiamo essere grati a Joni Mitchell per la musica che ci ha lasciato, nonché per il forte valore simbolico della sua attività sin dagli anni Sessanta, bisogna comunque ammettere che l’interpretazione della De Vito si distingue per una caratura vocale decisamente superiore.

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Domenica 21 aprile
Imola (BO), Teatro dell’Osservanza, ore 21:15
PAOLO FRESU BRASS BANG!
Paolo Fresu – tromba, flicorno, effetti;
Steven Bernstein – tromba, slide trumpet, effetti;
Gianluca Petrella – trombone, effetti; Marcus Rojas – tuba

Davanti all’incommensurabile numero di progetti, gruppi e collaborazioni cui ha dato vita, verrebbe da pensare che ormai Paolo Fresu le ha provate tutte. E invece no, state pur certi che presto se ne verrà fuori con un qualcosa che ancora manca al suo inesauribile curriculum. Intanto possiamo tornare a deliziarci con una piccola brass band che, con una minima sostituzione fonetica, si chiama Brass Bang!. Messa su alcuni anni fa sembra oggi ancora nuova come al suo primo apparire, anche perché non la si è ascoltata molto in giro.
Per la loro natura sonora, le formazioni di soli ottoni sono sempre qualcosa di appariscente, ma qui l’utilizzo del punto esclamativo non è certo casuale, visto che si incrociano gli strumenti di quattro musicisti ognuno spettacolare a modo suo. Tra i quattro, il leader Paolo Fresu si distingue per lo stile solistico più immaginifico, poetico, lirico, introspettivamente melodico. Il suono della sua tromba, prima ancora di articolarsi in linee musicali, è già di per sé bastante per ammaliare l’ascoltatore. Vengono poi i suoi sodali. Steven Bernstein è uno degli spiriti più liberi della scena downtown newyorkese: iconoclasta, elettrizzante, inarrestabile ‘surfista’ tra i più bizzarri repertori mai escogitati. Ci sono poi le due voci ‘basse’ del gruppo. Gianluca Petrella usa il trombone senza farsi tanti scrupoli dei limiti imposti a questo strumento dalla tradizione jazzistica. Semplicemente lo trasforma in una macchina sonora, riportando alla luce il fascino primordiale della sua timbrica. Il newyorkese Marcus Rojas è, a detta dello stesso Bernstein, l’uomo giusto per sostituire un’intera sezione ritmica con un solo strumento d’ottone. Che sia uno strumentista ad ‘alta gradazione’ lo hanno dimostrato le sue incursioni nei gruppi di John Zorn ed Henry Threadgill.

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Mercoledì 24 aprile
Piacenza, Conservatorio “G. Nicolini”, ore 21:15
“Piacenza Jazz Fest”
GONZALO RUBALCABA SOLO
Gonzalo Rubalcaba – pianoforte

Gonzalo Rubalcaba (L’Avana, 1963), dopo un lungo apprendistato nell’ambiente della musica cubana, viene ‘scoperto’ da Dizzy Gillespie nel 1985. L’anno seguente Charlie Haden lo introduce nel reame del jazz, inserendolo nel suo trio con Paul Motian e lanciandone così la carriera internazionale. Rubalcaba si impone immediatamente come pianista capace di coniugare l’universo latin e quello afro interpretandone al calor bianco sia gli aspetti più ritmici e viscerali che le atmosfere più liriche, con una tecnica il cui abbagliante virtuosismo non risulta mai invasivo e una raffinatezza di tocco e di sonorità da far invidia ai più celebrati pianisti classici. Immerso in qualunque contesto strumentale, il suono di Rubalcaba emerge sempre vividamente con la sua classe incomparabile; ma è la situazione in solitudine che permette di ascoltare in maniera rivelatoria la sua magnetica diteggiatura.
I complicati rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti hanno ritardato l’ingresso di Rubalcaba nel paese ‘ufficiale’ del jazz, dove comunque alla fine è riuscito a emigrare (e del resto già incideva per la Blue Note, sulla quale ha esordito figurando come leader nelle registrazioni live del trio con Haden e Motian).

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Sabato 27 aprile
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30
Crossroads & Ferrara in Jazz
 “Il Gioco del Mondo”
AVISHAI COHEN “TRIVENI” TRIO
Avishai Cohen – tromba; Omer Avital – contrabbasso; Iago Fernández Camaño – batteria
concerto inserito nel palinsesto della Fiera del Libro Ebraico in Italia

Badate bene, Avishai Cohen il trombettista e non il di lui omonimo contrabbassista. Fugata ogni possibile fonte di confusione, il nostro Cohen, nato e cresciuto in Israele, arriva negli Stati Uniti per studiare al Berklee College of Music di Boston (dopo una formazione iniziale in ambito classico). Rimane quindi negli States, muovendosi agilmente fra le attrattive di vari stili, dal jazz avanguardistico a quello ancora profumato di bop. La sua prima collaborazione jazzistica di rilievo fu con Bobby Hutcherson, ma è piuttosto nelle partnership con altri giovani della sua generazione che si forma la personalità musicale di Cohen. Pensiamo ai sodalizi con Aaron Goldberg, Jason Lindner, Omer Avital (che ritroviamo qui nel Triveni Trio) e ai 3 Cohens (con la sorella Anat Cohen e il fratello Yuval Cohen). Pur avendo ormai una sua ben definita carriera solistica (nel 2012 si è piazzato al primo posto nel Critics Poll di DownBeat come “Rising Star” dell’anno), Cohen prosegue anche la sua attività di sideman: di recente lo si è ascoltato al ‘servizio’ di Kenny Werner e Mark Turner, mentre è ormai di lunga data la sua presenza nelle fila della Mingus Big Band e della Mingus Dynasty.
Con già due dischi all’attivo (Introducing Triveni del 2010 e Triveni II del 2012), il trio di Cohen presenta, oltre a musiche originali del leader, brani di Dizzy Gillespie, Charles Mingus, Don Cherry e Ornette Coleman: materiali che preludono a esibizioni infuocate. Per Cohen questo trio è infatti un’occasione per prendersi una pausa dalla musica ampiamente scritta, dedicandosi piuttosto a un set in cui prevalgono le energie liberatorie dell’improvvisazione.

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Lunedì 29 aprile
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30
Crossroads & Ferrara in Jazz
 “Il Gioco del Mondo”
MIGUEL ZENÓN & LAURENT COQ “RAYUELA” QUARTET
Miguel Zenón – sax alto; Laurent Coq – pianoforte;
Dana Leong – violoncello, trombone; Dan Weiss – batteria, tablas

Il romanzo Rayuela (1963) dello scrittore argentino (naturalizzato francese) Julio Cortázar è la traccia narrativa sulla quale Miguel Zenón e Laurent Coq costruiscono una immaginifica serie di episodi musicali in cui l’ambientazione geografica del testo (tra Buenos Aires e Parigi) si riflette nella provenienza dei due musicisti: portoricano il sassofonista, francese il pianista.
Mentre continua ad affermarsi sulla scena internazionale come alfiere del mainstream dell’area newyorkese, parallelamente Miguel Zenón sottolinea sempre più il legame con la sua terra d’origine, Porto Rico, piuttosto che con quella d’emigrazione. In anni recenti tra un derivato del bop e l’altro, Zenón ha messo a segno una serie di affondi nella musica popolare dello stato caraibico, dal jibaro alla plena sino alla canzone portoricana: un viaggio way down home che ora, con “Rayuela”, allarga la propria visuale sulla musica latino-americana. Dal contralto di Zenón ci si aspetta tecnica inossidabile e acume intellettuale, mentre un senso di abbandono alla rêverie emerge dalle sue esplorazioni delle mille e una notte sudamericane. L’elemento musicale latino si incunea nelle strutture e nelle armonie jazzistiche con tale naturalezza che pare confondersi con esse.
La carriera del marsigliese Laurent Coq (classe 1970) si divide tra Parigi e New York. Dopo una formazione come pianista classico, si è reinventato come jazzista grazie anche agli studi con John Hicks, Mulgrew Miller e Bruce Barth. Dietro la peculiare strumentazione del quartetto “Rayuela” c’è evidentemente la sua passione per gli impasti sonori inconsueti (il suo trio francese è formato da pianoforte, sax tenore e viola).

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Martedì 30 aprile
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30
Crossroads & Ferrara in Jazz
 “Il Gioco del Mondo”
MINGUS DYNASTY
Philip Harper – tromba; Robin Eubanks – trombone;
Craig Handy – sax alto, sax soprano, flauto; Brandon Wright – sax tenore;
Jim Ridl – pianoforte; Boris Kozlov – contrabbasso; Adam Cruz – batteria
in occasione della Giornata Internazionale del Jazz Unesco

La Mingus Dynasty è la formazione che ha ufficialmente raccolto l’eredità musicale di Charles Mingus, figura colossale del jazz tra gli anni Cinquanta e Settanta: contrabbassista, compositore e uomo sempre sopra le righe, ha scosso con la sua pulsazione ritmica l’estetica musicale fuoriuscita dal bop, allargandone a dismisura i confini.
Creata poco dopo la morte del contrabbassista sotto l’egida di Sue Mingus, la vedova di Charles, la Mingus Dynasty ha riunito nelle sue fila i migliori collaboratori musicali di Mingus, divenendo la depositaria ufficiale di uno dei repertori più importanti della storia del jazz moderno. Nel corso del tempo ne hanno fatto parte artisti del calibro di Jimmy Owens, Randy Brecker, Jon Faddis, Jimmy Knepper, John Handy, Joe Farrell, David Murray, Clifford Jordan, Don Pullen, Sir Roland Hanna, Jaki Byard, Dannie Richmond, Billy Hart, Kenny Washington, Charlie Haden, Reggie Johnson, Reggie Workman, Richard Davis… Pur nel continuo mutare dei musicisti che la costituiscono, la Mingus Dynasty è una garanzia di eccezionalità esecutiva: l’espressività delle sue esibizioni è sempre pienamente in sintonia con l’immagine debordante del suo nume tutelare.
Sulle basi della Mingus Dynasty, a partire dal 1991, si è poi sviluppato il più ampio organico della Mingus Big Band.

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Venerdì 3 maggio
Ravenna, Teatro Rasi, ore 10-13, ore 15-18
“Ravenna Jazz”
 “Mister Jazz”
WORKSHOP di canto con RACHEL GOULD
“Jazz phrasing for singers”

Difficile pensare a un nome più autorevole nel campo della didattica jazzistica a livello europeo, per quanto riguarda specificamente il canto. Rachel Gould (nata a Camden, New Jersey, nel 1953), pur avendo sempre continuato l’attività concertistica, che l’ha vista sin dai primi anni Settanta al fianco di nomi come Chet Baker, Dave Liebman, Art Farmer, Woody Herman, oltre che Sal Nistico (che fu suo marito), si è infatti imposta anche come una inestimabile insegnante. La stessa sensibilità e autorevolezza che dimostra come interprete di jazz songs si ritrovano infatti nel suo lavoro di formazione con gli allievi: di particolare rilievo sono stati i suoi corsi alla Musikhochschule di Colonia, al Conservatorio di Maastricht, alla Swiss Jazz School di Berna, alla Modelversuch di Amburgo, all’International Jazz Clinics di Tübingen, all’Università di Magonza, alla Remscheid Jazz Clinic e in molti altri seminari, sia per voce solista che per coro. Dal 1991 insegna stabilmente al Conservatorio dell’Aia, in Olanda, dove si è trasferita dopo la scomparsa di Sal Nistico.

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Sabato 4 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
CHUCHO VALDÉS & THE AFRO-CUBAN MESSENGERS

Chucho Valdés – pianoforte;
Gastón Joya – contrabbasso; Rodney Barreto – batteria;
Yaroldy Abreu – percussioni; Dreiser Durruthy – tamburi batà, voce;
Reynaldo Melián – tromba; Mayra Caridad Valdés – voce

Essere considerato uno dei pianisti più rappresentativi di un’isola celebre per una scuola pianistica che sforna in gran quantità campioni di questo strumento non è cosa da poco. Chucho Valdés, nato a Cuba nel 1941, condivide oggi questo primato con un altro tastierista, ospite pochi giorni fa del cartellone di Crossroads: Gonzalo Rubalcaba.
Figlio di un altro pianista che ha segnato la storia della musica cubana, Bebo Valdés, Chucho non fa in tempo a uscire dalla culla che già posa le mani sul pianoforte, dimostrando una rara e innata predisposizione. La sua formazione inizia all’età di tre anni e appena adolescente già si esibisce da professionista, mentre studia al conservatorio de L’Avana. Tra le sue prime collaborazioni spiccano due nomi destinati a loro volta a raggiungere una fama internazionale, quelli di Arturo Sandoval e Paquito D’Rivera.
Nel 1973 la sua predilezione per il jazz e la continua ricerca di una commistione tra la musica afro-americana e quella cubana lo portano a fondare il gruppo Irakere, considerato ancora oggi una delle band di latin jazz più famose in assoluto. Per esplorare nuove direzioni della miscela latin jazz, Valdés ha creato nel 2009 una nuova formazione, gli Afro-Cuban Messengers. Con questa band ha vinto il più recente dei numerosi Grammy della sua carriera, assegnato al disco Chucho’s Steps (2011).

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Domenica 5 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
PHAROAH SANDERS QUARTET
“The Creator Has a Master Plan”
Pharoah Sanders – sax tenore;
William Henderson – pianoforte; Oliver Hayhurst – contrabbasso;
Gene Calderazzo – batteria

Il faraone dei sassofonisti jazz, per la portata storica della sua carriera e per anagramma del suo nome d’arte (coniato da Sun Ra, che fu suo band leader nei primi anni Sessanta). Ascoltare oggi Pharoah Sanders (il cui vero nome di battesimo è Farrell; nato a Little Rock nel 1940) è come percepire l’eco delle ultime formazioni di John Coltrane. Perché è proprio da lì che prese definitivamente forma il suono sciamanico del tenore di Sanders: un secondo sax tenore al fianco di quello di Coltrane, roba da non crederci. E invece era l’inizio di quell’impennata stilistica che portò il free jazz a tingersi di bagliori mistici, negli ultimi dischi (Ascension, Meditations, Kulu Sé Mama…) e anni di vita di Coltrane. Da quel punto Sanders proseguì collaborando con Alice Coltrane, Don Cherry, la Jazz Composer’s Orchestra ma soprattutto inaugurando una carriera da leader immortalata inizialmente in numerosi album per l’etichetta Impulse!: veri cimeli del periodo d’oro del free jazz. Sul più noto di essi, Karma (1969), apparve il brano “The Creator Has a Master Plan”, un tema di tale presa da entrare poi nel repertorio di vari altri musicisti, incluso, agli antipodi stilistici, Louis Armstrong.
Oggi, senza aver perso la forza graffiante delle sue origini, Sanders conserva l’impeto del free riportandolo nell’alveo della tradizione jazzistica afro-americana.

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Lunedì 6 maggio
Ravenna, Teatro Rasi, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
FRANCO AMBROSETTI - URI CAINE - FURIO DI CASTRI
“From Bach to Miles and Trane”
Franco Ambrosetti – tromba, flicorno;
Uri Caine – pianoforte; Furio Di Castri – contrabbasso

Franco Ambrosetti, con mossa allora sorprendente, alcuni anni fa mise assieme un nuovo gruppo. Anzi, prese di peso il trio di Uri Caine e lo adottò come sezione ritmica del suo The Wind (Enja, 2008). Ora il trombettista svizzero e il pianista di Philadelphia confermano quella co-leadership e coinvolgono uno dei migliori bassisti italiani, Furio Di Castri. Il gruppo, un trio senza batteria, cambia decisamente fisionomia rispetto al precedente e così anche la musica, che tende al panteismo dell’improvvisazione. Cerca cioè di rendere ben percepibile all’ascoltatore l’arco che unisce i giri di accordi del jazz novecentesco alle cifrature armoniche della musica barocca, aperte all’apporto estemporaneo dell’interprete come non sarebbe più avvenuto nella musica colta dei secoli a seguire. Una situazione tra l’altro particolarmente congeniale per Uri Caine, che sulle rivisitazioni moderniste del repertorio classico ha costruito la sua fama planetaria.
Il progetto “From Bach to Miles and Trane” prende le mosse dalle Variazioni Goldberg, procede su altri temi bachiani per raggiungere infine le composizioni di Miles Davis e John Coltrane, oltre che di altri jazzisti comunque sotto l’influsso della loro estetica. Ambrosetti sottolinea che tutto ciò non ha nulla a che fare con la ripetizione letterale delle pagine di Bach con l’aggiunta di un andamento swing (ovvero con la ricetta di Jacques Loussier): qui si tratta di porre in luce gli stretti legami tra due momenti fondamentali della musica occidentale, distanti ben tre secoli uno dall’altro ma basati entrambi sull’improvvisazione tematica e armonica. Ne scaturisce una musica magniloquente ed energica, monumentale e appassionante.

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Martedì 7 maggio
Ravenna, Sala Piazza Rinascita (ex Strocchi), ore 21:30
“Ravenna 40° Jazz Club”
MATTIA CIGALINI QUARTET “Beyond”
Mattia Cigalini – sax alto; Bebo Ferra – chitarra, effetti;
Riccardo Fioravanti – basso, effetti; Stefano Bagnoli – batteria

Mattia Cigalini (nato nel 1989) è probabilmente la più stupefacente nuova rivelazione del jazz italiano: potenza di suono, fraseggio avviluppante, timbrica smaltata, espressività al calor bianco, una capacità comunicativa che si traduce, per chi l’ascolta, in un immediato rapimento dei sensi.
Rispetto ai primi passi sulla scia della tradizione afro-americana, Cigalini ha poi deciso di andare oltre, aprendosi a sonorità e strutture più moderne, ben distanti dall’idea jazz di tradizione bop. Così si è rivolto ai climi coltraniani (documentati sull’album Res Nova) e ora con un balzo verso l’attualità firma Beyond (appena pubblicato dalla CAM Jazz), disco nel quale affronta il repertorio pop contemporaneo: brani portati al successo da Shakira, Jennifer Lopez, Rihanna, Black Eyed Peas, Katy Perry e Lady Gaga, oltre ad alcuni originali dello stesso Cigalini. Per lasciare campo libero alla migliore improvvisazione jazz in fondo basta un bel tema (e qui ce ne sono in quantità) e un po’ di sapore armonico: così, rispettando le melodie originali di queste canzoni, il gruppo di Cigalini rinnova le loro sonorità, rendendole accattivanti, talvolta psichedeliche, con ritmi incalzanti e a tratti decisamente rock.


Mercoledì 8 maggio
Lido Adriano (RA), Cisim
“Ravenna 40° Jazz Club”
ore 10-13, ore 15-17
“Mister Jazz”
WORKSHOP di human beatbox con ALIEN DEE
“The Alien Beatbox”
ore 21:30
ALIEN DEE Live
human beatbox
GIANLUCA PETRELLA DJ-set
trombone, live electronics

Una notte di trasgressioni sonore, prima con il beatboxer Alien Dee poi con Gianluca Petrella in versione DJ set.
Petrella da solo: non come membro di una delle numerose band di punta del jazz italiano di cui fa parte (prime fra tutte quelle di Enrico Rava) né alla testa di uno dei suoi gruppi (come la futuristica Cosmic Band). Da solo in scena, lui e il suo trombone, oltre alle tecnologie del live electronics: un set di improvvisazione, un caleidoscopio di manipolazioni attraverso le quali Petrella dimostrerà che per creare grooves e sonorità underground non serve necessariamente manovrare un giradischi.
Pioniere del beatboxing, Alien Dee ne è tra i principali esponenti a livello internazionale. Perfezionista nello sviluppo della tecnica imitativa degli strumenti, legato all’estetica jazz per quanto riguarda le sonorità e la pratica dell’improvvisazione, Alien Dee ha iniziato a ‘suonare senza strumento’ nel 2001, allenandosi in questa particolare disciplina, sorta all’interno della cultura hip hop per far fronte alla necessità di avere sempre musica a portata di mano quando si tratta di ballare in strada (breakdance) o quando si improvvisano rime (rap). Così, in assenza di strumenti e anche di mezzi per riprodurre musica pre-registrata, il beatboxer utilizza la voce e il proprio corpo per creare ritmi e suoni, in particolar modo imitando il beat delle percussioni e il fraseggio degli strumenti melodici.

Giovedì 9 maggio
Ravenna, Sala Piazza Rinascita (ex Strocchi), ore 21:30
 “Ravenna 40° Jazz Club”
ROSARIO GIULIANI “IMAGES”
Rosario Giuliani – sax; Roberto Tarenzi – pianoforte; Joe Locke – vibrafono;
Darryl Hall – contrabbasso; Joe La Barbera – batteria

Dopo diversi dischi per case discografiche italiane, nel 2000 Rosario Giuliani (nato a Terracina nel 1967) firma con l’etichetta francese Dreyfus e da quel momento sforna una serie di album che hanno segnato indelebilmente il jazz europeo: da Luggage a Mr. Dodo, More Than Ever, Anything Else, Lennie’s Pennies. Ora è la volta di Images, l’ultimo arrivato di questa ispirata sequenza: un programma musicale completamente composto dal sassofonista (prendendo spunto da alcune fotografie scattate nel corso dei suoi viaggi in giro per il mondo) ed eseguito con una band da sogno. In studio, Images vede confluire il virtuosismo di John Patitucci al contrabbasso, Joe Locke, Joe La Barbera e Roberto Tarenzi, mentre dal vivo al posto di Patitucci troviamo Darryl Hall: un gruppo che si esprime in maniera corale, data la forte personalità di ognuno dei suoi membri.
Giuliani ha mostrato un talento precoce, impostato sul modello parkeriano, rapidamente riconosciuto a livello internazionale da premi come il “Massimo Urbani” (1996), lo Europe Jazz Contest (1997) e il Top Jazz 2000 come “miglior nuovo talento italiano” (in seguito anche come “miglior sassofonista”: 2010). Itinerante tra Italia e Francia, Giuliani ha sempre avuto orizzonti internazionali nelle sue collaborazioni: Charlie Haden, Gonzalo Rubalcaba, Phil Woods, Cedar Walton, Joey Baron, Biréli Lagrène, Richard Galliano, Martial Solal, Enrico Pieranunzi, Enrico Rava, Franco D’Andrea…

Venerdì 10 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
GINO PAOLI & DANILO REA
“Due come noi che…”
Gino Paoli – voce; Danilo Rea – pianoforte

Tutto sembra ancora fresco come la prima volta, eppure è ormai di lunga data il flirt tra Gino Paoli e il jazz. In particolare, seguendo il percorso della collaborazione con Danilo Rea si risale indietro di quasi una decina d’anni, quando Paoli si lanciò in “Un incontro di jazz”, progetto di enorme successo che lo vedeva accompagnato dal quintetto di Enrico Rava (appunto con Rea al pianoforte). Documentata anche su disco (Milestones, 2007, su etichetta Blue Note) la jazz band di Gino Paoli ha poi affrontato un avvicendamento nell’organico, con l’entrata di Flavio Boltro al posto di Rava. È con questa aggiornata line up che Paoli ha firmato il disco Auditorium Recording Studio (2011).
Ora questa lunga e fortunata esperienza si rapprende nella formula del duo voce e pianoforte, che pone sotto i riflettori le magistrali doti di interpreti di entrambi questi musicisti. “Due come noi che…”, già documentato anche su Cd (Parco della Musica, 2012), sfoggia una scaletta che spazia dai memorabili temi firmati da Paoli a grandi successi della canzone d’autore italiana e internazionale, sino a sorprendenti affondi nel repertorio napoletano. Per Rea è un’occasione in più per sottolineare la sua duplice vocazione di pianista dallo swing fiammante e dal tocco lirico incantatorio. Per Paoli sarà invece come sfogliare un album di famiglia, con le sue indimenticabili canzoni (“Il cielo in una stanza”, “La gatta”…) affiancate a quelle dei cantautori genovesi, che per lui sono stati gli amici di una vita: Fabrizio De André, Umberto Bindi, Luigi Tenco, Bruno Lauzi.

Sabato 11 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
 “Microlezioni di Jazz”
PAOLO FRESU & MARTUX_M
jazz sounds, words & images
Paolo Fresu – tromba, effetti; martux_m – elettronica
Filippo Bianchi – voce narrante
testi a cura di Filippo Bianchi - immagini a cura di Pier Paolo Pitacco
video di Filippo Bianchi, realizzazione di Enzo Varriale
(dal libro 101 microlezioni di Jazz, 22publishing editore, 2011)
produzione originale i-jazz

Creata lo scorso anno, la versione live del libro 101 microlezioni di Jazz di Filippo Bianchi, mente tra le più creative e immaginifiche del giornalismo e dell’organizzazione musicale italiani, mantiene ancora oggi le premesse che erano evidenti nei concerti della sua prima tournée, che toccò tra l’altro anche Crossroads, ovvero quelle di una musica mai fissata una volta per tutte ma sempre pronta a riplasmarsi in forma di libere associazioni con la parte visiva dello spettacolo. Così, se il gruppo originariamente convocato per musicare le “Microlezioni di Jazz” (Paolo Fresu, Roswell Rudd, Danilo Rea, martux_m) mutava di sera in sera le carte in tavola, non sorprende che poi si sia giocato a rimescolare anche gli artisti sul palco, senza interferire con la qualità degli esiti musicali.
Toccherà ora ai soli Paolo Fresu e martux_m tradurre in suono le tavole illustrate da Pier Paolo Pitacco con le massime e gli aforismi raccolti da Filippo Bianchi, che in essi sintetizza la storia del jazz non semplicemente nella sua estetica ma anche nella sua portata sociologica e culturale in senso lato.
Mentre le videoproiezioni creano una scenografia in movimento, Fresu e martux_m avranno modo di muoversi in uno stimolante connubio di acustica ed elettronica. Fresu, da sempre accuratamente attento alla componente timbrica del suo strumento, ha sviluppato una serie di sonorità talmente personali da renderlo immediatamente riconoscibile: dall’uso della sordina all’effetto soffiato, all’impiego degli effetti. Troverà ora al suo fianco le manipolazioni elettroniche di martux_m, coi loro beat incalzanti oppure dall’aspetto avvolgente come una ragnatela e le sonorità capaci di trascolorare dall’industriale all’onirico: un contraltare elettronico ideale al sound di Fresu.

Domenica 12 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00
“Ravenna Jazz”
JOSHUA REDMAN QUARTET
Joshua Redman – sax tenore, sax soprano; Aaron Goldberg – pianoforte;
Reuben Rogers – contrabbasso; Gregory Hutchinson – batteria

Joshua Redman (nato nel 1969 a Berkley, California) iniziò a farsi notare nel mondo del jazz nei primi anni Novanta. All’epoca lo aiutò l’essere il figlio del celeberrimo sassofonista Dewey Redman. Ma prima che questo vantaggio si trasformasse in un’ombra onnipresente, Joshua sviluppò uno stile tutto suo, fortemente legato alla tradizione, con un senso infallibile per la costruzione melodica, iniziando un’inarrestabile ascesa artistica.
Il suo trampolino di lancio fu la Thelonious Monk Competition, che vinse nel 1991. Da quel momento la gavetta fu breve, e presto Redman poté mostrarsi a capo di propri gruppi (tanto per farsi un’idea, la sua prima band stabile annoverava Brad Mehldau, Christian McBride e Brian Blade, tutti destinati al successo che ora sappiamo).
Dopo numerosi dischi pubblicati per le etichette del gruppo Warner e collaborazioni con Ray Brown, Dave Brubeck, Chick Corea, Jack DeJohnette, Bill Frisell, Charlie Haden, Herbie Hancock, Milt Jackson, Elvin Jones, Quincy Jones, Pat Metheny e innumerevoli altri artisti (anche classici e rock: su tutti i Rolling Stones), oggi Redman è tra i tenorsassofonisti più ammirati del panorama internazionale. Assieme a Brad Mehldau (col quale tra l’altro collabora anche in duo), lo si può anzi considerare uno dei musicisti più rilevanti tra quelli emersi nel corso degli anni Novanta.

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Giovedì 16 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio Jazz”
AREA International Popular Group - Tour 2013
Patrizio Fariselli – pianoforte, synth; Paolo Tofani – Trikanta Veena, live electronics;
Ares Tavolazzi – basso el.; Walter Paoli – batteria

In un’epoca di sequel cinematografici, perché la musica non dovrebbe fare altrettanto? E infatti, non mancano le band che, apparentemente messe in liquidazione, tornano a calcare le scene. Il rock è pieno di tali esempi, il jazz un po’ meno, ma si avvantaggia del fatto che l’avanzamento anagrafico di solito comporta una maturazione dei contenuti, laddove nella musica commerciale rischia di produrre tutt’al più risultati di immagine grotteschi.
Ed eccoci dunque al Tour 2013 degli Area, una band feticcio del jazz rock italiano, con riflessi progressive, degli anni Settanta. Della band originaria rimangono tre esponenti: Patrizio Fariselli, Paolo Tofani e Ares Tavolazzi, essendo col tempo venuti a mancare Demetrio Stratos e Giulio Capiozzo. Se alla batteria si è aggiunto Walter Paoli, la band ha invece preferito rinunciare a un nuovo cantante.
Trent’anni ci separano dalle ultime prove degli storici Area (scioltisi nel 1983), mentre la formazione attualmente ricostituita (nel 2009) è la seconda reunion, essendoci stata una parentesi di attività alla fine degli anni Novanta. Quel che si ascolta oggi non è un fenomeno di revival: ci sono sì brani che appartengono al passato del gruppo, ma anche molti materiali nuovi. Soprattutto, il taglio musicale non è affatto nostalgico, anzi: riappropriandosi di uno dei tratti fondamentali degli Area (la sintesi tra stili e linguaggi esistenti sommata alla capacità di precorrere i tempi), l’attuale band offre una miscela dal sapore affatto nuovo di rock, sonorità elettroniche e sperimentali, influssi world, jazz.




Venerdì 17 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio Jazz”
“Carta Bianca a Enrico Zanisi”
FRANCESCO PONTICELLI QUARTET
Dan Kinzelman - sax tenore, clarinetti; Enrico Zanisi – pianoforte;
Francesco Ponticelli – contrabbasso; Enrico Morello – batteria

Tre giorni e quattro concerti per la Carta Bianca al giovanissimo (classe 1990) Enrico Zanisi, il nuovo fenomeno italiano del piano jazz, che possiamo ascoltare in questa prima occasione come sideman nel quartetto di Francesco Ponticelli. Questo gruppo è infatti una collezione di giovani talenti del jazz italiano (considerato che lo statunitense Kinzelman è ormai stabilmente accasato nel nostro paese), un manipolo di nuove leve che hanno saputo emergere sulla scena nazionale affiancando musicisti già ampiamente affermati, rimarcando poi la propria individualità con la creazione di progetti da leader.
Nato nel 1983, Francesco Ponticelli affronta la musica inizialmente come chitarrista per poi passare al basso elettrico e infine al contrabbasso. L’incontro col jazz avviene verso i sedici anni e la sua formazione si svolge nell’orbita di Siena Jazz e poi dal vivo con Stefano Cantini, Mirko Guerrini, Nico Gori. La sua grande occasione giunge nel 2005, quando Enrico Rava lo convoca per il suo quintetto New Generation (lo si ascolta sul Cd che il gruppo ha inciso per la collana “Jazz Italiano Live” di la Repubblica/L’Espresso). Dal 2006 viene saltuariamente chiamato da Rava anche a far parte del suo quintetto principale, in sostituzione di Rosario Bonaccorso.
Pur avendo avviato una sua attività solistica come leader, Ponticelli saggiamente non trascura gli inviti provenienti da altri gruppi: entra così a far parte della Cosmic Band di Gianluca Petrella, del trio di Fabrizio Sferra, oltre che del trio e del quartetto di Giovanni Guidi. Contemporaneamente allarga le sue esperienze anche nel campo delle collaborazioni internazionali suonando con Roswell Rudd, Matt Renzi, Kevin Harris…




Sabato 18 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio Jazz”
 “Carta Bianca a Enrico Zanisi”
ENRICO ZANISI TRIO
Enrico Zanisi – pianoforte; Joe Rehmer – contrabbasso; Alessandro Paternesi – batteria

Enrico Zanisi, romano, ventidue anni e poco più: vederlo inclinato sulla tastiera fa pensare a un Bill Evans (e sentendolo alle prese con una ballad il paragone non è peregrino) o a un Brad Mehldau (che del resto cita come sua principale fonte di ispirazione).
La vittoria del Top Jazz 2012 come “miglior nuovo talento” del jazz italiano non è che l’ennesimo riconoscimento di una carriera che in breve tempo ha preso un incredibile slancio: Zanisi si è aggiudicato anche il premio del pubblico al Concorso Nazionale per Nuovi Talenti del Jazz Italiano Chicco Bettinardi (Piacenza) e il Vittoria Rotary Jazz Award (indetto dal celebre sassofonista Francesco Cafiso), oltre ad aver ottenuto una borsa di studio per frequentare la Berklee di Boston, dove ha potuto studiare con Kenny Werner, Marvin Stamm, Joey Calderazzo, Phil Markowitz, Larry Grenadier…
Il recente Cd in trio con Joe Rehmer e Alessandro Paternesi (Life Variations, 2012, CAM Jazz) è il biglietto da visita che lo ha definitivamente consacrato: lirismo e swing istintivi, una tavolozza espressiva di una maturità impensabile per un ventenne. Ma eloquente era già il suo disco d’esordio (Quasi troppo serio, 2008), in cui si distinguevano la profondità delle sue composizioni e la curiosità verso un repertorio che si allargava da Robert Schumann a Burt Bacharach, focalizzandosi anche sugli standard.
Oltre a guidare il proprio trio, Zanisi vanta già collaborazioni con Giovanni Tommaso (negli Apogeo), Stefano Di Battista, Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Francesco Cafiso, Sheila Jordan, David Liebman, Andy Sheppard…




Domenica 19 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli
“Correggio Jazz”
 “Carta Bianca a Enrico Zanisi”
ore 11:00
ENRICO ZANISI SOLO
Enrico Zanisi – pianoforte
ore 21:00
ALESSANDRO PATERNESI P.O.V. QUINTET
Simone La Maida – sassofoni; Francesco Diodati – chitarra el.; Enrico Zanisi – pianoforte;
Gabriele Evangelista – contrabbasso; Alessandro Paternesi – batteria

Negli ultimi anni un’imponente ondata di nuovi musicisti si sta affacciando sulla scena jazzistica italiana, lasciando chiaramente intuire che si tratta di giovani leve già pronte a dire la loro in fatto di musica. Di questa nouvelle vague nostrana fa certamente parte anche Alessandro Paternesi, batterista di Fabriano, classe 1983. Con in mano un diploma di conservatorio in percussioni, Paternesi inizia a voltare pagina affiancando allo studio dei classici quello dei beat afro-americani, dapprima sotto la guida di Massimo Manzi e poi anche di Roberto Gatto, Jimmy Cobb, Jeff ‘Tain’ Watts, Ettore Fioravanti. Il jazz prende poi il sopravvento nella sua attività, come dimostrano, negli ultimi anni, le collaborazioni con Cyro Baptista, Paul McCandless, Michael Rosen, Francesco Bearzatti, Enrico Rava, Stefano Di Battista, Giovanni Falzone, Javier Girotto, Gabriele Mirabassi, Danilo Rea, Franco Cerri, Maria Pia De Vito…
Il quintetto P.O.V., ovvero Point Of View (di cui nel 2012 è uscito il primo disco: Dedicato), ha il pregio di riunire i primi tre classificati al Top Jazz 2012 nella categoria “miglior nuovo talento italiano”: nell’ordine sul podio, Zanisi, Diodati e Paternesi. La musica ideata dal batterista si appropria della sua formazione classica, che dà una forte impronta allo stile compositivo, calandola in un contesto di jazz contemporaneo ritmicamente modernista, oltre che attraversato da influssi rock.

A completamento di una tre giorni di musica che ha visto Enrico Zanisi protagonista di varie situazioni sia da leader che da sideman, il giovane pianista si presenterà anche nel più personale dei contesti, quello del piano solo, in una esibizione mattutina.




Lunedì 20 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio Jazz”
FRANCESCO DIODATI “NEKO”
Francesco Diodati – chitarra el.; Francesco Bigoni – sax tenore;
Francesco Ponticelli – contrabbasso; Ermanno Baron – batteria

Neko, in giapponese, è il gatto porta fortuna che fa il gesto di chiamare verso di sé. Ma nel gergo musicale, i cats sono “quelli che suonano la musica jazz”, un termine amichevole e confidenziale con cui ci si appella tra sodali di musica. Non stupisce quindi che sotto questo nome Francesco Diodati (nato a Roma nel 1983) abbia raccolto al suo cospetto un gruppo di amici per dare vita a una musica che non conosce pregiudizi stilistici. I cats di Diodati sono alcuni dei giovani jazzisti italiani che più si stanno mettendo in mostra sia in patria che all’estero (pensiamo soprattutto a Bigoni, ormai residente in Danimarca).
I due dischi che la band ha inciso per l’etichetta Auand (Purple Bra, 2010, e Need Something Strong, 2012) hanno messo in luce una musica graffiante, dalle sonorità futuristiche, i ritmi scheggiati, gli spazi sonori tappezzati dall’elettronica: davanti a questi ascolti visionari, non stupisce che Diodati si stia facendo largo ben al di là della scena italiana. La sua musica è infatti ormai di casa anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, mentre l’intervento della sua chitarra è stato richiesto da artisti del calibro di Bobby Previte, Jim Black ed Enrico Rava.




Martedì 21 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio Jazz”
EL PORTAL
Nolan Lem – sax tenore; Rainer Davies – chitarra el.;
Paul Bedal – Fender Rhodes; Joe Rehmer – contrabbasso; Dion Keith Kerr IV – batteria

Il quintetto El Portal nasce in circostanze cataclismatiche: a Miami nell’autunno del 2006, quando i membri della formazione si ritrovano barricati in un’abitazione con le finestre blindate per far fronte a un uragano. I cinque musicisti si promisero di formare una band se fossero usciti illesi da quella situazione. Per fortuna di tutti, il gruppo fu presto fatto e chiamato El Portal, in riferimento al sobborgo della contea di Miami-Dade. Sin dalla sua origine, El Portal ha quindi a che fare con un’energia devastante alla quale si aggiungono le variegate esperienze dei suoi membri. Plasmata da una simile genesi, la musica non poteva che essere ritmicamente impetuosa, melodicamente impulsiva, timbricamente ricercata, caratterizzata da cambiamenti repentini di metro e registro, vagamente ispirata da quella forza della natura jazzistica che fu Charles Mingus.
Il passare del tempo ha poi disperso i cinque musicisti in varie zone degli Stati Uniti, oltre che in Italia, dove si è trasferito Joe Rehmer. Ma l’esperienza era stata troppo stimolante per non ritentarla, ed eccoli dunque di nuovo assieme, questa volta anche con un disco all’attivo: New Trophy (2011, CAM Jazz).




Venerdì 24 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio Jazz”
MAURO OTTOLINI SOUSAPHONIX
“Bix Factor”
Mauro Ottolini – trombone, sousaphone, voce;
Vanessa Tagliabue Yorke – voce; Stephanie Ocean Ghizzoni – voce, riti voodoo;
Vincenzo Vasi – voce, theremin, strumenti giocattolo; Paolo Degiuli – cornetta;
Guido Bombardieri – clarinetto, sax alto; Dan Kinzelman – sax tenore, clarinetto, clarinetto basso;
Paolo Botti – viola, dobro; Enrico Terragnoli – banjo, chitarra, podofono;
Franz Bazzani – pianoforte, armonio liturgico a pedali Galvan;
Danilo Gallo – contrabbasso; Zeno de Rossi – batteria

Da anni sul punto di esplodere come fenomeno del jazz italiano, Mauro Ottolini sembra ora raccogliere tutti d’un colpo i riconoscimenti che da tempo gli erano dovuti. Nel più recente referendum Top Jazz si è aggiudicato il titolo di “miglior musicista italiano dell’anno”, sorpassando i ‘mostri sacri’ del nostro jazz che da anni si rimpallavano uno con l’altro questo titolo. Oltre che come solista e leader dei Sousaphonix (il cui Bix Factor è sul podio dei dischi premiati al Top Jazz), Ottolini è finito sotto i riflettori del referendum di Musica Jazz anche per le sue collaborazioni con le band più rilevanti di questo periodo (trio e sestetto di Franco D’Andrea, Parco della Musica Jazz Lab di Enrico Rava, dei cui due ultimi progetti è anche direttore musicale).
Stilisticamente, Ottolini può sembrare votato alla più ampia versatilità (dal jazz con un piede sempre avanti nel futuro dei suoi gruppi, alla musica colta, ai grandi nomi della musica popolare: negli ultimi tempi ha suonato e arrangiato per Vinicio Capossela, Malika Ayane, i Negramaro). Ma nella vastità della sua produzione musicale (la velocità con cui riesce a ideare, comporre, mettere assieme band e repertori lascia sbalorditi) si ritrovano due ingredienti che sono come delle basi imprescindibili: il jazz ‘tradizionale’ di New Orleans e l’avanguardia, chicagoana o europea che sia. Saltando a piedi pari il bop e tutti i suoi derivati, Ottolini ha saputo ricreare un legame tra l’attualità e l’antichità del jazz, facendone scaturire una musica che suona futuristicamente nuova eppure al contempo amichevolmente ‘vecchia’.
Il gruppo Sousaphonix, pur con già molti anni di attività alle spalle, si è improvvisamente rivelato come un’orchestra delle meraviglie: i suoi ultimi due dischi (The Sky Above Braddock e Bix Factor) sono grandi affreschi sonori, con un sound dirompente che parte dalle polifonie di New Orleans e da lì, per successive rivoluzioni, ingloba rock psichedelico, serenate swing, cantautorato underground.



Sabato 25 maggio

Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00
“Correggio Jazz”
ENZO PIETROPAOLI YATRA QUARTET
Enzo Pietropaoli – contrabbasso;
Fulvio Sigurtà – tromba; Julian Oliver Mazzariello – pianoforte;
Alessandro Paternesi – batteria

Yatra, ovvero ‘pellegrinaggio verso un luogo sacro’ (per gli Indù). Non che Enzo Pietropaoli abbia fatto rotta verso qualche santuario indiano, ma il passo compiuto con la costituzione di questo quartetto non è comunque da poco: dopo una carriera lunga e ricca di onori, iniziata nel 1975 con quel Trio di Roma che sarebbe diventato una delle formazioni storiche del jazz italiano (con Rea e Gatto), il bassista con questo nuovo gruppo si presenta per la prima volta in veste di leader.
Nonostante la sua nascita recente (2011), il quartetto Yatra ha già all’attivo un paio di dischi, che evidenziano la personale via della musica del contrabbassista, qui spesso anche in veste di compositore: una sorta di classicismo jazz ben contestualizzato nel presente ed entro il quale confluiscono con perfetta assimilazione stilistica i vari interessi del leader (musica etnica, classica, pop).
Enzo Pietropaoli (nato a Genova nel 1955 ma a tutti gli effetti musicista della scuola romana, essendosi trasferito nella capitale sin da bambino) è stato la colonna portante di alcune delle più celebri formazioni del jazz italiano: Space Jazz Trio di Enrico Pieranunzi, Lingomania di Maurizio Giammarco, Doctor 3 (di cui è stato co-leader con Rea e Sferra), varie band di Enrico Rava. Ma ha accompagnato nomi celeberrimi anche sul fronte internazionale: Chet Baker, Lester Bowie, Art Farmer, Bob Berg, Michael Brecker, Archie Shepp, Phil Woods, Toots Thielemans, Richard Galliano, Pat Metheny, Joe Pass, John Scofield…

 

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