Jazz Network, Regione
Emilia-Romagna Assessorato alla Cultura
Ater, Associazione i-jazz, Comune di Ravenna
Assessorato alla Cultura, Comune di Rimini Settore
Cultura
Comune di Correggio, Comune di Imola Assessorato
alla Cultura
Comune di Russi - Teatro Comunale, Fondazione Teatro
Rossini di Lugo
Comune di Modena Assessorato alle Politiche
Giovanili, La Tenda di Modena, Associazione
Culturale Muse
Comune di Parma Assessorato alla Cultura, Casa della
Musica - Parma, Ars Canto G. Verdi – Parma
Comune di Forlì Assessorato alla Cultura,
Teatro Diego Fabbri di Forlì, Italian Jazz
Orchestra - Associazione Scuola Musicale D.
Alighieri Bertinoro
Comune di Castel San Pietro Terme Assessorato alla
Cultura, Combo Jazz Club di Imola, Uisp Castel San
Pietro Terme
Comune di Casalgrande Assessorato Tempo Libero,
Comune di Massa Lombarda Assessorato alla Cultura
Comune di Solarolo Assessorato alla Cultura, Comune
di Fusignano Assessorato alla Cultura, Associazione
Suburbia - Bagnacavallo
Comune di Cervia Assessorato al Turismo e alla
Cultura, Comune di Gambettola Assessorato alla
Cultura, La Baracca dei Talenti - Gambettola
Comune di Coriano Assessorato alla Cultura, CorTe
Coriano Teatro, Compagnia Teatrale Fratelli di
Taglia
Comune di Dozza Assessorato alla Cultura, Compagnia
Teatrale della Luna Crescente, Piacenza Jazz Club,
Jazz Club Ferrara
Cisim di Lido Adriano - Associazione Culturale Il
Lato Oscuro della Costa, Fondazione Teatro Socjale -
Piangipane, Mama’s Club - Ravenna
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali
e del Turismo
Con il patrocinio di SIAE - Società Italiana
degli Autori ed Editori
-- SCHEDE ARTISTI --
28-feb
| 3-mar | 6-mar | 7-mar
| 8-mar | 12-mar
| 14-mar | 15-mar
| 17-mar | 19-mar
| 20-mar | 21-mar
| 22-mar | 26-mar
| 28-mar | Sabato 28
febbraio
Casalgrande (RE), Teatro Fabrizio De André, ore 21:15 CORDOBA REUNION Javier Girotto – sax baritono, sax soprano; Gerardo Di Giusto – pianoforte; Carlos Buschini – basso, contrabbasso; Minino Garay – batteria, percussioni esclusiva italiana Nello stesso luogo e nello
stesso giorno, ma un anno prima, i Cordoba Reunion
avrebbero dovuto suonare le note inaugurali di
Crossroads 2014. Ma una sfortunata combinazione di
malanni di stagione fece saltare la serata, che ora
si ripropone come ideale fuoco d’artificio iniziale
per il festival.
Tutti originari di Cordoba (Argentina) i membri di questo quartetto si sono ritrovati, dopo aver seguito percorsi musicali diversi, in Europa. La loro compatibilità, geografia a parte, era troppo spiccata perché non ne nascesse un supergruppo. E di fatti eccolo qui: Cordoba Reunion, con la sua commistione tra jazz e musica argentina, folklore e musica sofisticata, improvvisazione e ritmi ballabili tradizionali (tango, zamba, chacarera, milonga, chaya). Gli ingredienti sono quelli giusti per ottenere un’esplosione di colorismo sonoro, una deflagrazione ritmica ad alta intensità, una gioiosa espressione di passioni sudamericane. Javier Girotto è una sorta di primus inter pares all’interno della band, in virtù della sua notevole fama come solista. Lasciata l’Argentina, ha proseguito gli studi musicali negli USA per poi giungere in Italia. Qui ha raccolto un solido e costante successo, dapprima con i suoi Aires Tango, poi con le altre formazioni da lui create e le collaborazioni con Danilo Perez, Bob Mintzer, Steve Turre, Tony Scott, Roy Hargrove, Enrico Rava, Roberto Gatto, Antonello Salis, Fabrizio Bosso… Gerardo Di Giusto, emigrato a Parigi, è diventato arrangiatore e pianista di fiducia per maestri del tango argentino e della musica latina, ma anche per musicisti jazz come Magik Malik. Carlos Buschini, trasferitosi in Italia, si è fatto conoscere sulla scena musicale europea suonando con i grandi rappresentanti del jazz italiano e francese: Bojan Z, Magik Malik, Luis Agudo, Antonello Salis, Tiziana Ghiglioni… Gabriel Minino Garay ha fatto di Parigi la sua seconda casa. Qui ha creato la sua band Les Tambours du Sud, con una decina di percussionisti. Ha collaborato con musicisti di fama internazionale come Dee Dee Bridgewater, Mercedes Sosa, Jacky Terrasson, Michel Portal, Stefano Di Battista… Martedì 3
marzo
Fusignano (RA), Auditorium Arcangelo Corelli, ore 21:00 DANILO REA TRIO feat. Ares Tavolazzi & David King Danilo Rea – pianoforte; Ares Tavolazzi – basso, contrabbasso; David King – batteria Danilo Rea si riconosce
immediatamente tra i colleghi di strumento per la
personale e marcata cantabilità delle sue
linee. Il suo tocco pianistico si impone con una
immediatezza dal notevole impatto emotivo: nelle
idee ritmiche del pianista vicentino (ma romano
d’adozione) convivono trasparenza e autorevolezza,
mentre il senso della narrazione musicale è
capace di trasformare una canzone in un piccolo
poema.
A far sviluppare queste doti hanno certamente contribuito le esperienze del pianista, che lo hanno messo di fronte alle necessità espressive sia del jazz che del pop, sempre in contesti del più alto livello. Nato nel 1957, Rea ha esordito assai presto sulla scena jazzistica romana, creando già nel 1975 il Trio di Roma (con Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto). Con questa formazione saltuariamente attiva sino a tempi a noi vicini e, successivamente, con gli ormai celeberrimi Doctor 3 (con Pietropaoli e Fabrizio Sferra), Rea ha stabilito la norma del piano trio jazzistico all’italiana. Con questi antecedenti sarà assai stimolante ascoltarlo a capo di un nuovo trio che lo vede al fianco di Ares Tavolazzi e del funambolico batterista dei Bad Plus, David King. Rea non è comunque affatto nuovo a collaborazioni internazionali. Nel suo curriculum ce ne sono anzi di straordinarie: con Chet Baker, Art Farmer, Lee Konitz, Steve Grossman, Bob Berg, Phil Woods, Michael Brecker, Joe Lovano, Gato Barbieri… Non meno altisonante è stato il suo percorso nella musica pop italiana: pianista prediletto da Mina, Claudio Baglioni e Pino Daniele, Rea ha collaborato anche con Domenico Modugno, Fiorella Mannoia, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Gianni Morandi e Adriano Celentano, mentre di recente ha preso parte alla ‘svolta jazz’ di Gino Paoli. Venerdì 6
marzo
Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 21:15 “Cassero Jazz” BEARZATTI OTTOLINI PARETI PAOLI “The Roar At The Door 4et” Francesco Bearzatti – sax tenore, clarinetto; Mauro Ottolini – trombone; Raffaello Pareti – contrabbasso; Walter Paoli – batteria presentazione cd “Il mondo che verrà” (Artesuono, 2015) Si presentano sotto nome
collettivo, ma c’è lo zampino da leader del
contrabbassista Raffaello Pareti nella creazione di
questo gruppo, che vede in front line due degli strumentisti
a fiato più in vista del jazz italiano.
Bearzatti e Ottolini sono tra l’altro campioni di un
jazz che pare muoversi a grandi passi verso il
futuro e in tal veste danno man forte a Pareti nel
creare un impatto sonoro tellurico alquanto diverso
dai sapori mediterranei dei suoi precedenti lavori (Il Circo e Maremma).
Qui, sia le forme che le sonorità hanno l’aspetto di un avamposto in una terra ancora tutta da esplorare e dal forte richiamo per un orecchio curioso: temi dal movimento imprevedibile, linee suadenti, riff avvincenti, frammentazione postmoderna, grooves avvolgenti. Audace e gioiosa, la musica dei Roar At The Door sprigiona un’energia da far sembrare che tutto vortichi in una sorta di anarchia. Eppure, sotto, si percepisce la presenza di un ordine ‘segreto’, di una mappa ancora non disegnata e che però i musicisti sanno seguire mentre procedono nel trascinante impeto dell’esecuzione. In gennaio è uscito il Cd Il mondo che verrà: diretto come il rock, ma ricco di allusioni e rimandi che rendono caleidoscopica la trama musicale. Sabato 7 marzo
Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 21:15 “Cassero Jazz” JAVIER GIROTTO & ATEM SAX QUARTET Javier Girotto – sax soprano, flauti andini moxeño e quena; David Brutti – sax soprano; Matteo Villa – sax contralto; Davide Bartelucci – sax tenore; Massimo Valentini – sax baritono L’Atem Sax Quartet si
è formato nel 2005 raggruppando sassofonisti
accomunati dagli studi presso il conservatorio
“Rossini” di Pesaro e la cui attività si
è svolta essenzialmente in ambito classico
(Filarmonica Marchigiana, Orchestra Internazionale
d’Italia, Orchestra di Santa Cecilia), senza
escludere qualche incursione in altri territori
(Marche Jazz Orchestra). Tutti e quattro i membri
dell’Atem fanno anche parte dell’Italian Saxophone
Orchestra.
L’incontro con un quinto sax, quello dell’argentino Javier Girotto, li ha decisamente portati su una dimensione nuova e insolita. L’esordio di questa collaborazione è documentato sul disco Suix (2008, Parco della Musica Records): la struttura musicale cameristica, sotto l’influsso di Girotto, ingloba sia la matrice jazzistica che gli spunti latino-americani dettati dagli strumenti a fiato popolari. Nel 2013 è poi arrivato un secondo disco, Araucanos (questa volta pubblicato dall’etichetta discografica dello stesso Girotto). La formula, perfettamente congeniale per questi musicisti, è riproposta con ancora più verve negli arrangiamenti curati da Massimo Valentini sulla base di composizioni quasi tutte di Girotto: nuovi brani inediti e una selezione di pagine del primo periodo degli Aires Tango. Un turbinio di tango e ritmi folclorici, incastonati nelle forme della musica classica e del jazz: musica travolgente e intensa, con il sax dell’argentino chiamato sia a far emergere il suo inconfondibile solismo che a intrecciarsi nelle maglie della scrittura d’insieme. Domenica 8 marzo
Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00 SARAH JANE MORRIS & ANTONIO FORCIONE Sarah Jane Morris – voce; Antonio Forcione – chitarra Sarah Jane Morris e
Antonio Forcione hanno in comune l’Inghilterra (per
lei patria natìa, per lui adottiva), uno
stile peculiare e una storia di successi. Un
repertorio di songs
celeberrime, riarrangiate con rivoluzionaria
semplicità, è l’innesco per un
folgorante mix di virtuosismi in punta di dita,
ritmi impetuosi, ardente spiritualità e
ironia in buona dose: formatosi nel 2012, questo duo
dalla comunicativa straordinaria ha dimostrato sin
da subito una perfetta e istintiva intesa.
Sarah Jane Morris, inglese di Southampton, dove è nata nel 1959, è riuscita ad affermarsi con eguale fortuna in generi assai diversi come il jazz, il pop, il rock e l’R&B: merito del suo approccio canoro capace di passare dal sofisticato al viscerale, nonché dell’estrema estensione (quattro ottave), il perfetto controllo ritmico e l’intonazione millimetrica della sua voce. Nel 1981 partecipò all’incisione del disco Into the Garden degli Eurythmics: il suo primo rilevante passo nel giro della musica pop che conta. È stata poi corista per i Communards di Jimmy Somerville. Nel 1986, con Don’t Leave Me This Way, i Communards e Sarah Jane scalarono le classifiche di vendita internazionali, imprimendo un marchio canoro indimenticabile. Da lì iniziò la carriera da solista della Morris, ricca di nuove collaborazioni: Riccardo Fogli, Riccardo Cocciante (col quale nel 1991 ha vinto il festival di Sanremo), Steve Martland, Matt Bianco, Marc Ribot, Dominic Miller. Antonio Forcione, italiano di nascita ma londinese di adozione, è un virtuoso della chitarra acustica, capace di portare il suo strumento in zone mai esplorate da altri. La sua carriera si è sviluppata con notevole successo in una varietà di contesti, com’è evidente dalle sue innumerevoli collaborazioni: Biréli Lagrène, Barney Kessel, Dominic Miller, Rossana Casale, Trilok Gurtu, John Scofield, John McLaughlin, Charlie Haden, Zucchero, Bobby McFerrin, Phil Collins, Pino Daniele, Van Morrison... Giovedì
12 marzo: ore 10-13, 14:30-16:30
Modena, La Tenda “Mister Jazz” WORKSHOP di musica d’insieme con GUANO PADANO “Dal folk al metropolitano, tra polvere di pianure e binari ferroviari” Giovedì 12 marzo Modena, La Tenda, ore 21:30 GUANO PADANO “Americana Tour” Alessandro “Asso” Stefana – chitarra, steel guitar; Danilo Gallo – basso el.; Zeno de Rossi – batteria Ma è una
rock band o un jazz trio? E quel nome ‘ruspante’
sarà troppo trasgressivo o non abbastanza per
la musica ideata dai tre immaginifici artisti? Non
fatevi troppe domande e ascoltate (facendo
attenzione agli effetti lisergici).
Ricchi delle loro variegate esperienze, tra jazz, rock, musica d’autore, Alessandro “Asso” Stefana, Danilo Gallo e Zeno de Rossi nel 2007 hanno imboccato una stradina della campagna padana che improvvisamente è sbucata… nelle vaste lande del west statunitense, con una traslazione estetica e geografica degna delle ‘meraviglie’ di un Lewis Carroll. E infatti i Guano Padano mandano in cortocircuito la logica comune: vintage e avanguardia diventano tutt’uno, folk e punk sono come i due lati dello stesso 45 giri. Se ne sono accorti musicisti come Mike Patton, Marc Ribot, Chris Speed, i Calexico, Mark Orton e Vinicio Capossela, tutti rimasti coinvolti in collaborazioni con il trio. A partire dal 2010 i Guano Padano hanno lasciato lungo la strada quattro dischi. Il più recente, Americana, si ispira alle pagine dell’omonima antologia curata da Elio Vittorini, che fece conoscere per la prima volta in Italia pagine fondamentali di numerosi scrittori statunitensi, da Poe a Hemingway, Steinbeck, Anderson, Faulkner, Fante… Dai loro racconti e le loro suggestioni prendono vita i brani del disco, che portano alla luce una sintesi di sonorità tex-mex, jazz e psichedeliche dagli effetti incantatori: colpi di sole tra musica surf e western che producono vibrazioni inquiete e impetuose. In giornata, prima del concerto, i Guano Padano metteranno la loro esperienza e la loro ispirata creatività al servizio di altri musicisti, nell’ambito di un workshop che sarà certamente particolare come ogni nota suonata da questo gruppo: si farà pratica musicale d’assieme, si esploreranno gli strumenti e l’effettistica della band, si parlerà del bagaglio musicale da cui attinge, della cinematografia che l’ispira, della cura per ottenere un certo tipo di suono. Sabato 14 marzo
Dozza (Bo), Teatro Comunale, Ore 21:00 “Dozza Jazz” ROVERI BIG BAND “Duke’s Love Call… ovvero da Ellington a Totò” Massimo Sgargi – pianoforte, direzione; Elisa Cavallarin – voce; Marco Matteuzzi – sax alto; Alessandro Vercesi – sax alto; Massimo Rizzuti – sax tenore, sax soprano; Giuseppe Fabbri – sax tenore; Sauro Baldi – sax tenore; Marco Parma – sax baritono; Antonio Fittipaldi – tromba; Matteo Comellini – tromba; Antonio Manzoni – tromba; Gazmir Lika – tromba; Francesco Lanza – trombone; Marco Menetti – trombone; Sandro Caliumi – trombone; Luca Bianconcini – trombone; Sergio Rotunno – chitarra; Filippo Senaldi – basso el.; Sergio Piccinini – batteria Quando il jazz metteva le
ali ai piedi e andare a un concerto significava,
sostanzialmente, scatenarsi nei balli più in
voga del momento: furono gli sfrenati anni della swing era.
È da qui che parte la Roveri Big Band,
risalendo poi la storia delle grandi orchestre jazz
sin verso i nostri tempi. Dai fondamentali Duke
Ellington e Count Basie alla sofisticata
maturità introdotta nel linguaggio
orchestrale da Stan Kenton e Sammy Nestico,
arrivando poi ai fasti di Quincy Jones. Insomma, un
tuffo nella storia, tra alcuni dei brani
indubitabilmente più belli della musica
afro-americana, nella loro più opulenta
incarnazione sonora.
Ma la Roveri Big Band non vive in un passato isolato da tutto. La grande tradizione orchestrale, nel corso di uno spettacolo energico e divertente, si ricongiunge al jazz contemporaneo, al funk e al pop di più bella marca, oltre che alla canzone italiana, sotto la direzione di Massimo Sgargi, pianista ma anche arrangiatore che fornisce un personale tratto stilistico all’orchestra. Come promesso dal titolo della serata, nel concerto di Dozza la Roveri Big Band presenterà musiche di Duke Ellington, in arrangiamenti originali: tra queste troveranno spazio It don’t Mean a Thing e la suite Duke’s Tale, che contiene alcuni dei più famosi temi di Duke, oltre a uno dei più meravigliosi tributi che siano stati mai rivolti al Duca, Duke Ellington’s Sound of Love di Mingus. E, siccome il fondamento della musica jazz è suonare canzoni e improvvisarci sopra, la Roveri metterà sui leggii anche diversi brani della tradizione melodica italiana. Domenica 15
marzo
Dozza (Bo), Teatro Comunale, Ore 21:00 “Dozza Jazz” MIRCO MARIANI TRIO + special guest DANIELE D’AGARO “Pasionaria” Tributo a Charlie Haden Daniele D’Agaro – sax tenore, clarinetto; Marco Ricci – chitarra; Roberto Bartoli – contrabbasso; Mirco Mariani – batteria Nel trio “Pasionaria”, si
ritrovano assieme, dopo vent’anni, Mirco Mariani,
Roberto Bartoli e Marco Ricci, tutti accomunati
dalla passione per Charlie Haden, il grande
contrabbassista scomparso lo scorso anno. Ai tre si
aggiunge poi come special
guest Daniele D’Agaro, sassofonista
friulano ma particolarmente legato alla scena della
musica improvvisata olandese (ha collaborato con
Tristan Honsinger, Tobias Delius, Misha
Mengelberg...).
A Crossroads in veste di batterista, Mirco Mariani è in verità un polistrumentista a suo agio anche con chitarre e tastiere. La sua passione per gli strumenti inusuali e dimenticati ha trovato tra l’altro uno ‘sfogo’ nella creazione di un laboratorio che raccoglie tutti i suoi oggetti musicali, accumulati in anni di ricerche in Italia e in Europa. Per molto tempo Mariani è stato il batterista di Enrico Rava e Vinicio Capossela e ha girato per festival al fianco di Marc Ribot, Stefano Bollani, Gianluigi Trovesi. Nella seconda metà degli anni Novanta si esibisce con i Mazapegul (fondati assieme a Valerio Corzani, ‘spalla’ dei Mau Mau), firmando per intero il repertorio folk multietnico della band. Nel 2003 crea quindi i Daunbailò (sempre con Corzani) e più recentemente dà vita a Saluti da Saturno, progetto in cui il cantautorato assume una foggia visionaria: “free jazz cantautorale”, nella definizione dello stesso Mariani. Nel 2009 è tornato a collaborare con Capossela, prima per Il gigante e il mago, poi per Marinai, profeti e balene. Martedì
17 marzo
Parma, Casa della Musica – Sala dei Concerti, ore 21:00 JEFF BALLARD “FAIRGROUNDS” feat. Kevin Hays, Lionel Loueke, Reid Anderson Jeff Ballard – batteria; Kevin Hays – pianoforte; Lionel Loueke – chitarra; Reid Anderson – electronics La caratura di Jeff
Ballard (nato in California nel 1963) risulta
evidente anche solo citando i musicisti che
più assiduamente lo hanno cercato per i
propri gruppi: Pat Metheny, Brad Mehldau, Joshua
Redman, Kurt Rosenwinkel e, soprattutto, Chick
Corea. Dopo i primi passi mossi sulla scena
newyorkese (tra l’altro con Lou Donaldson e Buddy
Montgomery), fu proprio la chiamata da parte di
Corea, nel 1999, a dare una svolta alla carriera di
Ballard, proiettandolo nell’olimpo del batterismo
internazionale. Da allora Ballard ha preso parte a
diverse formazioni di Corea, dal New Trio agli
Origin, registrando anche diversi dischi. In anni
recenti ha poi sviluppato una sua attività da
leader, riscuotendo un particolare successo con il
gruppo Fly, co-diretto con Mark Turner e Larry
Grenadier.
Fairgrounds è un gruppo aperto, nella cui line up Ballard coinvolge di volta in volta diversi musicisti: una logica che rivela l’importanza di circondarsi dei collaboratori a lui più affini e la volontà di esplorare sonorità e percorsi improvvisativi sempre nuovi. Nei Fairgrounds sono transitati Tigran Hamasyan, Eddie Henderson, Larry Grenadier, Mark Turner, Jeff Parker e Ben Street, mentre nella prossima tournée del gruppo al fianco del batterista californiano troveremo Kevin Hays, Lionel Loueke e Reid Anderson: un rimescolamento delle carte che spinge verso un sound sapientemente elettrificato e che farà risaltare lo stile di Ballard, tra i più rappresentativi del drumming moderno per come sa coniugare in maniera eclettica la pulsazione swing, quella del post-bop e i ritmi extrajazzistici. Giovedì
19 marzo
Solarolo (RA), Oratorio dell’Annunziata, ore 21:00 RAIZ & FAUSTO MESOLELLA “Dago Red Tour” Raiz – voce; Fausto Mesolella – chitarra “Dago Red”, già
disco e ora concerto, è una girandola
combinatoria, un ebbro abbandonarsi alle
possibilità di intrecci narrativi mai prima
immaginati tra melodie partenopee e canzoni
provenienti da galassie lontane: gli Who di See Me Feel Me
che sfumano in Tu
ca nun chiagne, il Jimi Hendrix di Third Stone from the
Sun che orbita dentro ‘O surdato ‘nnammurato
per poi uscirne trasformato in una canzone di George
Harrison. E poi ancora Leonard Cohen, i Gogol
Bordello e via geneticamente modificando: si rimane
senza respiro, come in una discesa a perdifiato
lungo le montagne russe, davanti alla sorpresa ogni
volta rivelata dalle immaginifiche performance di
due musicisti eclettici come Raiz (Almamegretta) e
Fausto Mesolella (Avion Travel).
Dago Red è il vino rosso dei guappi italo-americani, che ha ispirato gli omonimi racconti di John Fante e ora dà il nome a una nuova inebriante miscela, questa volta musicale. Raiz e Mesolella trascinano con sé il pubblico in una sorta di ‘passatempo’ d’autore, un caleidoscopio di accostamenti imprevedibili, in cui i confini stilistici sembrano esistere solo per essere scavalcati. Raiz (al secolo Gennaro Della Volpe, nato a Napoli nel 1967) è celebre come voce degli Almamegretta sin dalle origini del gruppo, all’inizio degli anni Novanta. Lasciata la band che gli ha dato fama, Raiz ha dato il via alla sua carriera da solista, oltre a collaborazioni con Pino Daniele, Stewart Copeland, Bill Laswell, Asian Dub Foundation, Roy Paci, Teresa De Sio, Rita Marcotulli... Nel 2013 è tornato stabilmente con gli Almamegretta, partecipando anche al Festival di Sanremo. Fausto Mesolella, nato a Caserta nel 1953, è dal 1986 il chitarrista della Piccola Orchestra Avion Travel. La sua musica va però ben oltre questo popolare gruppo: ha collaborato infatti anche con Nada, Andrea Bocelli, Gianmaria Testa, Gianna Nannini, Paolo Conte, Samuele Bersani... Con il fido Peppe Servillo e jazzisti come Danilo Rea, Javier Girotto, Furio Di Castri, Gianluca Petrella ha dato vita a notevoli spettacoli dedicati alle musiche di Domenico Modugno. Venerdì
20 marzo
Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00 PAULA MORELENBAUM Bossarenova Trio Paula Morelenbaum – voce; Joo Kraus – tromba, effetti; Ralph Schmid – pianoforte esclusiva italiana Paula Morelenbaum (nata
Regina Paula Martins a Rio de Janeiro nel 1962)
è ormai nota col cognome preso dal marito, il
celebre violoncellista Jaques Morelenbaum, col quale
ha fatto parte per ben dieci anni, dal 1984 al 1994,
della Nova Banda, il gruppo di un mito della musica
brasiliana: Antonio Carlos Jobim. Sempre col marito
ha dato vita poi a un trio assieme a Ryuichi
Sakamoto, altra formazione che ha ampiamente
contribuito alla sua fama internazionale.
Paula Morelenbaum è oggi una delle cantanti brasiliane più affermate: nella sua carriera da solista ha continuato a esplorare la musica di Jobim ma anche quella di Vinicius de Moraes, nonché il repertorio della canzone brasiliana degli anni Quaranta e Cinquanta (inciso recentemente assieme a João Donato). Il Bossarenova Trio è una formazione dalla geografia intercontinentale: Joo Kraus e Ralph Schmid sono entrambi tedeschi. All’origine di questo gruppo c’è il progetto musicale Bossarenova in collaborazione con la SWR Big Band di Stoccarda. Avviato con successo nel 2009, Bossarenova ebbe problemi legati ai visti in occasione di una progettata tournée negli USA: fu così che l’organico orchestrale fu ridotto a dimensioni cameristiche, dando origine all’attuale trio. Anche nel repertorio del gruppo, Brasile ed Europa si trovano affiancati: il trio ha infatti aggiunto una selezione di Lieder della tradizione classica alle canzoni di origine carioca che inizialmente formavano l’intera scaletta musicale. Sabato
21 marzo
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30 MARK TURNER QUARTET Mark Turner – sax tenore; Ambrose Akinmusire – tromba; Joe Martin – contrabbasso; Justin Brown – batteria Originario dell’Ohio,
dove è nato nel 1965, Mark Turner è
però cresciuto in California. Non stupisce
quindi se tra i suoi modelli sassofonistici, oltre
all’immancabile Coltrane, emerga la figura di Warne
Marsh, con quel senso altamente esplorativo
dell’improvvisazione sulle armonie. Ma per
completare la sua formazione musicale Turner si
trasferì al Berklee di Boston. Da lì a
New York la distanza è breve: e infatti
Turner la percorse, trovando appoggio e ingaggi da
parte di musicisti come James Moody, Jimmy Smith e
Joshua Redman.
Inizia così il suo progresso nel mainstream di matrice post-boppistica, che presto sfocia anche in un’attività da leader segnata dall’esordio discografico su Criss Cross (1995) e, soprattutto, dal passaggio alla Warner Bros, a partire dal disco Mark Turner del 1998. Nel 2004 debutta il trio Fly, una all star paritetica con il contrabbassista Larry Grenadier e il batterista Jeff Ballard. È con questa formazione, ancora oggi in attività, che Turner raggiunge la maggiore visibilità internazionale. Momento saliente della più recente attività di Turner è l’approdo, nel 2012, alla casa discografica ECM, il cui ultimo frutto è Leathe of Heaven. Per quanto registrato con un quartetto diverso da quello con cui Turner si esibirà dal vivo, sarà proprio questo disco a fornire le basi per un concerto che si svilupperà su traiettorie capaci di portare a sintesi l’impostazione del jazz cameristico, il vigoroso sound ereditato dalla tradizione bop, l’improvvisazione più libera da schemi. Domenica
22 marzo
Lugo (RA), Teatro Rossini, ore 21:00 STEVEN BERNSTEIN SEXMOB plays Fellini “Circus, cinema and spaghetti” The Music of Nino Rota Steven Bernstein – tromba, slide trumpet; Briggan Krauss – sax alto; Tony Scherr – contrabbasso; Kenny Wollesen – vibrafono, batteria Da un ‘guastatore’ come
Steven Bernstein alle prese con le musiche
felliniane di Nino Rota, col loro carico di magie
circensi, marce esilaranti, progressioni ritmiche
dalla spinta centrifuga, ci si può aspettare
qualcosa di irresistibilmente radicale come quando,
ormai tre decenni addietro, John Zorn
affrontò da par suo l’altro mostro sacro
della musica cinematografica made in Italy,
Ennio Morricone. In questa sarabanda tra La dolce vita e
8½,
Amarcord e
La strada,
passando per il diabolico incedere di Toby Dammit, la
sulfurea slide
trumpet di Bernstein darà voce allo
spirito più irrequieto ed eccitante della
scena downtown
newyorkese.
Nato nel 1961, e formatosi con un approccio tradizionale alla tromba che ancora oggi si nota nel suo timbro, Steven Bernstein ha vissuto la musica nella maniera più eclettica e dinamica: dai Lounge Lizards di John Lurie alla colonna sonora di Kansas City di Robert Altman, da Aretha Franklin, Lou Reed e Sting a Roswell Rudd, Sam Rivers e Don Byron. In tutto questo peregrinare tra gli stili, i Sexmob sono, dagli anni Novanta, una band tagliata su misura per far risaltare l’ironica, istrionica, fantasmagorica slide trumpet di Steven Bernstein. Nella loro ormai lunga storia i Sexmob hanno omaggiato (‘oltraggiato’?) le musiche di Prince, Sly Stone, Duke Ellington, i Beatles, i Grateful Dead e gli Smashing Pumpkins, senza tralasciare il ‘canzoniere’ di James Bond. Tutto ciò conferendo un’impronta strumentale sexy e conturbante alle imprevedibili scelte di repertorio. Nelle esibizioni live del quartetto può succedere di tutto: nella scaletta musicale possono spuntare Strauss come Britney Spears, ma state certi che le esecuzioni non saranno mai meno che irriverenti e spiazzanti. Nonostante lo spirito anticonvenzionale della loro musica, i Sexmob sono stati riveriti anche dal grande establishment dello spettacolo, ricevendo una nomination ai Grammy Awards (miglior disco di jazz contemporaneo per Sexotica). Giovedì
26 marzo
Modena, La Tenda, ore 21:30 MANOMANOUCHE QUARTET Massimo Pitzianti – fisarmonica, bandoneon; Nunzio Barbieri – chitarra acustica; Luca Enipeo – chitarra acustica; Pierre Steeve Jino Touche – contrabbasso A partire dal 2001 i
Manomanouche si dedicano alla celebrazione della
musica zigana dall’inconfondibile scorrevolezza
melodica e i ritmi sincopati e ‘rubati’: lo stile
manouche, appunto. Con il nume del jazz gitano,
Django Reinhardt, a fare da inesauribile fonte di
ispirazione, i Manomanouche si sono ormai da tempo
imposti come una delle formazioni di riferimento per
questo affascinante repertorio che profuma di musica
francese anni Trenta, con i suoi valzer, i motivi di
musette, i passi di danza gitani e una spruzzata di
jazz. L’autorevolezza dimostrata dai Manomanouche fa
sì che i loro concerti siano tutt’altro che
un’operazione nostalgica in omaggio a Reinhardt: la
vivacità dei nuovi arrangiamenti preparati
sulla base dei temi di Django, la capacità di
inserirvi un tocco di cantabilità italiana,
la selezione di altri autori per arricchire il
repertorio, l’aggiunta di composizioni originali
della band creano un emozionante rinnovamento della
tradizione swing-zigana. Nelle scelte timbriche e
strumentali del quartetto si apprezzano al contempo
la fedeltà ai modelli storici e un sapiente
adattamento ai tempi moderni.
Nei Manomanouche sono confluiti musicisti di varia formazione; Massimo Pitzianti e Pierre Steeve Jino Touche sono particolarmente noti in quanto collaboratori di lunga data di Paolo Conte. Nel corso degli anni il gruppo si è aperto alla collaborazione con artisti anche di diversa estrazione stilistica. Sabato
28 marzo
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30 PETER BERNSTEIN QUARTET Peter Bernstein – chitarra; Sam Yahel – pianoforte; Omer Avital – contrabbasso; Roberto Gatto – batteria Peter Bernstein è
uno dei perni della scena mainstream newyorkese. Nato nel
1967, alla fine degli anni Ottanta ha trovato un
mentore in Jim Hall, che gli ha permesso di
affacciarsi nel giro dei grandi nomi. Riceve quindi
i primi ingaggi importanti da Lou Donaldson, Larry
Goldings, Mel Rhyne, Jesse Davis, Geoff Keezer, sino
a quando riesce a debuttare come leader, incidendo
per l’etichetta Criss Cross. L’album d’esordio, Somethin’s Burnin’ (1992),
ha un cast che la dice lunga sul futuro che si
prospetta al giovane chitarrista: Brad Mehldau, John
Webber e Jimmy Cobb. Da allora sono seguiti numerosi
altri dischi per la Criss Cross e altre etichette,
tra le quali spicca recentemente la Smallslive.
Bernstein è infatti una delle figure centrali
del giro di artisti che ruota attorno allo Smalls,
il celebre locale fondato da Mitchell Borden e
divenuto uno dei più noti jazz club al mondo.
L’attività di Bernstein si riassume semplicemente: è un incessante vorticare di partecipazioni alle più importanti band mainstream in circolazione. Tra gli innumerevoli altri musicisti che lo hanno voluto al proprio fianco spiccano Sonny Rollins, Diana Krall, Bobby Hutcherson, George Coleman, Dr. Lonnie Smith, David ‘Fathead’ Newman, Joshua Redman, Lee Konitz, Jimmy Cobb. Nella discografia del chitarrista, arricchitasi di recente di un Cd live in solo allo Smalls, spicca il memorabile Heart’s Content (2003), in cui a fargli da ritmica ci sono Mehldau, Bill Stewart e Larry Grenadier. Giovedì
2 aprile
Gambettola (FC), Teatro Comunale/La Baracca dei Talenti, ore 21:00 FABRIZIO BOSSO & JULIAN OLIVER MAZZARIELLO “Tandem” Fabrizio Bosso – tromba; Julian Oliver Mazzariello – pianoforte Fabrizio Bosso e Julian
Oliver Mazzariello sono compagni di palcoscenico di
lunga data, sin da quando Mazzariello occupò
per primo lo sgabello di pianista dell’High Five
Quintet, formazione che contribuì
particolarmente a dare slancio alla carriera di
Bosso, che da allora ha seguito un percorso di
inarrestabile ascesa.
E a ribadire il legame che unisce questi musicisti dopo tanta strada fatta assieme, il loro esordio discografico, su etichetta Verve, si intitola, giustamente, Tandem: un programma musicale con classici del jazz e della canzone italiana, celeberrimi temi cinematografici e composizioni originali, che esalta le vulcaniche risorse dei due strumentisti, le argute sottigliezze di Mazzariello come le esorbitanti volate di Bosso. Siamo alla presenza di due musicisti per niente spaventati dal respiro lirico verso cui può tendere l’improvvisazione jazzistica. Così, questi materiali musicali eterogenei ma accomunati da una intensa vena melodica diventano terreno fertile per improvvisazioni sorprendenti, tensioni liriche e distensioni armoniche, energia ritmica e colorismo strumentale avvolgente. Mercoledì
8 aprile
Cervia (RA), Teatro Comunale, ore 21:00 JOHN DE LEO & la JDL Grande Abarasse Orchestra feat. Stefano Benni “Il Grande Abarasse Tour” John De Leo – voce, live looping sampler, giocattoli; Fabrizio Tarroni – chitarra semiacustica; Franco Naddei – campionamenti, chitarra elettrica; Beppe Scardino – clarinetto basso, sax baritono; Piero Bittolo Bon – clarinetto basso, sax baritono; Dimitri Sillato – violino, pianoforte; Valeria Sturba – violino, violino elettrico, theremin; Paolo Baldani – violoncello; Silvia Valtieri – fisarmonica, pianoforte, percussioni giocattolo + cameo appearance: Stefano Benni – voce recitante Col suo innesto di jazz e
musica classica, senza tralasciare una spruzzata di
soundtracks,
nel dna del cantautorato sui generis tipico di John De
Leo, l’uscita de Il
Grande Abarasse, lo scorso ottobre, ha
segnato il ritorno alla discografia del
cantante-performer originario di Lugo, a sette anni
di distanza dal precedente Vago svanendo.
Vero e proprio concept album, Il Grande Abarasse è ambientato in un condominio nel quale a ogni appartamento corrisponde una canzone: vi si ascoltano dunque scene di vita vissute (o inventate che siano) tra litigi, amicizie, indifferenze personali, in un intreccio di relazioni a portata di citofono. Come sua abitudine, De Leo solleva il cantautorato italiano ben al di sopra di un collage di testi scarnamente armonizzati. La sua voce intanto è un camaleontico strumento musicale. Poi, alle sue spalle, agisce un ottetto dalla fantasmagorica strumentazione. Del resto De Leo ha ben pochi simili nel panorama canoro italiano; lo si può piuttosto considerare un erede delle sperimentazioni vocali di un Demetrio Stratos o di una Cathy Berberian. Questa unicità è sempre stata evidente nella sua carriera, segnata dalle collaborazioni, non solamente musicali, con Stewart Copeland, Uri Caine, Louis Andriessen, Trilok Gurtu, Stefano Benni, Banco del Mutuo Soccorso, Carlo Lucarelli, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Franco Battiato, Enrico Rava, Ivano Fossati, Alessandro Bergonzoni e tanti altri. Senza dimenticare i Quintorigo, di cui fu co-fondatore e voce dal 1992 al 2004. Giovedì
9 aprile
Modena, La Tenda, ore 21:30 HAILEY TUCK Hailey Tuck – voce; Rick Simpson – pianoforte; Tim Thornton – contrabbasso; Lloyd Haines – batteria prima assoluta italiana Nata nel 1990 ad Austin,
Hailey Tuck cresce nella città texana
ricevendo un’educazione alquanto anomala per una
futura cantante: frequenta infatti una scuola
militare battista. Nel mentre, vive e sogna grazie a
una dieta a base di jazz della swing era e di
abiti vintage.
La via di fuga le si presenta quando compie diciotto
anni: i genitori le regalano un fondo di denaro per
iscriversi al college. Lei lo spende per comprare un
biglietto aereo di sola andata per Parigi: la sua
passione per Edith Piaf la spinge a cercare la sua
‘vie en rose’.
Così sbarca a Parigi, dove deve orientarsi in una situazione per lei affatto nuova e senza punti di riferimento. Passa le notti cantando nei bar e nei locali dove si suona jazz e presto diventa una piccola icona della scena underground della capitale francese. A guardarla sembra uscita dalle pagine del Grande Gatsby, ad ascoltarla pare di ritrovarsi davanti una Billie Holiday dell’epoca dei 78 giri. Sino a qui tutto è puro divertimento. Ma i soldi del fondo universitario finiscono e il ritorno ad Austin è necessario. In Texas frequenta quindi la scena jazzistica locale e racimola il denaro per finanziarsi un EP: con questa sua prima registrazione in tasca come biglietto da visita, la giovanissima vocalist fa rotta nuovamente su Parigi, dove si stabilisce finché non approda a Londra, appena un anno fa. Questa volta è una cantante per davvero, non più solo per gioco, e le sue esibizioni catapultano l’ascoltatore in una sorta di Belle Époque del ventunesimo secolo. Venerdì
10 aprile
Coriano (RN), Teatro CorTe, ore 21:30 “Coriano Inn Jazz” Brazilian Touch ENRICO RAVA & IRIO DE PAULA Enrico Rava – tromba; Irio De Paula – chitarra Dopo un primo concerto in
duo nel 2007 a Camerino, Enrico Rava e Irio De Paula
non hanno più riproposto questo loro squisito
e cameristico abbinamento, che rimase come un evento
isolato nelle magnifiche carriere dei due musicisti.
Almeno sino a tempi recenti: lo scorso novembre i
due sono tornati a incrociare gli strumenti, ancora
una volta per uno spettacolo ad hoc nelle Marche, e ora eccoli
di nuovo assieme per Crossroads. In scaletta ci sono
grandi classici del jazz e della bossa nova, riletti
con la schiettezza, la trasparenza di linee, le
frasi penetranti che possono venire solo da chi ha
colto sino in fondo il senso di questa musica.
Enrico Rava, nato a Trieste nel 1939, ha alle spalle una carriera meritevole di un libro più che di qualche riga. La sua più recente attività continua a vederlo molto impegnato coi vari gruppi nei quali si circonda delle migliori giovani leve del jazz italiano, stimolo per un costante aggiornamento della sua musica. E proprio con tre di loro (Francesco Diodati, Gabriele Evangelista ed Enrico Morello) ha da poco registrato un disco di imminente pubblicazione da parte dell’ECM. Un nuovo capitolo che si aggiunge alla sua lunga discografia e alla sua ricca storia di collaborazioni: con Gato Barbieri, Steve Lacy, Carla Bley, Joe Henderson, Joe Lovano, Roswell Rudd, Michel Petrucciani, Richard Galliano, Pat Metheny, Paul Motian… Nel corso della sua straordinaria carriera musicale, iniziata all’età di soli sei anni con delle esibizioni alla radio di Rio de Janeiro, Irio De Paula ha suonato con i più grandi musicisti del suo paese: Baden Powell, Eumir Deodato, Chico Buarque, Astrud Gilberto… Stabilitosi in Italia negli anni Settanta, ha collaborato con Gato Barbieri, Archie Shepp, Tal Farlow, Toots Thielemans, Barnie Kessel, Bobby Durham, Jimmy Cobb… Jazz e musica brasiliana sono dunque per il chitarrista due linguaggi parimenti familiari. Non fu per caso che il grande Vinicius de Moraes, l’anima profonda della poesia brasiliana, lo chiamasse “il mio figlio nero” e De Paula, di rimando, scherzosamente lo indicasse come “il mio padre bianco”. Il grande poeta e musicista avvertiva nell’animo di Irio De Paula le vibrazioni più autentiche del Brasile: le stesse che brillano nella sua musica. Giovedì
16 aprile
Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00 RITA MARCOTULLI SEPTET feat. Andy Sheppard, Raiz, Fausto Mesolella, Ares Tavolazzi, Alfredo Golino, Pasquale Minieri “Us and Them” Omaggio ai Pink Floyd Rita Marcotulli – pianoforte, tastiere; Andy Sheppard – sax tenore, sax soprano; Raiz – voce; Fausto Mesolella – chitarra; Ares Tavolazzi – basso el.; Alfredo Golino – batteria; Pasquale Minieri – sound electronics esclusiva italiana Rita Marcotulli riunisce
una formazione che pare il compendio delle
più diverse anime del jazz (e non solo)
italiano (e non solo, data la presenza dell’inglese
Andy Sheppard) per un omaggio ai Pink Floyd che fece
sensazione al suo apparire su Cd (nel 2008, nella
serie Jazz Italiano Live distribuita in allegato a L’Espresso). E
se da allora la formazione è cambiata, ma
solo in piccola parte, la musica conserva la sua
forza visionaria, aiutata anche da una sapiente
scelta nell’ampio catalogo pinkfloydiano, esplorato
in ogni sua peculiarità stilistica: dalla
psichedelia prima maniera (Astronomy Domine, Set the Controls for
the Heart of the Sun), ai brani che diedero
alla band una fama intramontabile (Money, Us and Them),
passando per temi meno noti ma indicativi dei
mutamenti estetici attraversati dai Pink Floyd.
Sotto la firma della band inglese, la Marcotulli
trova dunque una varietà di materiali la cui
matrice rock è tale da aprirsi con
naturalezza all’inserimento del jazz: il risultato
è ricco di sorprendenti trapassi tra il
rispetto del sound originario di questa musica e le
conturbanti sortite solistiche.
Rita Marcotulli è tra le figure più caratterizzanti del jazz italiano dagli anni Ottanta a oggi. Formatasi musicalmente nella vivace scena jazzistica romana dei primi anni Ottanta, la Marcotulli si è inizialmente distinta come eccellente pianista mainstream, nella qual veste vanta collaborazioni dai risultati significativi con Chet Baker, Steve Grossman, Joe Henderson, Joe Lovano, Sal Nistico, Dewey Redman, Billy Cobham, Enrico Rava… Si è poi progressivamente orientata verso una musica più personale e, per usare un termine ormai entrato nella musicologia jazzistica, all’europea, ampliando il novero delle sue collaborazioni (Palle Danielsson, Carlo Rizzo, Maria Pia De Vito, Michel Benita, Andy Sheppard…) e ponendosi alla guida di gruppi dalla forte progettualità. Venerdì
17 aprile
Rimini, Teatro degli Atti, ore 21:15 DIANE SCHUUR QUARTET “I Remember you” Omaggio a Frank Sinatra e Stan Getz Diane Schuur – voce, pianoforte; Julian Siegel – sax tenore, sax soprano; Ben Wolfe – contrabbasso; Adam Pache – batteria Il 2015 sarà anno
di celebrazioni musicali in ricordo di Frank
Sinatra, in occasione del centenario della sua
nascita. Ma l’omaggio che Diane Schuur rende a
questo cantante e attore entrato nel mito per le sue
mirabili doti interpretative non meno che per una
vita assai romanzata va ben al di là della
semplice circostanza anagrafica. Tant’è che
il disco I
Remember You è stato pubblicato
già nella primavera del 2014, quindi in
anticipo rispetto alla ricorrenza, mentre il suo
programma musicale affianca alle canzoni immortalate
da Sinatra alcuni brani del repertorio di Stan Getz.
Più che la ricorrenza di calendario, a
motivare la Schuur infatti è la voglia di
rendere omaggio a un carissimo amico personale
(Sinatra, appunto) e al suo più importante
mentore (Stan Getz). Fu infatti il sassofonista a
scoprire il talento della Schuur, mentre si esibiva
con il gruppo di Ed Shaughnessy al festival di
Monterey nel 1979. Nel 1982 Getz invitò la
Schuur a esibirsi alla Casa Bianca, e la
seguì poi anche nell’esordio discografico,
suonando sui suoi primi tre album per l’etichetta
GRP. Da allora la cantante-pianista, nata cieca a
Tacoma (Washington) nel 1953, ha raggiunto vette
sorprendenti: si è esibita con Quincy Jones,
B.B. King, Ray Charles, Stevie Wonder, Dizzy
Gillespie, Maynard Ferguson, mentre la sua
produzione come solista le è valsa la
vittoria di due Grammy e un incondizionato amore da
parte di un vasto pubblico.
Sabato
18 aprile
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30 STEVE LEHMAN TRIO Steve Lehman – sax alto; Chris Tordini – contrabbasso; Cody Brown – batteria Forse non è ancora
un nome familiare al pubblico italiano, eppure nel
più recente referendum Top Jazz in un sol
colpo Steve Lehman è arrivato primo in ben
tre delle quattro graduatorie del jazz
internazionale, imponendosi per la migliore
formazione, il miglior disco e anche come migliore
musicista dell’anno (pleonastica sarebbe stata la
sua presenza nella quarta graduatoria, riservata
agli artisti emergenti: Lehman ormai appartiene di
diritto alla classe dei big).
Del resto, se tutto ciò da noi ha l’aria della novità, anche per l’età ancor giovane del sassofonista, nato a New York nel 1978, la stampa statunitense già da diversi anni tesse le più esplicite lodi di questo strumentista e compositore. Nel 2009 il New York Times ha scelto il suo Travail, Transformation & Flow come miglior disco jazz dell’anno, definendone l’autore “un sassofonista semplicemente abbagliante”. Quella di Lehman è una musica audace, percorsa dall’inquietudine dell’avanguardia ma senza eccessi radicali: un punto di svolta significativo del linguaggio afro-americano. Allievo di Anthony Braxton e Jackie McLean, Lehman si esibisce frequentemente con Vijay Iyer, Jason Moran e lo stesso Braxton, e ha collaborato anche con Dave Burrell, Dave Douglas, Mark Dresser, Oliver Lake. Ma è anche e soprattutto leader di diversi gruppi, con i quali ha sfornato una dozzina di dischi negli ultimi dieci anni. Martedì
21 aprile
Imola (BO), Teatro Ebe Stignani, ore 21:15 JOSHUA REDMAN TRIO Joshua Redman – sax tenore, sax soprano; Reuben Rogers – contrabbasso; Gregory Hutchinson – batteria Il trio di Joshua Redman
è la versione concentrata del suo celebre
quartetto (con l’omissione del pianoforte
abitualmente affidato ad Aaron Goldberg), formazione
dalla lunga esperienza, in cui la telepatia sommata
all’estremo virtuosismo di tutti i suoi componenti
trasforma qualunque brano in una vorticosa
esaltazione sonora. Che si ripassino gli standard o
che si mettano sul leggio composizioni originali,
l’incedere di questa formazione è sempre
infuocato, come dimostrano le prove dal vivo
recentemente finite su disco (Trios Live).
Joshua Redman (nato nel 1969 a Berkeley, California) iniziò a farsi notare nel mondo del jazz nei primi anni Novanta. All’epoca lo aiutò l’essere il figlio del celeberrimo sassofonista Dewey Redman. Ma prima che questo vantaggio si trasformasse in un’ombra onnipresente, Joshua sviluppò uno stile tutto suo, fortemente legato alla tradizione, con un senso infallibile per la costruzione melodica, iniziando un’inarrestabile ascesa artistica. Il suo trampolino di lancio fu la Thelonious Monk Competition, vinta nel 1991. Da quel momento la gavetta fu breve, e presto Redman poté mostrarsi a capo di propri gruppi (tanto per farsi un’idea, la sua prima band stabile annoverava Brad Mehldau, Christian McBride e Brian Blade, tutti destinati al successo che ora sappiamo). Dopo numerosi dischi pubblicati per le etichette del gruppo Warner e collaborazioni con Ray Brown, Dave Brubeck, Chick Corea, Jack DeJohnette, Bill Frisell, Charlie Haden, Herbie Hancock, Milt Jackson, Elvin Jones, Quincy Jones, Pat Metheny e innumerevoli altri artisti (anche classici e rock: su tutti i Rolling Stones), oggi Redman è tra i tenorsassofonisti più ammirati del panorama internazionale. Assieme a Brad Mehldau (col quale tra l’altro collabora anche in duo), lo si può anzi considerare uno dei musicisti più rilevanti tra quelli emersi nel corso degli anni Novanta. Venerdì
24 aprile
Coriano (RN), Teatro CorTe, ore 21:30 “Coriano Inn Jazz” Brazilian Touch CRISTINA RENZETTI & TATI VALLE “As Madalenas” voci, chitarre, percussioni TRIO CORRENTEZA La musica di Tom Jobim & dintorni Cristina Renzetti – voce; Gabriele Mirabassi – clarinetto; Roberto Taufic – chitarra A night with… Cristina Renzetti,
una delle più squisite interpreti del
repertorio brasiliano in Italia. Trasferitasi a
Bologna (da Terni, dov’è nata nel 1981),
inizia a frequentarne la scena jazzistica, creando
le sue prime collaborazioni, tra le quali spicca
quella con Rocco Casino Papia, che porta alla
creazione della band Jacaré, nella quale
trova piena realizzazione la sua passione per la
musica brasiliana. Tra il 2006 e il 2011 vive tra
l’Italia e Rio de Janeiro. E proprio in Brasile, nel
2011, esce il suo primo disco da solista, Origem é girO,
mentre in precedenza aveva inciso due album coi
Jacaré. Oltre alle collaborazioni con
numerosi esponenti della nuova generazione della
musica brasiliana, ha preso parte a gruppi con
Cristina Zavalloni, Patrizia Laquidara, David Linx.
Il duo As Madalenas con Tati Valle è un gesto d’amore verso la musica brasiliana d’autore. Le diverse sfumature della samba e della bossa sono affrontate in un accavallamento di lingua portoghese e italiana. Tati Valle è una cantautrice brasiliana che da anni vive e lavora in Italia: nel 2013 è uscito il suo primo disco, Livro dos dias. Correnteza è un brano di Tom Jobim sulle cui note è avvenuto il primo incontro tra i musicisti, tutti amanti e profondi conoscitori dell’universo musicale brasiliano, che ora formano l’omonimo trio. Con un approccio elegantemente cameristico e delicato, il gruppo affronta il repertorio di Jobim, quindi i più grandi classici della bossa nova, ma anche alcuni brani meno noti, altrettanto caratteristici e intensi. Gabriele Mirabassi si muove con uguale disinvoltura sia nella musica classica che nel jazz ed è uno dei più affermati clarinettisti italiani in entrambi i generi. Ha collaborato con Guinga, Monica Salmaso, Richard Galliano, Enrico Rava, John Taylor, Steve Swallow… Roberto Taufic, nato in Honduras ma cresciuto in Brasile, da circa vent’anni divide la sua vita tra questo paese e l’Italia, collaborando con numerosi artisti di fama internazionale. Sabato
25 aprile
Rimini, Teatro degli Atti, ore 21:15 RAUL MIDÓN voce, chitarra, pianoforte, percussioni esclusiva italiana Comunque cerchiate di
definirlo, ricorrendo alle aspettative sonore del
cantautorato, del soul, del retroterra
latineggiante, Raul Midón riuscirà
sempre a spiazzarvi e a stupirvi, da vero
‘avventuriero’ della sei corde (nonché delle
percussioni). Così è anche nel suo
recente Don’t
Hesitate, nella cui miscela di folk, funky
cubano, jazz, R&B, si rivela tutta la contagiosa
estroversione che Midón sa riversare nelle
sue esibizioni live.
Midón, originario del Nuovo Messico, cieco sin dalla nascita (1966), è un cantautore nella cui chitarra si cela un’intera orchestra: la sua capacità di sovrapporre linee melodiche, riempimenti armonici e stacchi ritmici è di un abbagliante virtuosismo. Nel suo approccio, che comunque rimane inequivocabilmente personale, si possono cogliere tracce di altri poeti della voce&chitarra come Richie Havens, Sting e Paul Simon. Trasferitosi in Florida negli anni Novanta, Midón partecipa a produzioni di pop latino. Lavora come corista in studio e in tour con star come Shakira, Julio Iglesias e José Feliciano. Presto inizia a girare voce del suo talento e nel 2005, dopo il trasferimento a New York, esce il suo primo disco da leader per una major (State of Mind, EMI Manhattan Records). Da allora sono arrivati album di sempre più sofisticata fattura e collaborazioni cinematografiche di rilievo (con Spike Lee). L’originalità del suo stile ha attirato l’attenzione di musicisti assai diversi, che hanno voluto suonare con lui: da Herbie Hancock a Stevie Wonder, Queen Latifah e Snoop Dogg. Giovedì
30 aprile: 10-13, 14-17
Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni MASTER CLASS sulla ‘forma canzone’ aperta a tutti gli strumenti con MARTA RAVIGLIA, PIERO BITTOLO BON, ALFONSO SANTIMONE, DANILO GALLO, ZENO DE ROSSI, SILVIA DONATI “Song Improvisations” ore 21:30 saggio finale in jam con allievi e docenti in occasione della Giornata Internazionale UNESCO del Jazz In occasione della
Giornata Internazionale UNESCO del Jazz, una rosa
dei più autorevoli musicisti che gravitano
nell’area emiliano-romagnola si troveranno riuniti
per dare vita a “Song Improvisations”, una master
class dedicata alla forma canzone aperta a tutti
gli improvvisatori, che siano strumentisti o
cantanti. Il corso intensivo si focalizzerà
sulla varietà di approcci improvvisativi
alla forma canzone, analizzando le varie tecniche
e strategie a disposizione. E dopo la giornata di
studio e pratica, la sera il palco del Jazz Club
Torrione San Giovanni ospiterà allievi e
docenti per un concerto saggio in forma di jam. Sia nel
corso del seminario che del concerto i docenti si
combineranno in varie formazioni per interpretare
un repertorio di songs senza steccati stilistici.
Cantante, improvvisatrice e compositrice, Marta Raviglia frequenta da sempre le musiche più avventurose. Canta stabilmente in diverse formazioni tra cui il duo Vocione, un duo con Manuel Attanasio, un trio con Pierluigi Balducci e Maurizio Brunod, il quintetto Mansarda con Henry Cook. Anche se il sax alto è il suo strumento d’elezione, Piero Bittolo Bon è fondamentalmente un polistrumentista. Membro del collettivo El Gallo Rojo, guida il sestetto Jümp The Shark e gli Original Pigneto Stompers (con Jamaaladeen Tacuma). Alfonso Santimone ha suonato con Harold Land, Robert Wyatt, George Cables, Jimmy Owens, Tony Scott. Ma è attivo anche come compositore per opere teatrali, video e multimediali; collabora inoltre a molteplici progetti di musica sperimentale, elettronica e improvvisata. Tra i tantissimi musicisti con cui Danilo Gallo ha suonato si ricordano Uri Caine, Cuong Vu, Marc Ribot, Ben Perowsky, Ralph Alessi, Bob Mintzer, Benny Golson, John Tchicai, Gianluigi Trovesi, Francesco Bearzatti... Ma è anche leader dei Gallo & The Roosters, e co-leader di formazioni come i Mickey Finn, i Rollerball e i Guano Padano. Il percorso vocale di Silvia Donati è iniziato col funky e l’R&B, prima di approdare alle sue attuali specialità: il jazz e la musica brasiliana. Ha cantato con Marcello Tonolo, Pietro Tonolo, Ares Tavolazzi, Danilo Rea, Nicola Stilo e Toninho Horta. Batterista e compositore, Zeno de Rossi ha dato dimostrazione della sua versatilità suonando con artisti come Franco D’Andrea, Enrico Rava, Vinicio Capossela, Francesco Bearzatti… Fa parte del collettivo El Gallo Rojo. PROGETTO FONDAZIONE A.C.A.RE.F Durante il saggio finale, la Fondazione A.C.A.RE.F. (www.acaref.org) sarà presente con un proprio punto informativo. Nata a Ferrara nel 2012, A.C.A.RE.F sostiene da sempre la ricerca scientifica sulla SCA1 (atassia spinocerebellare), malattia neuro degenerativa rara ad oggi incurabile. A partire da quest’anno, in collaborazione con l’Università di Ferrara, la Fondazione darà il via ad un progetto condotto da giovani ricercatori nei laboratori accademici al fine di individuare una cura. Per sostenerlo basta poco: le tessere “Io sostengo A.C.A.RE.F.” partono da 10 euro. Un aiuto concreto può fare la differenza. Giovedì 30 aprile Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00 QUINTORIGO & ROBERTO GATTO Play Frank Zappa Valentino Bianchi – sax tenore; Andrea Costa – violino; Gionata Costa – violoncello; Stefano Ricci – contrabbasso; Moris Pradella – voce; Roberto Gatto – batteria in occasione della Giornata Internazionale UNESCO del Jazz Il primo riuscito
incontro dei Quintorigo con le musiche di Frank
Zappa, avvenuto durante un concerto della
precedente edizione di Crossroads, si è
ampiamente sviluppato sino a diventare un progetto
completo. E come già in occasione di quel
primo seminale concerto, per dare impeto alla
musica è stato coinvolto Roberto Gatto, il batterista
del jazz italiano, in anni recenti sempre
più dedito all’attività da leader.
Play Frank Zappa si
preannuncia come uno spettacolo accompagnato da
un’accurata veste teatrale e scenografica.
L’universo fantasmagorico, il rock sperimentale
zappiano rivivono nella viscerale performance dei
Quintorigo: un incrocio di archi e sax ad elevato
tasso d’elettrificazione, un quartetto sui generis da
qualche anno affiancato dalla voce di Moris
Pradella. L’approccio ‘scapigliato’ dei Quintorigo,
che hanno già affondato i loro archetti nel
repertorio di Mingus ed Hendrix con spettacoli
monografici di grande effetto, è tale da
conservare, pur con nuove sembianze, lo spirito
iconoclasta di quell’anarchico e indomito
protagonista del rock che fu Zappa. Sciabolate
sonore, strumenti spinti oltre il loro limite,
affondi solistici e trame contrappuntistiche da
cardiopalma: a Zappa non sarebbe dispiaciuto
aggiungere simili musicisti alle sue suggestive
band.
Venerdì
1 maggio
Forlì (FC), Teatro Diego Fabbri, ore 21:00 “ANGELO AZZURRO” Omaggio a Marlene Dietrich ITALIAN JAZZ ORCHESTRA & SILVIA DONATI + special guest FABRIZIO BOSSO Direttore FABIO PETRETTI Silvia Donati - voce; ITALIAN JAZZ ORCHESTRA: Achille Succi – sax alto, clarinetto basso; Dario Cecchini – sax baritono, flauto; Daniele Giardina – tromba; Massimo Morganti – trombone, euphonium, arrangiamenti; Michele Francesconi – pianoforte, arrangiamenti; Paolo Ghetti – basso el., contrabbasso; Stefano Paolini – batteria. ARCHI. Violini: Giacomo Scarponi, Fabio Lapi, Joseph Cardas, Aldo Capicchioni, Sophie Chang, Paolo Del Lungo. Viola: Michela Zanotti. Violoncello: Fabio Gaddoni. Contrabbasso: Anselmo Pelliccioni. + special guest: Fabrizio Bosso – tromba Fabio Petretti – direzione, arrangiamenti Immagini dal film “L’Angelo azzurro” di Josef von Sternberg (1930) con il patrocinio del Goethe-Institut produzione originale Crossroads - Associazione Scuola Musicale Dante Alighieri Bertinoro Ambizioso nelle
dimensioni come nei contenuti e nelle
modalità multimediali: l’omaggio a Marlene
Dietrich dell’Italian Jazz Orchestra fa di tutto per
non passare inosservato. E questa produzione
originale di Crossroads ci riesce benissimo. Intanto
con un programma musicale che ripercorre le canzoni
del repertorio della Dietrich, simbolo delle
inquietudini, dei desideri proibiti come anche delle
fughe verso lo svago di un’intera epoca: il periodo
tra le due guerre mondiali (anche se la sua carriera
continuò molto oltre). Attrice dalla bellezza
altera, femme
fatale per antonomasia: fu proprio il
cinema a diffondere l’irresistibile fascino delle
sue interpretazioni canore, segnate da una voce
irregolare ma ammaliante. Poi con una costruzione
avvolgente dello spettacolo: sullo sfondo del palco
scorreranno le immagini del film L’Angelo azzurro
diretto nel 1930 da Josef von Sternberg. Una
scenografia animata per le enormi forze musicali in
campo.
Queste ultime lasciano sbalorditi: un’orchestra per metà jazz e per metà classica, per un totale di ventuno musicisti sotto la direzione di Fabio Petretti, autore anche degli arrangiamenti (assieme a Massimo Morganti); uno special guest come Fabrizio Bosso, solista pronto a svettare sui dinamici movimenti orchestrali; una cantante dalla voce appropriatamente dietrichiana come Silvia Donati. L’Italian Jazz Orchestra si è costituita nel 2011, dando vita da allora a significative collaborazioni coi più noti esponenti del jazz italiano: Fabrizio Bosso, Enrico Pieranunzi, Cristina Zavalloni, i Quintorigo e Roberto Gatto. La cantante bolognese Silvia Donati (classe ’66), attratta sin da subito dalla musica ‘nera’ funky e R&B, imbocca successivamente la strada del jazz. Oggi è particolarmente nota anche per la sua dedizione alla musica brasiliana. foto
2-3
maggio: ore 10-13, 15-18
Lido Adriano (RA), Cisim “Ravenna Jazz” “Mister Jazz” WORKSHOP di human beatbox con ALIEN DEE “The Alien Beatbox” Protagonista
anche del concerto del 5 maggio “Pazzi di
Jazz” Young Project, in veste di direttore
del coro Teen Voices da lui stesso
addestrato nel corso di mesi di
attività didattiche con giovanissimi
studenti delle scuole ravennati, Alien Dee
sarà poi disponibile a condividere le
sue conoscenze anche con altri vocalist,
musicisti e un pubblico adulto nel corso del
seminario “The Alien Beatbox”.
Il workshop sarà un percorso di approfondimento storico e tecnico sull’utilizzo dello strumento “voce”, su come sfruttarne l’enorme potenziale attraverso la vocal instrumentation. Si affronteranno i lineamenti storici del beatbox, i primi approcci pratici, la sillabazione e le scomposizioni ritmiche, le modulazioni sonore vocali, la creazione della polifonia, le tecniche di respirazione, lo sviluppo delle capacità di improvvisazione/interazione con altri musicisti e con il pubblico, la microfonia, nozioni tecniche di registrazione in studio e di fonia nelle performance live. Pioniere italiano del beatboxing, Alien Dee ne è tra i principali esponenti a livello internazionale. Perfezionista nello sviluppo di inedite tecniche ritmiche, legato all’estetica jazz per quanto riguarda le sonorità e la pratica dell’improvvisazione, Alien Dee ha iniziato a ‘suonare senza strumento’ nel 2001, allenandosi in questa particolare disciplina, sorta all’interno della cultura hip hop per far fronte alla necessità di avere sempre musica a portata di mano quando si tratta di ballare in strada (breakdance) o quando si improvvisano rime (rap). Lo human beatbox è infatti l’arte di riprodurre la musica, sia nelle sue articolazioni ritmiche che nella riproduzione dei differenti timbri strumentali, unicamente attraverso l’apparato vocale. Così, in assenza di strumenti e anche di mezzi per riprodurre musica registrata, il beatboxer utilizza la voce e il proprio corpo per creare ritmi e suoni, in particolar modo imitando il beat delle percussioni e il fraseggio degli strumenti melodici. Sabato
2 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” DEE DEE BRIDGEWATER | CHINA MOSES "Just Family" Dee Dee Bridgewater – voce; China Moses – voce; Theo Croker – tromba; Irwin Hall – sassofoni; Femi Temowo – chitarra; Michael Gorman – pianoforte; Neville Malcolm – contrabbasso; Jose Joyette – batteria Madre e
figlia assieme sul palco per un ‘affare di famiglia’
dagli ampi orizzonti stilistici: sono Dee Dee
Bridgewater e China Moses. “Just Family” è
una rara occasione: pur non essendo nuove a esibirsi
assieme, Dee Dee e China non incrociano di frequente
le loro voci. A Ravenna lo faranno per un intero
concerto, che porrà la grande diva del jazz
afro-americano di fronte alla giovane China, che
dalla madre pare avere preso non poche cose: dalla
voce portentosa e vibrante al portamento sensuale
col quale domina la scena. Magie del dna: in China
sembra di rivedere la dirompente Bridgewater degli
anni della sua ascesa europea.
Oggi unanimemente riconosciuta come una delle migliori jazz singer in attività, Dee Dee Bridgewater ha avuto una carriera in parte ‘turbolenta’, specialmente per quanto riguarda la sua affermazione sulla scena statunitense. Nata Denise Eileen Garrett a Memphis nel 1950, prende poi il cognome del noto trombettista Cecil Bridgewater, col quale fu sposata all’inizio degli anni Settanta. A quel periodo risalgono anche le sue prime prove nella ‘serie A’ del jazz americano (con l’orchestra di Thad Jones e Mel Lewis, Dexter Gordon, Dizzy Gillespie, Max Roach, Sonny Rollins). Ma la completa maturazione artistica di Dee Dee avviene nel corso degli anni Ottanta, dopo il suo trasferimento in maniera stabile in Francia. Oltre a raffinare le sue interpretazioni jazzistiche, flirta con la musica commerciale, riuscendo così a creare un forte legame col pubblico, mai venuto meno da allora. In Italia, in particolare, ‘sfonda’ grazie al duetto con Ray Charles al festival di Sanremo del 1989 e ad altre apparizioni sempre a Sanremo nei due anni successivi. Le poche e sporadiche prove discografiche sino alla fine degli anni Ottanta sono state probabilmente il motivo della mancata consacrazione statunitense della cantante. Le cose cambiano però improvvisamente a partire dagli anni Novanta: Dee Dee ottiene un contratto con la Verve e infila una lunga serie di dischi memorabili. Nell’ultimo decennio le sue prove discografiche si diradano, ma ogni volta arrivano coi crismi del grande evento: progetti curatissimi destinati ad avere lunga vita nelle tournée internazionali, dalle chansons francesi di J'ai deux amours (2005) alla musica del Mali di Red Earth (2007), sino a un rinnovato incontro col repertorio di Billie Holiday (Eleanora Fagan, del 2010). Dopo tutto ciò, Dee Dee si è stabilita nuovamente negli Stati Uniti, questa volta da grande diva del canto jazzistico. Domenica
3 maggio
Piangipane (RA), Teatro Socjale, ore 21:30 "Ravenna Jazz" “Ravenna 42° Jazz Club” THE BLUE DOLLS SHOW Le Ragazze dello Swing Viviana Dragani, Angelica Dettori, Flavia Barbacetto – voci; Paolo Volante – pianoforte; Marco Parodi – chitarra; Riccardo Vigorè – contrabbasso; Luca Rigazio – batteria Le studiate movenze e gli
ammiccamenti, il guardaroba e gli accessori vintage delle
Blue Dolls strizzano l’occhio all’iconografia delle
pin up
degli anni Quaranta e Cinquanta, con tutto il loro
richiamo sensuale. E per quanto il loro repertorio
peschi a piene mani da un ampio periodo della
canzone italiana, sino agli Ottanta, quel che
più colpisce della loro musica è
proprio lo spirito sapientemente demodé, il
gusto delle cose antiche, insomma i sapori pieni e
buoni di una volta, quando ad ascoltare una bella
canzone non c’era da farsi venire delle
preoccupazioni da filosofia del linguaggio musicale.
Eccole dunque, accompagnate da una frizzante
ritmica, alle prese con i classici dello swing
all’italiana (Maramao
perché sei morto, Ma le gambe, Baciami
piccina, Ma l’amore no, Pippo non lo sa, Bellezza
in bicicletta, Un bacio a mezzanotte…) in
un raffinato ripensamento dell’impostazione canora e
musicale del Trio Lescano. Buscaglione, Carosone e,
più vicino a noi, Paolo Conte sono altre
tappe importanti degli spettacoli delle Blue Dolls,
resi brillanti dalle gag e i passi di danza delle
tre ragazze dello swing: Viviana Dragani, Angelica
Dettori e Flavia Barbacetto si dimostrano infatti
anche ballerine e attrici.
Dal loro primo apparire, nel 2005, le Blue Dolls si sono esibite in importanti festival e jazz club, ma quel che più le distingue è la capacità di far breccia nel mondo dello show business con la loro irresistibile presenza scenica unita ai virtuosismi vocali: ospiti delle più importanti trasmissioni televisive (tra gli altri con Michele Mirabella, Maurizio Costanzo, Piero Chiambretti), in tour con Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, sono state invitate a partecipare alla fiction dedicata al Trio Lescano (Rai Uno, 2010) dando voce alle protagoniste nelle parti cantate. Lunedì
4 maggio: ore 10-13, 15-17
Lido Adriano (RA), Cisim “Ravenna Jazz” “Mister Jazz” WORKSHOP di improvvisazione aperto a tutti gli strumenti con FRANCESCO BEARZATTI “Trova la tua voce” Lunedì 4 maggio Lido Adriano (RA), Cisim, ore 21:30 “Ravenna 42° Jazz Club” FRANCESCO BEARZATTI & MARTUX_M CREW “My Love Supreme” Inno d’amore a “A Love Supreme” di John Coltrane, a 50 anni dall’uscita Francesco Bearzatti – sax tenore; martux_m crew: martux_m & Zeno – elettronica; Paul Brousseau – Fender Rhodes A Love Supreme di John Coltrane
è nella ristrettissima lista di titoli che si
contendono la qualifica di più importante
disco della storia del jazz. E certamente la suite
spirituale di Coltrane è tra i favoriti al
posto d’onore sul podio. Pubblicata nel 1965 su
etichetta Impulse!, quest’opera di Coltrane ha
gettato un lungo cono di luce sui decenni a seguire:
gran parte del jazz prodotto da allora sino ai
nostri giorni deve infatti qualcosa a questo
conturbante capolavoro.
E ora, allo scoccare del cinquantesimo anniversario dalla sua uscita, un manipolo di musicisti tra i più scaltri nell’esplorazione dei ‘testi sacri’ riapre le pagine del magnum opus coltraniano. In presenza di Bearzatti e martux_m difficilmente potremmo parlare di semplice omaggio o rilettura; più propriamente ci troveremo davanti a un’esplorazione che scaverà nel profondo della musica di Coltrane. La carriera di Francesco Bearzatti (Pordenone, 1966) si svolge principalmente su una dimensione internazionale. Nella sua musica risuonano oggi le eterogenee componenti della sua formazione: gli studi classici, il metal, la musica da ballo popolare e moderna. Dopo aver firmato dischi dal notevole spessore non solo musicale (Suite for Tina Modotti, del 2008, X – Suite for Malcolm, del 2010), Bearzatti ha poi realizzato Monk’n’roll (2013, CAM Jazz), progetto col quale ha dimostrato di sapersi esprimere sulle fondamentali pagine di Monk facendo emergere la propria già ben definita personalità di solista, senza farsi imbrigliare dalla consolidata tradizione re-interpretativa. Il guru dell’elettronica martux_m, pensiamo anche solo alla sua rivisitazione di In a Silent Way di Miles Davis, è a sua volta fautore di un processo di modernizzazione che lascia ampio spazio di manovra a una ricerca ritmico-timbrica dalla marcata propensione tecnologica. Francesco Bearzatti sarà inoltre protagonista, nella stessa giornata, del classico workshop di “Mister Jazz”, un incontro dedicato ai segreti dell’improvvisazione e aperto ai praticanti di qualsiasi strumento musicale. Martedì
5 maggio
Ravenna, Palco Palinuro - Darsena di Città, ore 21 “Ravenna Jazz” “Pazzi di Jazz” Young Project ORCHESTRA DEI GIOVANI, ORCHESTRA DI PERCUSSIONI, CORO SWING KIDS & CORO TEEN VOICES 250 giovanissimi diretti da Tommaso Vittorini, Ambrogio Sparagna & Alien Dee special guests PAOLO FRESU, AMBROGIO SPARAGNA & ALIEN DEE “Fly Me To The Moon” Omaggio a Frank Sinatra nel centenario della nascita Serata finale del progetto “Pazzi di Jazz” dedicata a Carlo Bubani Con il patrocinio di: Presidenza del Consiglio dei Ministri Comune di Ravenna Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna - MIUR Progetto premiato con: Medaglia del Presidente della Repubblica ingresso libero produzione originale
Dopo aver portato il
jazz all’interno di numerosi istituti scolastici
ravennati, tra gennaio e maggio, per un lungo
programma di seminari, approfondimenti e prove
musicali, Pazzi di Jazz esce all’aperto. È il
momento, per oltre 250 degli studenti coinvolti, di
esibirsi dal vivo in un concerto le cui
caratteristiche vanno ben al di là del
saggio. Infatti sul palco, assieme ai giovani
allievi, saliranno quelli che per mesi sono stati i
loro coach: Paolo Fresu, Alien Dee, Ambrogio
Sparagna, Tommaso Vittorini. Un eterogeneo ventaglio
di talenti capaci di conferire alla musica
un’espressività ad ampio raggio, oltre che di
trasmettere ai giovani le più varie
esperienze e conoscenze.
Fresu è solista lirico e dall’ingegno e la creatività incontenibili. Alien Dee è il fenomeno italiano del beatboxing, tecnica vocale tramite la quale è capace di inimmaginabili acrobazie ritmiche. Con Ambrogio Sparagna si spalancano invece i coinvolgenti mondi della musica popolare, mentre Tommaso Vittorini è compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra tra i più affermati sulla scena newyorkese. Al fianco di questi ‘numi tutelari’ i ragazzi ravennati si cimenteranno in un omaggio a Frank Sinatra (in occasione del centenario della sua nascita), con un programma musicale il cui filo conduttore sarà la luna. Tommaso Vittorini ha appositamente preparato gli arrangiamenti per il gigantesco organico formato dall’Orchestra dei Giovani della Scuola Media Don Minzoni, dall’Orchestra di Percussioni della Scuola Media Ricci-Muratori e dal coro Swing Kids della Scuola Primaria Mordani, mentre il coro a cappella Teen Voices è affidato alle cure di Alien Dee. Ospitato su un grande palcoscenico galleggiante allestito sull’acqua del Canale Corsini “Candiano”, con alle spalle la meravigliosa scenografia fornita dall’imponente Palinuro, storica nave goletta della Marina Militare, ormeggiata alle spalle dei musicisti, Pazzi di Jazz 2015 mira a confermare i sensazionali esiti della precedente annata, quando il progetto fu insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica per il meritorio lavoro in ambito didattico e culturale, mentre il concerto finale (allora in Piazza del Popolo) attirò un pubblico di 4000 persone. Mercoledì
6 maggio: ore 10-13, 15-17
Ravenna, Mama’s Club “Ravenna Jazz” “Mister Jazz” WORKSHOP di improvvisazione aperto a tutti gli strumenti con FLAVIO BOLTRO “Trumpet Therapy” Mercoledì 6 maggio Ravenna, Mama’s Club, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 42° Jazz Club” ALESSANDRO SCALA GROOVOLOGY QUARTET feat. FLAVIO BOLTRO presentazione album Groove Island (Schema Records) Alessandro Scala – sax tenore, sax soprano, effetti; Flavio Boltro – tromba, effetti; Leo Corradi – Hammond; Stefano Paolini – batteria Dopo il Viaggio stellare
in compagnia di Fabrizio Bosso, Alessandro Scala,
sassofonista ravennate classe 1968, giunge
sull’isola del ritmo, la Groove Island che dà il
titolo alla sua nuova produzione discografica,
sempre per la Schema Records. Questa volta al suo
fianco c’è un altro peso massimo della
tromba, Flavio Boltro, mentre la matrice bop tanto
cara a Scala si arricchisce delle sonorità
felpate dell’organo e degli innesti modernisti
dell’elettronica. Le due anime musicali di Scala,
quella in the
tradition e quella ‘sporca’ di funk e soul
si trovano qui a stretto contatto.
Alessandro Scala inizia gli studi di clarinetto, e poi di sax, sin dall’infanzia. L’approccio al jazz avviene dapprima da autodidatta, quindi sotto la guida di Fabio Petretti, Bob Bonisolo, Steve Grossman. La sua enorme dedizione alla musica senza preclusioni di stile gli permette di collaborare con nomi di rilievo in vari ambiti, dal jazz alla bossa nova, il funk, il blues: Bob Moses, Marilyn Mazur, Bruno Tommaso, Jimmy Owens, Marco Tamburini, Mario Biondi, Rosalia de Souza… Particolarmente duratura è la sua collaborazione con l’hammondista lounge Sam Paglia. Come leader, Scala si presenta abitualmente alla testa di quartetti e quintetti, avendo spesso al suo fianco partner di grande livello. Queste formazioni nascono come atto d’amore verso la stagione dell’hard bop, con un repertorio che in origine era sostanzialmente ripreso da Horace Silver, Hank Mobley, Lee Morgan, Miles Davis… Successivamente Scala ha arricchito i suoi programmi musicali con brani originali di ispirazione nu jazz ma legati comunque alla tradizione. Anche Flavio Boltro darà poi il suo contributo ai seminari di “Mister Jazz”, il giorno stesso del concerto, con un workshop di improvvisazione aperto a tutti gli strumenti dal titolo “Trumpet Therapy”. Giovedì
7 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” ANNIE WHITEHEAD GROUP feat. Jennifer Maidman, Sarah Jane Morris e Cristina Donà “Soupsongs” Dedicato a Robert Wyatt Annie Whitehead – trombone, direzione; Jennifer Maidman – voce, chitarra; Sarah Jane Morris – voce; Cristina Donà – voce, chitarra; Brian Hopper – sax tenore; Theo Travis – sax tenore, sax soprano, flauto; Steve Lodder – pianoforte, tastiere; Tim Harries – basso elettrico; Liam Genockey – batteria Doug Beveridge – ingegnere del suono esclusiva italiana “Soupsongs” è una
lunga carrellata all’interno delle canzoni dell’ex
leader dei Soft Machine Robert Wyatt, ideato dalla
trombonista inglese Annie Whitehead (Oldham, 1955).
Questo progetto ha ormai una lunga storia alle
spalle: ha esordito sulle scene inglesi nel 1999,
per girare poi nei più importanti festival
internazionali. Da allora la formazione è in
parte cambiata: assai significativa è stata
l’aggiunta della voce di Cristina Donà, che
fa parte della band dal 2004. La cantante italiana,
che col suo personale rock d’autore ha conquistato
il pubblico internazionale, ha ricevuto parole di
elogio anche dallo stesso Wyatt, ancor prima di
essere coinvolta in “Soupsongs”. La Donà si
inserisce nel cast orchestrale al fianco di Jennifer
Maidman e Sarah Jane Morris: una front line
canora il cui impatto rende merito all’onirica
immaginazione del guru del progressive rock inglese.
Annie Whitehead si è formata come jazzista, ma una volta arrivata a Londra, alla fine degli anni Settanta, si è dedicata anche alla fusion, il blues, il progressive rock, il reggae, collaborando tra gli altri con Joan Armatrading, Chris Rea, Bill Wyman, Elvis Costello, Robert Wyatt, i Communards e le Bananarama. Significativa è anche la sua frequentazione dei musicisti sudafricani residenti a Londra: la Whitehead ha suonato sia nella Brotherhood of Breath di Chris McGregor che negli Spirits Rejoice di Louis Moholo. Al di fuori dei confini inglesi, la si è ascoltata anche assieme a James Blood Ulmer, Abdullah Ibrahim e nel World Trombone Quartet con Ray Anderson. Nel gennaio 2015 Robert Wyatt ha compiuto 70 anni: a riaccendere i riflettori sul mitico batterista e cantante, oltre allo spettacolo della Whitehead, ci ha pensato la biografia ufficiale, Different Every Time, scritta da Marcus O’Dair. Venerdì
8 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” DIANNE REEVES feat. Peter Martin, Romero Lubambo, Reginald Veal, Terreon Gully “Beautiful Life” Dianne Reeves – voce; Peter Martin – pianoforte; Romero Lubambo – chitarra; Reginald Veal – contrabbasso; Terreon Gully – batteria Come le grandi jazz divas del
passato, delle quali è una vera erede
moderna, Dianne Reeves sa come saccheggiare la
musica commerciale contemporanea, estrapolandone
gemme da proiettare nella galassia della jazz song.
Così, l’irresistibile appeal melodico si
arricchisce di conturbanti armonizzazioni e ritmi
che portano l’eccitazione strumentale ai massimi
livelli, come avviene nel suo più recente
album, Beautiful
Life, col suo repertorio R&B, latino e
pop (Bob Marley, Marvin Gaye, Ani DiFranco)
proiettato in un’orbita jazzistica grondante di
soul.
Originaria di Detroit, Dianne Reeves è la principale voce femminile del jazz odierno. La sua notorietà internazionale, se mai ce ne fosse stato bisogno, è stata ulteriormente amplificata dall’apparizione nel film di George Clooney Good Night, and Good Luck, la cui colonna sonora è valsa alla Reeves l’ennesima affermazione ai Grammy Awards come migliore cantante di jazz, successo ora ripetuto con Beautiful Life (Grammy 2015 come migliore disco di jazz vocale). La carriera solistica della Reeves inizia a decollare all’inizio degli anni Ottanta. Nel 1984 va in tournée con Harry Belafonte, poi nel 1987, è la prima cantante a essere messa sotto contratto dalla rinata Blue Note, etichetta discografica per la quale ha inciso sino al 2008. Abituata a muoversi con disinvoltura tra il jazz e il pop, negli ultimi quindici anni la Reeves si è concentrata principalmente sulla sua attività jazzistica, portando a nuovi fasti il lascito di Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan e Carmen McRae. Particolarmente importante è stata la sua collaborazione con Wynton Marsalis e la Lincoln Center Jazz Orchestra. Sabato
9 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” ARTURO SANDOVAL SEXTET Arturo Sandoval – tromba; Kemuel Roig – pianoforte; John Belzaguy – basso el.; Alexis Arce – batteria; Ricardo "Tiki" Pasillas – percussioni; Marius Preda – cimbalom prima italiana Arturo Sandoval è
una delle leggende della musica cubana (pur avendo
svolto, come non pochi suoi connazionali, gran parte
della sua carriera nelle vesti di emigrato). Nato ad
Artemisa nel 1949, nel 1977 entra a far parte
stabilmente della United Nation Orchestra di Dizzy
Gillespie, che è l’idolo di Sandoval e che ne
diverrà mentore. Membro fondatore dei mitici
Irakere, dai primi anni Ottanta Sandoval inizia una
carriera da solista senza sacrificare nessuno dei
suoi numerosi talenti. Come jazzista lo si ascolta
al fianco di Woody Herman, Woody Shaw, Michel
Legrand, Stan Getz, Tony Bennett, mentre non sono da
meno le collaborazioni pop e crossover: Frank
Sinatra, Paul Anka, Rod Stewart, Alicia Keys,
Céline Dion, John Williams. Nel frattempo fa
man bassa di ogni possibile premio dell’industria
musicale ed entra nel mondo del cinema (con le
colonne sonore per Havana e Mambo Kings e addirittura con un
film dedicato alla sua vita con Andy Garcia: The Arturo Sandoval
Story). In aggiunta, non trascura la sua
formazione di musicista classico, esibendosi come
solista con le più importanti orchestre
sinfoniche. Tra un tour e l’altro, nel 1990 Sandoval
ha ottenuto asilo politico dagli USA, ricevendone la
cittadinanza nel 1999.
Dopo un lungo legame con l’etichetta discografica GRP, l’attività più recente di Sandoval è documentata dalla Concord, label da sempre particolarmente sensibile al jazz latino. Le incisioni di questi ultimi anni si sono focalizzate su una serie di omaggi: a Dizzy Gillespie, Rafael Méndez, Armando Manzanero. Domenica
10 maggio
Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” GREGORY PORTER QUINTET “Liquid Spirit” Gregory Porter – voce; Yosuke Satoh – sax alto; Chip Crawford – pianoforte; Aaron James – contrabbasso; Emanuel Harrold – batteria prima italiana Gregory Porter nasce a
Los Angeles nel 1971 e cresce a Bakersfield con la
madre, che è ministro di culto, mentre il
padre ha abbandonato la famiglia. Sin da piccolo
Porter trova un ‘padre’ sostitutivo in Nat King
Cole: lo ascolta con passione e prova a imitarlo. Ma
le sue prime aspirazioni sono di tutt’altro genere.
Porter avrebbe infatti potuto diventare un giocatore
professionista di football: fu un infortunio a
impedirgli questa carriera e a lasciargli quindi il
tempo di continuare a cantare, con quella sua voce
baritonale dalla quale prorompono l’ardore del soul,
il tormento del blues, il luminoso senso melodico
del jazz d’annata.
Muovendosi nella scena dei piccoli jazz club, Porter incontra il sassofonista-pianista Kamau Kenyatta: è lui che lo presenta a Hubert Laws. Grazie a questa conoscenza Porter arriva finalmente all’esordio discografico da leader, ormai alla soglia dei quarant’anni, con l’album Water (2010). Non è un esordio come tanti altri: Porter è un cantante dalla voce imponente, pregna di blues, gospel e teatro. Da un nitido omaggio alla vocalità di Nat King Cole passa, senza soffermarsi troppo sull’antiquariato, a un ripensamento di questo suo modello, del quale fornisce una ‘revisione’ contemporanea scevra di sdolcinatezze e attenta agli sviluppi moderni della ritmica e la vocalità afro. Risultato: riceve subito una nomination ai Grammy, cosa che si ripete anche per il disco seguente, Be Good (2012). Porter si è già velocemente imposto come un fenomeno internazionale quando nel 2013 realizza il terzo disco, Liquid Spirit, che segna il suo esordio per l’etichetta Blue Note. Questa volta il Grammy come miglior album di jazz vocale è suo. Lunedì
11 maggio
Piangipane (RA), Teatro Socjale, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 42° Jazz Club” MINA AGOSSI QUARTET “Fresh” Mina Agossi – voce; Romain Ross – chitarra; Eric Jacot – basso acustico; Philippe Combelle – batteria esclusiva italiana La musica del quartetto
di Mina Agossi è pura pulsazione emotiva, una
specie di rete elastica sulla quale rimbalza la voce
della cantante franco-africana. Autrice di canzoni
che versano una buona dose di vetriolo sul jazz
downtown newyorkese, la Agossi non si sottrae alla
prova delle più note jazz songs,
alle quali sa applicare i più inaspettati
travestimenti: i groove
più attuali si affiancano a pose
cabarettistiche, mentre una sana vena di humour rende
possibile il matrimonio tra underground e
canzoni di Cole Porter. L’uso costantemente creativo
delle scansioni metriche, come un caleidoscopio in
cui le figure sonore glissano le une nelle altre,
trasforma poi questa musica in un vero teatro del
ritmo. Il suo passato da attrice trapela dal
prorompente carisma col quale tiene la scena,
dall’estasi con la quale si impossessa delle
canzoni, dal piglio seducente con cui tiene in mano
il pubblico: la sua voce è capace di
trascolorare dalla perdizione di Marlene Dietrich
all’innocenza di Judy Garland.
Nata in Francia nel 1972, Mina Agossi realizza il suo primo disco nel 1995, individuando da subito quella che sarà la sua cifra distintiva negli anni a venire: canzoni senza fiati né tastiere, con la voce in diretto e totale contatto con il ritmo. Da questo stile “voce, basso e batteria” decisamente unico scaturisce una musica ruvida e diretta, fatta di emozioni senza mediazione. Col primo album, Voice & Bass, riceve il premio per i giovani talenti assegnato dalla FNAC. Il secondo disco, Alkemi, è la scintilla che attira l’attenzione di Archie Shepp, che da allora si avvale della Agossi come vocalist per i suoi gruppi. A partire dal 2004, prodotti dalla casa discografica inglese Candid, escono dischi che sono l’apoteosi del trio della Agossi: tra questi Who Wants Love? (2007), registrato dal vivo allo Jazz Standard di New York. Dal 2010, col passaggio a un’altra prestigiosa etichetta discografica, la Naïve, la musica della Agossi si allarga oltre la dimensione del trio, lasciando spazio ai contributi di una serie di ospiti senza venire meno all’essenzialità del suo impatto sonoro. Frutto di questa nuova stagione sono album come Just Like a Lady, Red Eyes (con Archie Shepp) e il recentissimo Fresh. Giovedì
14 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” CRISTIANO CALCAGNILE MULTIKULTI OCTET Tributo a Don Cherry Gabriele Mitelli – tromba, flicorno, pocket trumpet; Massimo Falascone – sax alto, sax baritono, oggetti, electronics; Nino Locatelli – clarinetto, clarinetto basso, melodica, campane; Pasquale Mirra – vibrafono; Paolo Botti – viola, violino di Stroh, banjo, salterio ad arco, erhu, percussioni; Gabriele Evangelista – contrabbasso; Cristiano Calcagnile – batteria, percussioni, arrangiamenti; Dudu Kouatè – percussioni, xalam, calebasse, djembe, effetti, voce Con il suo Multikulti, un
ampio organico dalla vasta e inusuale
strumentazione, Cristiano Calcagnile esplora con
passione il magico, profondo e variegato mondo
musicale di una delle icone più eccentriche
del jazz: Don Cherry, protagonista sia come leader
che al fianco di altri grandi (Ornette Coleman e
John Coltrane su tutti) della rivoluzione free. Musicista
curioso e inquieto, Cherry ha esportato questo
messaggio libertario dagli Stati Uniti all’Europa
(aggregandosi, tra gli altri, ad Han Bennink e
Johnny Dyani), viaggiando poi in ogni dove,
raccogliendo nuovi argomenti per la sua musica:
dagli influssi dell’Africa e dell’India al
minimalismo nord europeo, sino alle sperimentazioni
psichedeliche.
Calcagnile, nato a Milano nel 1970, dopo aver studiato percussioni in ambito classico, allarga i suoi orizzonti dedicandosi anche alla batteria jazz. Sviluppa così un linguaggio percussivo personale e capace di esprimersi su molteplici dimensioni. Dalle prime esibizioni con l’Orchestra della Scuola Civica di Milano passa al Milan Percussion Ensemble, collaborando poi con la cantautrice rock Cristina Donà (dal 1998 al 2007) e Stefano Bollani (nei Visionari, dal 2004). Nel 2005 si aggrega al Collettivo Bassesfere, mentre negli anni seguenti avvia le collaborazioni con Monica Demuru, Cristina Zavalloni, Gianluca Petrella, il gruppo “Uomini in Frac” (Peppe Servillo, Giovanni Lindo Ferretti, Furio Di Castri, Rita Marcotulli, Danilo Rea, Fabrizio Bosso, Javier Girotto…). Sul fronte internazionale ha suonato e inciso con Anthony Braxton, William Parker, Ernst Reijseger, Butch Morris, il Rova Saxophone Quartet… Venerdì
15 maggio
Piacenza, Teatro Municipale, ore 21:15 “Piacenza Jazz Fest” JAN GARBAREK QUARTET feat. Trilok Gurtu Jan Garbarek – sax tenore, sax soprano; Rainer Brüninghaus – pianoforte, tastiere; Yuri Daniel – contrabbasso; Trilok Gurtu – percussioni Il successo riscosso in
anni recenti dall’inserimento del percussionista
indiano Trilok Gurtu in una band affermata a livello
planetario come quella del norvegese Jan Garbarek
non è frutto del caso. Per esempio, scavando
negli archivi dell’ECM emerge una gemma come Song for Everyone,
del 1984, dove Garbarek è in una compagnia
assai esotica: oltre a Gurtu ci sono, in libera
uscita dagli Shakti, Zakir Hussain e Shankar. Nel
colorismo poliritmico dell’estroverso Gurtu, il
suono estatico, simile alla voce umana, del sax di
Garbarek trova un perfetto complemento e un adeguato
contrasto: ne sortisce una fusione di elementi world di varia
provenienza, dalle terse melodie scandinave alle
piccanti progressioni ritmiche orientali.
La carriera di Garbarek prende il via nei primi anni Sessanta: il jazz era allora ancora un punto di riferimento preciso per il sassofonista nato nel 1947 a Mysen. Suona con George Russell e si fa quindi coinvolgere dal free jazz (Albert Ayler, Peter Brötzmann), per poi ripudiare l’avanguardia e reinventarsi come sassofonista post-bop. È questo il momento in cui inizia a brillare la sua stella: incomincia a registrare per la ECM, dando il via a un sodalizio che dura ancora oggi, suona con Chick Corea, Don Cherry e, soprattutto, entra a far parte del quartetto europeo di Keith Jarrett. A partire dagli anni Ottanta la produzione musicale di Garbarek incorpora elementi world in maniera sempre più consistente. Il suono inconfondibile del suo sax emerge come una visione mistica in alcune produzioni crossover che rilanciano ulteriormente la sua fama. Vertice assoluto di questa nuova fase è Officium (1993), registrato con l’Hilliard Ensemble: un tale best seller da dare una nuova impronta alla successiva carriera di Garbarek, che da allora ha continuato a riproporsi con il gruppo vocale britannico, mentre anche le altre sue formazioni hanno imboccato la via di un raffinatissimo estetismo sonoro. Martedì
19 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” HOBBY HORSE Dan Kinzelman – sax tenore, clarinetti, flauti, tastiere, percussioni, voce; Joe Rehmer – contrabbasso, tastiere, voce; Stefano Tamborrino – batteria, percussioni, voce FRESH FISH QUINTET Daniele Tittarelli – sax alto; Francesco Lento – tromba; Domenico Sanna – pianoforte; Luca Fattorini – contrabbasso; Marco Valeri – batteria Formatisi nel 2008, gli
Hobby Horse hanno già alle spalle tre dischi
autoprodotti e un centinaio di concerti in Italia,
Europa e Stati Uniti quando approdano alla Parco
della Musica Records: è il 2012 e realizzano
il disco Eponymous,
perfetta sintesi della loro musica. Questo trio, che
affianca in maniera paritetica tre dei più
significativi rappresentanti della ‘new wave’
jazzistica italiana (Kinzelman e Rehmer risiedono
stabilmente da anni nel nostro paese), interseca
slanci dinamici e improvvisazioni dall’incedere
ipnotico, assorbendo e metabolizzando spunti dal
free jazz, l’ambient, il rock e rifacendosi, nel
repertorio, anche a Tom Waits, Robert Wyatt,
Thelonious Monk.
Anche i Fresh Fish sono un’unità collettiva, pur se al suo interno il nome di Daniele Tittarelli spicca per la sempre più evidente posizione che sta assumendo nel panorama del jazz italiano (al fianco di Roberto Gatto, Enrico Rava, PMJO Parco della Musica Jazz Orchestra…). Anche il recente Cd Prestazione (Parco della Musica Records, 2014) conferma il ruolo centrale dei due fiati, in un repertorio che privilegia le composizioni originali, che si muovono come una fresca e contemporanea evoluzione dei modelli post-bop. Ma il gruppo sa lavorare anche sugli standard, sottoponendoli a una continua sperimentazione, con modalità da vero e proprio ‘jazz lab’.
Mercoledì 20 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” PASQUALE INNARELLA & CARMINE IOANNA HIRPUS DUO Pasquale Innarella – sassofoni; Carmine Ioanna – fisarmonica GABRIELE COEN QUINTET Plays the music of John Zorn Gabriele Coen – sax soprano, clarinetto; Benny Penazzi – violoncello; Luca Venitucci – fisarmonica, pianoforte; Danilo Gallo – contrabbasso; Zeno de Rossi – batteria Pasquale Innarella e
Carmine Ioanna, assai distanti all’anagrafe (il
sassofonista è nato nel 1959, il
fisarmonicista nel 1985), hanno in comune la terra
d’origine: l’Irpinia. Le radici geografiche non
vincolano comunque il duo, il cui repertorio ospita
canzoni latino-americane come spunti di musica
popolare della più varia provenienza.
Classici del jazz e temi originali completano i
materiali dai quali prende il via il vorticare delle
improvvisazioni, percorse da un lirismo dai bagliori
romantici mentre via via trasformano l’aspetto dei
brani col loro peregrinare armonico.
Gabriele Coen, nato a Roma nel 1970, è l’unico musicista italiano ad avere inciso per la Tzadik, l’etichetta di culto fondata e gestita da John Zorn: Awakening (2010) e Yiddish Melodies in Jazz (2013), entrambi realizzati con il quintetto Jewish Experience. Non stupisce dunque sentire ora Coen affrontare di petto la musica di Zorn, artista di importanza capitale, sia come esecutore che come compositore, nello sviluppo del jazz postmoderno, prima della svolta che lo ha trasformato nel guru dell’avanguardia applicata alla tradizione musicale ebraica. In particolare, il quintetto di Coen ripercorre il songbook associato al gruppo Masada, concedendosi qualche incursione anche nei Filmworks, le musiche a uso cinematografico che rappresentano uno dei più importanti filoni dell’attività compositiva di Zorn. Giovedì
21 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” AVISHAI COHEN NEW TRIO “From Darkness” Avishai Cohen – contrabbasso, voce; Nitai Hershkovits – pianoforte; Daniel Dor – batteria Nato nel 1970 in Israele
in una famiglia dai forti interessi musicali,
Avishai Cohen viene avviato agli studi di
pianoforte all’età di nove anni. Quando ne ha
quattordici, la sua famiglia si trasferisce a St.
Louis, nel Missouri. L’arrivo negli Stati Uniti
coincide con l’inizio della passione per il basso,
inizialmente quello elettrico, stimolata
dall’ascolto di Jaco Pastorius. Avishai ritorna
però in Israele dove prosegue gli studi e
svolge il servizio militare: è solo dopo di
questo che decide di trasferirsi a New York. Vi
arriva nel 1992 e deve affrontare una vita dura per
mantenersi. Inizia però presto a suonare con
Ravi Coltrane, Wynton Marsalis, Joshua Redman,
Paquito D’Rivera, Roy Hargrove, Danilo Perez
finché, nel 1997, la sua fortuna cambia
radicalmente quando Chick Corea lo coinvolge nel suo
trio e nel gruppo Origin. Cohen viene catapultato
nei piani alti del jazz, posizione da cui continua
ad affinare la sua tecnica strumentale e
compositiva.
Corea permette a Cohen di esordire anche come leader, producendogli con la sua etichetta discografica una serie di album a partire da Adama (1998). È chiaro sin da subito che guidare i propri gruppi permette a Cohen di dare libero sfogo non solo alle sue doti solistiche ma specialmente a quelle compositive, mentre nella sua musica emergono influssi latini e mediterranei. Da allora la sua carriera è proseguita con una fitta produzione discografica da leader, sospinta anche dalla creazione di una propria etichetta, la Razdaz Recordz. Da alcuni anni Cohen si è stabilito nuovamente in Israele: gli elementi mediorientali e gli influssi della musica ebraica si intrecciano ora ancor più saldamente alla matrice jazzistica afro-americana. Il New Trio è la perfetta incarnazione di questo ritorno alle origini di Cohen: il primo disco di questa nuova line up, From Darkness, è previsto proprio per il 2015. Pagine ufficiali di Avishai Cohen: www.avishaicohen.com / www.facebook.com/avishaicohenmusic Venerdì
22 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” FRANCO D’ANDREA “ELECTRIC TREE” feat. Dj Rocca & Andrea Ayassot Franco D’Andrea – pianoforte; Dj Rocca – live electronics; Andrea “Ayace” Ayassot – sax alto Ancora una volta Franco
D’Andrea ha fatto incetta di premi nell’ambito del
referendum Top Jazz indetto dal mensile Musica Jazz:
l’edizione 2014 lo ha visto affermarsi come miglior
musicista dell’anno e per la migliore formazione
dell’anno (il Sextet). Riconoscimenti che vanno ad
aggiungersi a un assai ricco palmarès.
Franco D’Andrea (Merano, 1941) si conferma come una delle figure più rilevanti del jazz made in Italy, dimostrando, dopo decenni di attività, di essere nel pieno di una luminosa fase creativa. Dalle stupefacenti performance del quartetto, all’innovativa proposta in trio con i fiati di Ottolini e D’Agaro, al sestetto che riunisce le due precedenti formazioni, sino alla dimensione più raccolta del piano solo, che da sempre è tra le preferite di D’Andrea: in ogni situazione strumentale il pianista meranese ha raggiunto il punto di più perfetta cristallizzazione. Nella genesi del più recente gruppo di D’Andrea, l’Electric Tree, galeotta fu Rai Radio Due, la cui trasmissione Musical Box aveva invitato numerosi dj e musicisti a mettere mano su un brano in solo del pianista, remixandolo in base alla propria cifra stilistica. Fu D’Andrea in persona a scegliere il remix vincitore del contest: ne era autore Luca Roccatagliati, alias Dj Rocca del Maffia Soundsystem. Lo spunto di quel primo brano non rimase isolato: D’Andrea e Dj Rocca hanno continuato a lavorare assieme coinvolgendo Andrea Ayassot, membro ormai storico del quartetto del pianista. Ed ecco servite le imprevedibili traiettorie sonore dell’Electric Tree. Sabato 23
maggio
Imola (BO), Teatro Ebe Stignani, ore 21:15 MELINGO “Linyera” Daniel Melingo – voce, clarinetto; Muhammad Habibi El Rodra Guerra – chitarra elettrica, sega musicale; Lalo Zanelli – pianoforte, voce; Romain Lécuyer – contrabbasso, voce; Facundo Torres – bandoneon, voce Anteprima “Imola in Musica 2015” esclusiva italiana Dopo un passato da
rocker, Melingo è diventato il rivoluzionario
del tango e della milonga, cantore di una Buenos
Aires (dove è nato nel 1957) fatta di vita
bohemien, di esperienze intense, di locali notturni
e cabaret, di avventure furiose e sovreccitanti, di
sensibilità al limite dell’allucinazione. In
fin dei conti, con la sua voce brunita del tutto
fuori dell’ordinario e la magnetica presenza sul
palco, Melingo non fa altro che cantare la propria
vita, un’esistenza talmente intensa che non poteva
che trasformarsi in una strofa di tango. Senza
travisarne le radici, Melingo ha dato nuova foggia,
stranita e onirica, alla tango canción codificata da
Carlos Gardel. Con la sua estetica che accosta
semplicità ed eccesso, rispetto e
irriverenza, ortodossia ed eresia, Melingo ha
reinventato la musica di Buenos Aires.
Il titolo del suo più recente disco è Linyera, ossia “vagabondo”: il personaggio che Melingo mette al centro dei suoi tanghi anticonvenzionali, talvolta infiltrati di blues e di jazz, sofisticati ma pur sempre legati alla narrazione della vita dei bassifondi. Storie forti, che traggono linfa dalle pagine di Federico Garcia Lorca, Evaristo Carriego, Borges, Bukowski e che l’artista proietta in un teatro espressionista con la sua voce tormentata. Melingo sta all’Argentina come Tom Waits agli Stati Uniti e Paolo Conte all’Italia: e se del primo possiede la voce scavata, col secondo condivide l’intonazione ironica e ammiccante. Domenica 24
maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” FABRIZIO BOSSO QUARTET Fabrizio Bosso – tromba, flicorno; Julian Oliver Mazzariello – pianoforte; Luca Alemanno – contrabbasso; Nicola Angelucci – batteria Dopo essere stato artist in residence
nella scorsa edizione di Crossroads, facendosi
ascoltare con diverse formazioni ‘a tema’, Fabrizio
Bosso si ripropone ora al pubblico del festival con
il suo quartetto: puro e semplice jazz, ma con tutto
il repertorio di virtuosismi e l’incredibile
inventiva che contraddistinguono questo
incontenibile solista.
Una carriera in continua e inarrestabile ascesa quella di Fabrizio Bosso, a partire dall’esordio, immediatamente sensazionale, con il disco Fast Flight (2000). Ha collaborato con i migliori jazzisti italiani (Stefano Di Battista, Paolo Fresu, Flavio Boltro), ma ormai siamo abituati ad ascoltarlo soprattutto in veste di leader: dai suoi sestetti (celebre il Latin Mood), quintetti e quartetti sino a formazioni più piccole e fortemente caratterizzate nei programmi musicali (come lo Spiritual Trio). Frequenti sono poi i suoi accostamenti ad altri musicisti di grande caratura: è il caso dei duetti con Antonello Salis, Luciano Biondini, Irio De Paula, Julian Oliver Mazzariello. Parallelamente alla sua intensa attività jazzistica, Bosso ha sempre frequentato anche i palchi (e i dischi) del pop nazionale, usandoli come utilissimo trampolino per la sua visibilità e sempre figurando in contesti che ne hanno messo in risalto le qualità di solista: con Sergio Cammariere, Raphael Gualazzi, Mario Biondi, Nina Zilli, Nicola Conte…
Mercoledì 27 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” GIANLUCA PETRELLA NEW QUINTET “Cosmic Renaissance” Gianluca Petrella – trombone; Mirco Rubegni – tromba; Francesco Ponticelli – contrabbasso; Simone Padovani – percussioni; Federico Scettri – batteria Da anni seguiamo le
avventure della Cosmic Band di Gianluca Petrella,
che dal 2007 a oggi, prendendo spunto dalla musica
‘interstellare’ di Sun Ra, ha percorso in lungo e in
largo l’Europa, esibendosi nelle più
importanti sedi del jazz continentale. Col 2015
inizia un nuovo capitolo della storia di questa
formazione: l’organico viene completamente
rinnovato, prendendo la foggia di un quintetto, e
ribattezzato Cosmic Renaissance. Questo cambiamento
permette a Petrella una maggiore flessibilità
nella ricerca musicale, sulla base delle forme
sonore visionarie e in perenne mutazione alle quali
ci aveva abituati la Cosmic Band.
Gianluca Petrella, nato nel 1975 a Bari, appena maggiorenne vantava già collaborazioni con Roberto Ottaviano e Greg Osby. Prima del 2001, quando si aggiudica il referendum Top Jazz come “miglior nuovo talento”, la sua strada ha già incrociato anche quella di Carla Bley e Steve Coleman. Da allora le collaborazioni si sono succedute in quantità tali da essere difficilmente riassumibili e i premi sono fioccati a ciclo continuo (dal Django d’Or come “migliore talento europeo” nel 2001 al Top Jazz del 2005, questa volta come “migliore musicista dell’anno”; per non dire del referendum dei critici della rivista DownBeat, che lo vede vincitore nella categoria “artisti emergenti” nel 2006 e 2007, un traguardo mai prima d’allora raggiunto da un italiano). Tra le sue più rimarchevoli partnership spicca quella con Enrico Rava, ma ha suonato anche con Lester Bowie, Roswell Rudd, Ray Anderson, Pat Metheny, Steven Bernstein, la Sun Ra Arkestra diretta da Marshall Allen e, tra gli italiani, Paolo Fresu e Stefano Bollani. Ma quel che più conta sono le formazioni man mano ideate da Petrella, che ci hanno fatto conoscere la sua visione eversiva della tradizione trombonistica: dagli Indigo 4 ai Tubolibre, il duo Soupstar con Giovanni Guidi, il quartetto Brass Bang (con Fresu, Steven Bernstein e Marcus Rojas). Petrella è molto attivo anche al di fuori dei confini del jazz, soprattutto nell’ambito dell’elettronica. La sua più recente testimonianza in questo ambito è il disco (in vinile) 103 Ep. Giovedì
28 maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” HUGH MASEKELA & BAND “Playing at Work” Hugh Masekela – flicorno, voce; Fana Zulu – basso el.; Cameron Ward – chitarra; Johan Wilem Mthethwa – tastiere; Lee-Roy Sauls – batteria; Francis Manneh Fuster – percussioni prima italiana Classe 1939, Hugh
Masekela è l’indomito campione del jazz
sudafricano. Impugna la sua prima tromba
all’età di quattordici anni, dimostrando
subito la sua predisposizione per lo strumento. Nei
suoi primi anni di attività professionale il
jazz si alterna alla musica popolare, mentre le
drammatiche condizioni civili del Sudafrica in piena
apartheid si riflettono sia nell’espressività
del suo stile che nelle scelte di vita di Masekela.
Nel 1959 forma i Jazz Epistles, tra gli altri con Dollar Brand (poi noto come Abdullah Ibrahim): è il primo gruppo di jazz sudafricano a incidere un disco. L’inasprirsi dell’apartheid e il massacro di Sharpeville, nel 1960, convincono Masekela a lasciare il paese. Fa rotta verso gli Stati Uniti, dove riprende gli studi e, grazie all’amicizia di Harry Belafonte e Miriam Makeba (che poco dopo sarebbe diventata sua moglie, anche se per breve tempo) viene introdotto nel giro delle case discografiche: MGM, Mercury, Verve, presso le quali sviluppa una personale ibridazione di jazz, pop e musica africana. Il grande successo arriva sul finire degli anni Sessanta, dopo il divorzio dalla Makeba e il trasferimento in California. In questo periodo collabora anche con i Byrds e Bob Marley. Nel corso degli anni Settanta fa la spola tra Stati Uniti e Africa, realizzando progetti dai sempre più marcati influssi etnici, finché nel 1990, a seguito della fine del regime di segregazione razziale, decide di stabilirsi nuovamente in Sudafrica. Da allora la sua influenza e attività come nume della musica di quel paese non è mai venuta meno. Pur essendo attivo soprattutto come jazzista, sono le sue sortite in altri territori ad aver fatto di lui un mito della musica africana: è stato tra i primi fautori di un tipo di fusion che oggi si identifica come world music, ma ha suonato anche in ambito pop, R&B e disco. Sabato 30
maggio
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” MAURO OTTOLINI & SOUSAPHONIX “Musica per una società senza pensieri” Mauro Ottolini – trombone, conchiglie, flauti sardi, arrangiamenti, direzione; Vanessa Tagliabue Yorke – voce, pentole cromatiche; Vincenzo Vasi – voce, theremin, giocattoli, elettronica; Flavio Davanzo – tromba; Guido Bombardieri – sax alto, clarinetto; Dan Kinzelman – sax tenore, flauto, clarinetto basso; Roberto De Nittis – fisarmonica, armonio a pedali, piano giocattolo, tastiere; Enrico Terragnoli – banjo, chitarra elettrica, podofono; Danilo Gallo – contrabbasso, balalaika bassa, liuto basso; Zeno de Rossi – batteria; Simone Padovani – percussioni Domenica
31 maggio
Correggio (RE), Palazzo Principi - Sala Conferenze, ore 17:30 Mauro Ottolini presenta “Musica per una società senza pensieri” un film di Mauro Ottolini e Sousaphonix (45’) regia e riprese di Francesco Crapanzano ingresso libero Meritatamente travolto
dal successo della precedente avventura dei
Sousaphonix (quel Bix
Factor che nel 2012 gli ha fatto vincere il
Top Jazz), Mauro Ottolini ha da poco sfornato il
primo di due volumi che compongono un nuovo concept album
di generose dimensioni e dai traboccanti contenuti
musicali (pubblicato come il precedente dalla Parco
della Musica Records).
Ispirandosi a una formazione realmente esistita quasi un secolo fa a Primolano, al confine con l’Austria, l’Orchestra della Società Senza Pensieri, ma soprattutto alle Folk Songs di Luciano Berio, Ottolini crea un paesaggio fantastico attraversato dalle più varie etnie musicali. Una babele di lingue e colori strumentali nella quale Ottolini diffonde tutta la sua immaginifica vena di arrangiatore: pagine originali mescolate con motivi folk, canti alpini e ritmi caraibici, melismi orientali e suoni contemporanei, filastrocche e ninne nanne. Per dare vita a tutto ciò, i Sousaphonix pare abbiano saccheggiato un museo degli strumenti musicali: ai fiati e la ritmica tipici del jazz si affiancano sulla scena oggetti esotici, conchiglie, pentole e giocattoli. Nato a Bussolengo (VR) nel 1972, Ottolini abbandona il suo posto nell’orchestra dell’Arena di Verona, per darsi alla vita girovaga del jazzista. Suona con Frank Lacy, Trilok Gurtu, Kenny Wheeler, Han Bennink, Carla Bley, Steve Swallow, Tony Scott, Maria Schneider, Enrico Rava e si ritaglia un posto al fianco dei big della canzone italiana, anche come arrangiatore (Negramaro, Lucio Dalla, Antonella Ruggiero, Vinicio Capossela, Malika Ayane, ma anche Luciano Pavarotti ed Amii Stewart). Oggi suona assiduamente con Franco D’Andrea (trio e sestetto), ma ormai Ottolini è soprattutto il leader di alcune delle più sorprendenti formazioni della musica creativa italiana. Oltre ai Sousaphonix (che rivelano al massimo grado il suo amore per il jazz antico e contemporaneo, sorvolando piuttosto l’era di mezzo del bop), ricordiamo gli Smashing Triad(s), i Lato Latino, l’orchestra Ottovolante, i Separatisti Bassi, oltre a molte altre combinazioni. Inoltre, domenica 31 maggio (alle ore 17:30 presso il Palazzo Principi; ingresso libero) Ottolini presenterà il film Musica per una società senza pensieri, che lo ritrae all’opera coi suoi Sousaphonix. Lunedì 1 giugno
Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” TIMES QUINTET Maria Pia De Vito – voce; Marcello Allulli – sax tenore; Rita Marcotulli – pianoforte; Francesco Ponticelli – contrabbasso; Alessandro Paternesi – batteria Una all stars italiana
che è anche un incontro e un confronto tra
generazioni: il Times Quintet allinea infatti sul
palco esponenti della nuova leva jazzistica
nazionale che già hanno conquistato un loro
ben definito spazio artistico (Francesco Ponticelli,
Alessandro Paternesi, entrambi classe 1983, e
Marcello Allulli) e due delle più
significative figure della nostra musica
improvvisata, Maria Pia De Vito e Rita Marcotulli.
Del resto entrambe queste ‘veterane’ continuano a
mantenere vigile il loro spirito di ricerca, in un
vivace succedersi di progetti musicali. A
consolidare l’interazione tra i componenti del
quintetto sono proprio l’ispirazione alla
contemporaneità e la ricerca di costruzioni
sonore che siano una panoramica di quanto di
più attuale circoli nel linguaggio
jazzistico.
Il Times Quintet è un organico al cui interno si respira un’aria di appassionata e intensa collaborazione, alla ricerca di un suono di gruppo fortemente personale. Il bilanciamento tra scrittura e improvvisazione crea strutture ben definite che però non ingabbiano mai la libertà espressiva dei solisti, liberi di aprirsi varchi verso direzioni impreviste. Nel repertorio, prevalentemente originale e firmato da tutti i musicisti della band, si incontrano, in un mix particolarmente espressivo, forme compositive inusuali, poliritmie, canzoni asimmetriche, ricerca sonora non convenzionale. |
Index | Comunicati stampa | Calendario eventi | Schede artisti | Foto per la stampa | I seminari | Info e prevendite | Link utili