Jazz Network, Regione Emilia-Romagna Assessorato alla Cultura
Ater, Associazione i-jazz, Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura, Comune di Rimini Settore Cultura
Comune di Correggio, Comune di Imola Assessorato alla Cultura
Comune di Russi - Teatro Comunale, Comune di Bagnacavallo Assessorato alla Cultura, Accademia Perduta-Romagna Teatri
Comune di Modena Assessorato alle Politiche Giovanili, La Tenda di Modena, Associazione Culturale Muse
Comune di Castelfranco Emilia Assessorato alla Cultura, Associazione Amici del Jazz di Modena
Comune di Parma Assessorato alla Cultura, Casa della Musica - Parma, Ars Canto G. Verdi - Parma
Comune di Forlì Assessorato alla Cultura e alle Politiche Giovanili, Teatro Diego Fabbri di Forlì
Italian Jazz Orchestra - Associazione Scuola Musicale D. Alighieri Bertinoro - Romagna Musica
Comune di Castel San Pietro Terme Assessorato alla Cultura, Combo Jazz Club di Imola, Uisp Castel San Pietro Terme
Comune di Casalgrande Assessorato Tempo Libero, Comune di Massa Lombarda Assessorato alla Cultura
Comune di Solarolo Assessorato alla Cultura, Comune di Fusignano Assessorato alla Cultura
Comune di Gambettola Assessorato alla Cultura, La Baracca dei Talenti - Gambettola, Teatro del Drago
Comune di San Mauro Pascoli Assessorato alla Cultura e Turismo, Comune di Savignano sul Rubicone Assessorato alla Cultura
Comune di Dozza Assessorato alla Cultura, Cooperativa Tre Corde - Compagnia Teatrale della Luna Crescente
Paradiso Jazz di San Lazzaro di Savena, Piacenza Jazz Club, Jazz Club Ferrara
Cisim di Lido Adriano - Associazione Culturale Il Lato Oscuro della Costa, Fondazione Teatro Socjale - Piangipane
Mama’s Club - Ravenna, Bronson Produzioni
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Con il patrocinio di SIAE - Società Italiana degli Autori ed Editori
-- SCHEDE
ARTISTI --
26-feb
| 3-mar | 4-mar
| 5-mar | 8-mar | 10-mar | 11-mar | 12-mar | 15-mar | 16-mar | 17-mar | 20-mar | 23-mar | 24-mar | 25-mar | 26-mar | 28-mar | 31-mar
| Domenica 26 febbraio Casalgrande (RE), Teatro Fabrizio De André, ore 21:15 PAOLO FRESU DEVIL QUARTET Paolo Fresu – tromba, flicorno, effetti; Bebo Ferra – chitarra; Paolino Dalla Porta – contrabbasso; Stefano Bagnoli – batteria Paolo Fresu artist in residence Il
Devil Quartet di Paolo Fresu ha mosso i primi passi sulle scene verso
il 2005: raccoglieva l’eredità di una precedente formazione, l’Angel
Quartet, e in pratica la sostituiva. La dialettica dei nomi non è
affatto casuale. Rispetto alle possenti iniezioni elettriche con le
quali la chitarra di Nguyên Lê caricava il sound
dell’Angel Quartet, la nuova band si caratterizzò immediatamente per le
sue sonorità più nitide, tanto da sembrare acustiche nonostante il
sensibile ricorso agli effetti elettronici di Fresu e Bebo Ferra. Da
allora, nella vorticosa creatività con la quale Fresu inaugura
continuamente nuovi progetti, il Devil Quartet è rimasto un punto
fermo, in maniera da costituire quasi un contraltare all’altra storica
formazione del trombettista, il quintetto (che si ascolterà tra l’altro
a Imola in aprile).
La storia del Devil Quartet ha avuto due momenti salienti in coincidenza con le pubblicazioni dei dischi Stanley Music (2007) e Desertico (2013). Quest’ultimo ha confermato la forza espressiva di un gruppo che si muove senza farsi ingabbiare in un genere musicale univoco: tra jazz, rock e meticciato sonoro, il Devil Quartet alterna sottile poesia e grintosi impasti sonori. FOTO Venerdì 3 marzo Fusignano (RA), Auditorium Corelli, ore 21:00 GIANLUCA PETRELLA & GIOVANNI GUIDI “Soupstar” Gianluca Petrella – trombone, effetti; Giovanni Guidi – pianoforte “Soupstar”,
sulla cresta dell’onda jazzistica italiana da quasi cinque anni, è quel
che avviene a mettere insieme due musicisti indomiti e creativi come
Gianluca Petrella e Giovanni Guidi, accomunati dall’essere transitati
nei gruppi di Enrico Rava (ed entrambi, al momento attuale, fanno parte
del quintetto Rava Tribe).
Gianluca Petrella, prima di entrare nell’orbita di Rava, aveva già messo in chiaro di avere una marcia in più rispetto ai jazzisti della sua generazione: nato nel 1975 (a Bari), appena maggiorenne vantava già collaborazioni con Roberto Ottaviano e Greg Osby. Prima del 2001, quando si aggiudica il referendum Top Jazz come “migliore nuovo talento”, la sua strada ha già incrociato anche quella di Carla Bley e Steve Coleman. Da allora le collaborazioni si sono succedute in quantità tali da essere difficilmente riassumibili e i premi sono fioccati a ciclo continuo (dal Django d’Or come “migliore talento europeo” nel 2001 al Top Jazz del 2005, questa volta come “migliore musicista dell’anno”; per non dire del Critics Poll della rivista DownBeat, che lo vede vincitore nella categoria “artisti emergenti” nel 2006 e 2007, un traguardo mai prima d’allora raggiunto da un italiano). Ma quel che più conta sono le formazioni man mano ideate da Petrella, che ci hanno fatto conoscere la sua visione eversiva della tradizione trombonistica: dagli Indigo 4 ai Tubolibre, alla Cosmic Band. Giovanni Guidi appartiene a una generazione più giovane (è nato a Foligno nel 1985) ma, Rava a parte, molte sono le similitudini tra il suo percorso e quello di Petrella, a cominciare da un approccio stilisticamente onnivoro che sottopone a una completa rivoluzione la tradizione jazzistica del suo strumento. Per il resto anche Guidi sta prendendo il largo con le collaborazioni internazionali, la creazione di gruppi a suo nome e l’accumulo di premi e riconoscimenti (anche lui si è aggiudicato il Top Jazz come “migliore nuovo talento”, nel 2007). FOTO Sabato 4 marzo Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30 JAMES BRANDON LEWIS TRIO “No Filter” James Brandon Lewis – sax tenore; Luke Stewart – basso el.; Warren Trae Crudup III – batteria Nativo
di Buffalo, classe 1983, James Brandon Lewis si è spostato da una costa
all’altra degli Stati Uniti, studiando e suonando con musicisti capaci
di indirizzarne bene l’innata musicalità, da Joshua Redman a Charlie
Haden e Matthew Shipp. Trasferitosi a New York, Lewis ha trovato un
forte sostegno alla sua carriera alla Sony, che lo ha scritturato per
la sua etichetta di punta per le nuove produzioni in campo jazzistico,
la Okeh Records.
Ha condiviso il palcoscenico con musicisti come Benny Golson, Geri Allen, Wallace Roney, oltre che con importanti figure della scena gospel. Contemporaneamente frequenta circoli di ben altro indirizzo musicale, assai più sperimentali: William Parker, Gerald Cleaver, Marilyn Crispell, Cooper Moore… Anche quando si riallaccia alla tradizione free, Lewis riesce comunque a esprimere una sorta di viaggio spirituale, a trasmettere ondate di misticismo. A rendere così comunicativa una musica che si muove fuori dagli schemi e le strutture consolidate concorre certamente la formazione di Lewis, segnata da una forte presenza della chiesa e quindi del gospel. FOTO Domenica 5 marzo Piacenza, Teatro President, ore 21:15 “Piacenza Jazz Fest” KENNY GARRETT QUINTET “Do Your Dance!” Kenny Garrett – sax alto, sax soprano; Vernell Brown – pianoforte; Corcoran Holt – contrabbasso; Marcus Baylor – batteria; Rudy Bird – percussioni Nato
a Detroit nel 1960, Kenny Garrett ha esordito nel 1978 con la Duke
Ellington Orchestra, sotto la direzione di Mercer Ellington (figlio di
Duke): oltre tre anni che hanno ampiamente contribuito alla formazione
del sassofonista, come ben dimostrano le sue collaborazioni
immediatamente successive. Prima di lanciarsi nella carriera da leader
Garrett infatti viene chiamato da Mel Lewis, Art Blakey, Freddie
Hubbard, Woody Shaw. Ma la fama del sassofonista è anche legata
indissolubilmente alla sua quinquennale partecipazione alla band di
Miles Davis: un periodo esaltante che ha consacrato Garrett come una
star di prima grandezza nella scena jazzistica mondiale.
Ancora giovanissimo, Garrett sfonda anche come leader: il suo primo disco da solista è del 1984 (Introducing Kenny Garrett, per la Criss Cross), lavoro seguito da altre fortunate pubblicazioni per la Atlantic e la Warner. L’attività da solista non ha interrotto le sue collaborazioni d’alto profilo: McCoy Tyner, Pharoah Sanders, Brian Blade, Marcus Miller, Herbie Hancock, Ron Carter, Elvin Jones, Mulgrew Miller… Tra il 2008 e il 2009 Garrett è stato impegnato con la Five Peace Band, al fianco di Chick Corea, John McLaughlin, Christian McBride e Vinnie Colaiuta: il Cd dal vivo che documenta questa esperienza ha vinto un Grammy Award. Negli ultimi anni le formazioni guidate da Garrett, pur nella varietà delle impostazioni (dal mainstream al R&B elettrico sino all’attuale quintetto decorato dal tocco latineggiante delle percussioni), sono state accomunate dalla vulcanica energia con la quale il sassofonista sa trascinare il pubblico verso finali da standing ovation. E il titolo del più recente disco di Garrett, Do Your Dance! (2016), più che riferirsi ai tempi ballabili del repertorio, sembra piuttosto una sintesi di quanto avviene durante i live di questa band, che spingono immancabilmente il pubblico a sollevarsi dalle sedie, travolto, quasi istigato, dall’impeto gioioso della musica. FOTO Mercoledì 8 marzo Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00 KARIMA QUINTET “Close To You” Karima – voce; Piero Frassi – pianoforte; Mirco Rubegni – tromba, flicorno; Francesco Puglisi – contrabbasso, basso el.; Lorenzo Tucci – batteria Karima
Ammar, nata a Livorno nel 1985, ha iniziato a farsi conoscere dal
grande pubblico, semplicemente col nome di Karima, partecipando alla
sesta edizione di Amici di
Maria De Filippi, dove ha vinto il Premio della Critica. Nel 2009 ha
gareggiato al Festival di Sanremo nella categoria Nuove Proposte.
Dopo l’EP d’esordio Amare le differenze (2009) e l’album Karima (2010), la cantante ha pubblicato un disco che l’ha sensibilmente avvicinata all’universo espressivo del jazz, Close to You. Karima Sings Bacharach: un progetto ambizioso nel quale interpreta le canzoni del leggendario compositore americano, che è stato al suo fianco durante le registrazioni in studio. E prima di questa incisione Karima aveva già cantato con Bacharach a Sanremo 2009 oltre che in occasione di una tournée del musicista statunitense. Molte le sue partecipazioni televisive, che hanno contribuito a sostenerne la fama: Amici - La sfida dei talenti, Crozza Alive, I migliori anni, Io canto e Tale e Quale Show condotto da Carlo Conti. È stata inoltre artista supporter per concerti di Whitney Houston, John Legend, Anastacia, Simply Red e Seal. FOTO Venerdì 10 marzo Rimini, Teatro degli Atti, ore 21:15 Musica Nuda PETRA MAGONI & FERRUCCIO SPINETTI “Leggera” Petra Magoni – voce; Ferruccio Spinetti – contrabbasso ** acquista i biglietti on-line ** Un titolo che si è trasformato in un marchio di fabbrica: Musica Nuda
(del 2004) fu il primo album in duo per Petra Magoni e Ferruccio
Spinetti. Difficilmente si poteva immaginare che una formula musicale
così ridotta ai minimi termini potesse produrre una tale sequenza di
risultati artistici e durare così a lungo nel tempo senza esaurire le
proprie risorse espressive. Invece di anno in anno la Magoni e Spinetti
ci hanno abituati a nuove e illimitate sorprese, ravvivando
continuamente la magia delle loro interpretazioni. Si sono così
succeduti altri nove album, sino al più recente Leggera, pubblicato nel gennaio di quest’anno, che fornisce la traccia al nuovo spettacolo del duo.
Rispetto al passato, nel repertorio di Musica Nuda hanno assunto una maggiore importanza i brani inediti (composti per il duo anche da autori come Al Jarreau e Max Casacci dei Subsonica). Ma non sono per questo venute meno le cover di brani portati al successo da altri grandi interpreti, da Sting e Bob Marley ai grandi classici della canzone francese. Il particolare riguardo per la chanson e il repertorio ‘cosmopolita’ non sono casuali, visto che il successo internazionale del duo è andato oltre le iniziali aspettative, pur considerando che la Magoni e Spinetti godono di una fama che si estende ben al di là dei confini del jazz (Spinetti è il bassista degli Avion Travel). FOTO Sabato 11 marzo Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30 JOE CHAMBERS PASSPORT Pietro Tonolo – sassofoni; Marc Abrams – contrabbasso; Jorge Rossy – vibrafono, batteria; Joe Chambers – batteria, vibrafono Un grande solista e una ritmica di quelle che fanno la storia sono i presupposti per un’indimenticabile serata musicale.
Joe Chambers (nato nel 1942 dalle parti di Filadelfia) ha un’importante collocazione nella storia del jazz moderno, a partire dagli anni Sessanta, quando fu protagonista di celebri incisioni per la Blue Note al fianco, tra gli altri, di Herbie Hancock, Wayne Shorter, Andrew Hill, McCoy Tyner, Freddie Hubbard, Bobby Hutcherson, Joe Henderson e Sam Rivers. Niente affatto trascurabile, poi, la sua presenza ritmica alle spalle di Eric Dolphy, Charles Mingus e Chick Corea. Pochi, tra i musicisti italiani in attività, godono come Pietro Tonolo della piena e incondizionata stima dei colleghi statunitensi. Ciò si deve alla sua grande personalità, alla profonda conoscenza della musica di matrice post-boppistica e ancora alle sue numerose e prestigiose collaborazioni: dalla Gil Evans Orchestra a Kenny Clarke, Chet Baker, Steve Lacy, Joe Lovano, Steve Swallow, Dave Holland e Paul Motian, della cui Electric Be-Bop Band è stato un componente stabile dal 1999 al 2004. Da numerosi anni Chambers e Tonolo danno vita a diversi trii e quartetti, sviluppando l’empatia musicale che è alla base del loro sodalizio artistico. Il quartetto Passport è completato dal solido basso di Marc Abrams e soprattutto dallo spagnolo Jorge Rossy, che è probabilmente il batterista europeo che ha lasciato il segno più indelebile nella scena jazz mondiale, a partire dalla sua lunga militanza nel trio di Brad Mehldau. La particolarità del quartetto Passport risiede proprio nella compresenza di Chambers e Rossy, artefici di un continuo scambio di ruoli tra batteria e vibrafono. FOTO Domenica 12 marzo Bagnacavallo (RA), Teatro Goldoni, ore 21:00 OMAR SOSA & SECKOU KEITA “Transparent Water” Omar Sosa – pianoforte, voce; Seckou Keita – kora, voce; Gustavo Ovalles – percussioni Lo
stile del cubano Omar Sosa è come un disegno futurista sul mappamondo
delle musiche ‘locali’: tenendo sempre ben stretto il legame con le sue
origini (la tradizione del folclore di Cuba), Sosa di volta in volta si
accosta agli stimoli musicali di altre parti del globo, passando
dall’Africa settentrionale alla cultura araba. La spinta innovativa di
Sosa viene dal ripensare questi influssi etnici sulla base dell’impulso
ritmico del jazz e dei linguaggi musicali delle ‘tribù urbane’: funky,
rap e hip hop.
In questo percorso musicale si inserisce perfettamente la collaborazione con il cantante e maestro di kora senegalese Seckou Keita. Dopo un fortuito incontro concertistico del 2012, il progetto “Transparent Water” inizia a prendere forma nel 2013 e da allora periodicamente si arricchisce di nuovi tasselli, col coinvolgimento di artisti provenienti da ogni parte del globo: il disco uscirà finalmente appena 3 settimane prima del concerto a Bagnacavallo. Commistione, libera improvvisazione, gioiosa condivisione tra musicisti, spiritualità fuori dal tempo sono le parole d’ordine di questa nuova avventura del pianista cubano. FOTO Mercoledì 15 marzo Piacenza, Conservatorio “G. Nicolini”, ore 21:15 “Piacenza Jazz Fest” GONZALO RUBALCABA QUARTET “Tribute to Charlie Haden” Gonzalo Rubalcaba – pianoforte; Matt Brewer – contrabbasso; Will Vinson – sax alto; Jeff Ballard – batteria Gonzalo
Rubalcaba (L’Avana, 1963), dopo un lungo apprendistato nell’ambiente
della musica cubana, viene ‘scoperto’ da Dizzy Gillespie nel 1985.
L’anno seguente Charlie Haden lo introduce nel reame del jazz,
inserendolo nel suo trio con Paul Motian e lanciandone così la carriera
internazionale.
Rubalcaba si impone immediatamente come pianista capace di coniugare l’universo latin e quello afro interpretandone al calor bianco sia gli aspetti più ritmici e viscerali che le atmosfere più liriche, con una tecnica il cui abbagliante virtuosismo non risulta mai invasivo e una raffinatezza di tocco e di sonorità da far invidia ai più celebrati pianisti classici. Le esibizioni in solo permettono di ascoltare in maniera rivelatoria la sua magnetica diteggiatura, ma anche immerso in qualunque altro contesto strumentale il suono di Rubalcaba emerge sempre vividamente con la sua classe incomparabile. I complicati rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti hanno ritardato l’ingresso di Rubalcaba nel paese ‘ufficiale’ del jazz, dove comunque alla fine è riuscito a emigrare (e del resto già incideva per la Blue Note, sulla quale esordì figurando come leader nelle registrazioni live del trio con Haden e Motian, proprio grazie all’intercessione del grande contrabbassista). Charlie Haden è stato dunque prima un mentore per Rubalcaba, poi un’influenza musicale significativa, quindi per molti anni un amico e compagno di musica. E ora l’ex pupillo dedica questo suo nuovo progetto al maestro, scomparso nel 2014. FOTO Giovedì 16 marzo Solarolo (RA), Oratorio dell’Annunziata, ore 21:00 EDDIE HENDERSON feat. PIERO ODORICI “Funk Surgeon” Eddie Henderson – tromba; Piero Odorici – sax tenore; Darryl Hall – contrabbasso; Willie Jones III – batteria A
volte si nasce davvero col destino segnato, ma non sempre c’è da
lamentarsi: la madre di Eddie Henderson era una ballerina del mitico
Cotton Club e nel giro delle sue amicizie contava Billie Holiday e
Sarah Vaughan; il padre cantava in un gruppo vocale che andava per la
maggiore (i Charioteers), mentre il patrigno era un medico dai pazienti
assai famosi: Duke Ellington, Count Basie, John Coltrane, Cannonball
Adderley… La sua prima lezione di tromba gli fu impartita all’età di 9
anni da… Louis Armstrong nel backstage
dell’Apollo Theatre, con lo strumento dello stesso Satchmo. Miles
Davis, che era un amico di famiglia, ne ammirava tanto il timbro da
incoraggiarlo a intraprendere la carriera musicale. Cresciuto in un
simile contesto, poteva diventare altro che un celeberrimo jazzista?
Da molto tempo Eddie Henderson (nato nel 1940 a New York ma cresciuto a San Francisco) cavalca l’onda del mainstream di derivazione hardboppistica come leader ma anche come membro di gruppi all stars (come i Cookers). Eppure, come ci ricorda il titolo “Funk Surgeon”, negli anni Settanta Henderson è stato un esponente di punta del funk elettrico, a partire dalla sua presenza nel gruppo Mwandishi di Herbie Hancock. I passi seguenti furono con Pharoah Sanders e i Jazz Messengers di Art Blakey. Poi prese il via la sua attività da leader, che si materializzò inizialmente in una serie di dischi profondamente fusion per la Blue Note e la Capitol. Smaltito il periodo elettrico, lo si è ascoltato con Dexter Gordon, Roy Haynes, Jackie McLean, Joe Henderson, Elvin Jones, Johnny Griffin, Slide Hampton, Benny Golson, Max Roach, McCoy Tyner… FOTO Venerdì 17 marzo Fusignano (RA), Auditorium Corelli, ore 21:00 ENRICO RAVA & ROBERTO TAUFIC DUO Enrico Rava – tromba; Roberto Taufic – chitarra Enrico Rava artist in residence Enrico
Rava ci ha abituati soprattutto a formazioni medio-ampie: da una
varietà di quartetti e quintetti sino alla recente esperienza del Parco
della Musica Jazz Lab. Non di rado si concede però anche a situazioni
di intimo camerismo, come i duetti con Stefano Bollani, Danilo Rea,
Julian Oliver Mazzariello, Giovanni Guidi, Gianluca Petrella e Irio De
Paula. E proprio a quest’ultima collaborazione sembra riannodarsi
l’incontro con la chitarra di Roberto Taufic.
Enrico Rava (nato nel 1939 a Trieste) si ispira inizialmente a figure carismatiche come Chet Baker e Miles Davis. Si avvicina però ben presto all’avanguardia, suonando con Gato Barbieri, Don Cherry, Mal Waldron e Steve Lacy. In seguito, trasferitosi a New York per una decina d’anni, collabora con altri musicisti sperimentatori, tra cui Roswell Rudd, Marion Brown, Cecil Taylor, Carla Bley. Poi ha progressivamente trovato un approccio al mainstream di notevole individualità. La personalità di Rava è unica per il modo in cui ha saputo dare frutti eccellenti sia nel campo del jazz di ricerca (specie nella prima parte della sua carriera) che nel solco della tradizione. Roberto Taufic è nato nel 1966 in Honduras, ha origini palestinesi da parte di madre, è cresciuto nel nord-est del Brasile (dall’età di cinque anni) e attualmente risiede in Italia. Nel suo stile solistico come anche nelle sue composizioni si respira appieno la stimolante influenza di queste diverse culture musicali, che si manifesta in una palette espressiva che spazia dal choro e un ampio ventaglio di altri stili latino-americani al jazz. Tra le sue collaborazioni spiccano molti cantanti (Sergio Cammariere, Maria Pia De Vito, Rosalia De Souza, Barbara Casini) ma anche noti musicisti (Guinga, Fabrizio Bosso, Gabriele Mirabassi). FOTO Lunedì 20 marzo Rimini, Teatro Novelli, ore 21:15 JOHN SCOFIELD “Country For Old Men” John Scofield – chitarra; Sullivan Fortner – organo Hammond, pianoforte; Vicente Archer – contrabbasso; Bill Stewart – batteria ** acquista i biglietti on-line ** E se, come già Bill Frisell, anche John Scofield scoprisse una passione per il country? Fino a poco tempo fa poteva essere una domanda da fanta-quiz, ma sulla scia del recente Country for Old Men (uscito su etichetta Impulse! nel settembre 2016) ora il quesito non è più ipotetico e, anzi, ha anche una risposta.
L’universo country di Scofield è parecchio groovy, blueseggiante, stracarico di swing: alle orecchie degli innumerevoli estimatori della sua chitarra suonerà familiare nello scavo interpretativo, nella presa solistica, nei percorsi improvvisativi che espandono il tessuto armonico, eppure completamente nuovo nel materiale musicale alla mano. Perché in scaletta ci sono brani di Hank Williams, Dolly Parton, Merle Haggard, George Jones, Jack Clement, Johnny Mercer e anche alcuni traditionals ‘rurali’ ottocenteschi: cose sulle quali la chitarra di Scofield non si era mai applicata prima, ma che ora scopriamo trattarsi di un repertorio da lui sempre amato e ascoltato. E la novità, del resto, può non sorprendere, visto l’enorme senso delle radici e l’afflato narrativo down home che da sempre contraddistinguono lo stile del chitarrista dell’Ohio. John Scofield (nato nel 1951) è da decenni una delle chitarre più importanti del jazz contemporaneo. Il suo primo importante battesimo jazzistico fu con Gary Burton e Gerry Mulligan, ma erano anni in cui andava ancora forte il jazz-rock, al quale Scofield si dedicò prendendo parte a gruppi fondamentali del genere come le band di George Duke e di Billy Cobham. A lanciarlo definitivamente furono il triennio trascorso al fianco di Miles Davis, dal 1982, e i dischi che la Blue Note iniziò a produrgli dal 1990. Da allora la sua carriera solistica non ha conosciuto momenti di arresto, mentre tra le collaborazioni successive spiccano il vertice chitarristico con Pat Metheny e il duraturo sodalizio iniziato nel 1998 con il trio Medeski Martin & Wood. FOTO Giovedì 23 marzo Fusignano (RA), Auditorium Corelli, ore 21:00 QUINTORIGO & ROBERTO GATTO “Trilogy” Play Mingus, Hendrix & Zappa Valentino Bianchi – sax tenore; Andrea Costa – violino; Gionata Costa – violoncello; Stefano Ricci – contrabbasso; Moris Pradella – voce; Roberto Gatto – batteria Roberto Gatto artist in residence I
Quintorigo e Roberto Gatto tennero a battesimo il progetto “Trilogy”
proprio a Crossroads (edizione 2014). Dall’originaria versione
orchestrale si passa ora a una veste cameristica capace di rendere
ancora più graffianti le musiche di Charles Mingus, Jimi Hendrix e
Frank Zappa: tre immensi musicisti, strumentisti eccelsi e soprattutto
autori visionari che hanno infranto le consuetudini dei rispettivi
generi, dal jazz al rock.
Con il loro incrocio di archi e sax ad elevato tasso d’elettrificazione, i Quintorigo sono un quartetto sui generis, da qualche anno ampliato dalla presenza vocale di Moris Pradella. L’approccio ‘scapigliato’ dei Quintorigo, che a Mingus, Hendrix e Zappa hanno anche dedicato spettacoli monografici di grande effetto, è tale da conservare, pur con nuove sembianze, lo spirito iconoclasta di questo repertorio. Sciabolate sonore, strumenti spinti oltre il loro limite, affondi solistici e trame contrappuntistiche da cardiopalma: tutto ciò ulteriormente amplificato dal drumming incalzante del più poderoso batterista jazz italiano, Roberto Gatto. FOTO Venerdì 24 marzo Massa Lombarda (RA), Sala del Carmine, ore 21:00 ALESSIA OBINO CORDAS “Deep Changes” Alessia Obino – voce; Dimitri Sillato – violino, effetti; Giancarlo Bianchetti – chitarra, effetti; Enrico Terragnoli – banjo, podofono, effetti CORdas è uno dei molti progetti creati dalla vocalist
bolognese Alessia Obino nel corso della sua intensa attività
concertistica, che l’ha vista collaborare con artisti come Elliott
Sharp, Markus Stockhausen, Javier Girotto, Greg Burk, Gilad Atzmon…
Studi privati di pianoforte e canto, approfondimenti per la tecnica
vocale con Sheila Jordan, Jay Clayton, Maria Pia De Vito, Phil Minton,
e poi anche regolari studi di conservatorio hanno preparato la Obino a
destreggiarsi con abilità sui vari fronti della musica improvvisata.
Dopo l’esordio discografico nel 2009 e una notevole presenza nel Cd Cosm’ethic del gruppo Astral Travel di Tommaso Cappellato, la Obino ha atteso sino al 2016 per pubblicare il suo secondo disco da leader: Deep Changes, proprio con il gruppo CORdas. Questa formazione è andata incontro a diversi mutamenti dal 2011, anno della sua prima apparizione: inizialmente un trio con le chitarre di Enrico Terragnoli e Domenico Caliri, è diventata quartetto soltanto nel 2013 con l’aggiunta del violinista Dimitri Sillato, per poi raggiungere l’attuale configurazione nel 2014, con l’arrivo di Giancarlo Bianchetti. La stabilità dell’organico da allora ha permesso al gruppo di maturare le musiche approdate su Deep Changes: canzoni astratte, talvolta stralunate, espressioni della contemporaneità eppure anche radicate nella tradizione blues più profonda, nel dixieland, nell’arte del song statunitense (Hoagy Carmichael). In un tragitto tutt’altro che lineare, la voce della Obino incontra poi le musiche di Charles Mingus e Duke Ellington e soprattutto le peculiari arcate melodiche di Kurt Weill. FOTO Sabato 25 marzo Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00 “Dozza Jazz” LUISA COTTIFOGLI “RUMÌ” Luisa Cottifogli – voce, percussioni, sequencer; Gabriele Bombardini – chitarre, pedal steel, sequencer; Andrea Bernabini – video installazioni, luci “Rumì”
è una Romagna ormai lontana nel tempo, fatta di miti e leggende,
trasportata nell’era della musica elettronica: un viaggio sonoro che sa
di realismo popolare magico, tra etnico e tecnologico, con il dialetto
romagnolo usato come fosse la lingua di un libro di oscure magie.
Improvvisamente la Romagna non sembra più una terra a noi tanto vicina,
quanto un paesaggio esotico ancora inesplorato. Rumì è un personaggio
realmente esistito nell’Ottocento romagnolo, un viandante che
cantilenava orazioni alla Madonna per mendicare un tozzo di pane: da
qui la Cottifogli sviluppa un viaggio scandito da canzoni che possono
portare l’immaginazione assai lontano, mentre magari ci si muove nello
spazio di un piccolo paese.
“Rumì”, che dal vivo si avvale di suggestive video-installazioni, riprende l’omonimo Cd uscito nel 2006 (Forrest Hill Records), in cui la Cottifogli ha messo in musica ninnenanne, filastrocche, dirindine, canti di lavoro, testi poetici del primo Novecento: un repertorio ampiamente folklorico ripassato però a fil di rock, pop, jazz, classica contemporanea, elettronica, ritmi sudamericani e africani. Luisa Cottifogli (Cavalese, 1963) fa un uso estremo della voce, plasmandola in forme inimmaginabili, cambiandone camaleonticamente il colore anche grazie all’elettronica. La Cottifogli ha in curriculum esperienze nel campo dell’opera, la musica antica, il jazz. Dal 2005 al 2009 è stata la voce dei Quintorigo, coi quali ha vinto il premio Top Jazz 2008 (per Quintorigo play Mingus). FOTO Domenica 26 marzo Dozza (BO), Teatro Comunale, ore 21:00 “Dozza Jazz” BELTRANI / BARTOLI / MANZI “Peri’s Scope” Un tributo a Bill Evans Pietro Beltrani – pianoforte; Roberto Bartoli – contrabbasso; Massimo Manzi – batteria produzione originale Il
progetto in omaggio a Bill Evans del trio paritetico che affianca
Pietro Beltrani, Roberto Bartoli e Massimo Manzi ha debuttato nel 2016.
Pietro Beltrani, imolese, classe 1989, ha portato a compimento gli studi classici tra il conservatorio “G. Rossini” di Pesaro (dove si è diplomato da privatista a 18 anni), l’Accademia Pianistica Internazionale di Imola, il conservatorio “B. Maderna” di Cesena, per poi perfezionarsi ulteriormente sul linguaggio jazzistico al conservatorio “G. B. Martini” di Bologna. Svolge attività concertistica sia in ambito classico (Festival MiTo, Maggio Musicale Fiorentino…) che jazzistico e ha dato anche vita a un trio che porta il suo nome col quale ha pubblicato il suo primo disco di brani originali. Il contrabbassista Roberto Bartoli è stato allievo di Bruno Tommaso. Ha poi collaborato con nomi di riferimento del jazz italiano (Massimo Urbani, Paolo Fresu, Gianluigi Trovesi, Gabriele Mirabassi, Marco Tamburini, Simone Zanchini, Luciano Biondini) e anche statunitense (Dave Schnitter, Charles Davis, Steve Grossman), dimostrandosi a proprio agio sia in contesti mainstream che su repertori più informali. I numeri di Massimo Manzi sono impressionanti: una quantità incalcolabile di registrazioni come sideman, più di un centinaio, tra le quali spiccano numerosi dischi con Renato Sellani, Franco D’Andrea, Lee Konitz, oltre a una sequenza interminabile di collaborazioni (Kenny Wheeler, Pat Metheny, Phil Woods, Benny Golson, Paolo Fresu, Massimo Urbani, Enrico Rava, Danilo Rea…). Tutto ciò è semplicemente il frutto di una tecnica batteristica che lo pone al vertice del jazz italiano, col suo drumming tutt’altro che understated. FOTO Martedì 28 marzo Castelfranco Emilia (MO), Teatro Dadà, ore 21:15 REGINA CARTER SIMPLY ELLA Regina Carter – violino; Marvin Sewell – chitarre; Reggie Washington – contrabbasso; Alvester Garnett – batteria Pochi
violinisti intraprendono la strada del jazz, ma quei pochi casi
solitamente lasciano il segno, da Joe Venuti a Stephane Grappelli o, in
chiave moderna, Jean-Luc Ponty. In questa ristretta compagnia, Regina
Carter (nata a Detroit nel 1966) brilla come la più notevole violinista
della sua generazione.
Dopo gli studi nella sua città natale e al New England Conservatory of Music, e una breve parentesi in una band tutta femminile che registrò anche per la Atlantic, nel 1994 la Carter si lanciò verso la carriera da solista. Quando arrivò a New York, i biglietti da visita che le aprirono le porte giuste furono la sua tecnica mozzafiato e la timbrica rigogliosa, quasi edonistica se paragonata al sound ruvido e graffiante spesso assunto dagli strumenti ad arco in veste jazz. La cosa non sfuggì a musicisti come Max Roach, Tom Harrell, Wynton Marsalis, Oliver Lake e Cassandra Wilson, che la coinvolsero nei loro gruppi. Le sue prove discografiche da leader, per quanto poco numerose, documentano tutte momenti e repertori significativi, come un duetto con Kenny Barron e, più di recente, dischi dedicati a temi folk africani (Reverse Thread, 2010) e alle radici della musica americana (Southern Comfort, 2014). Il progetto Simply Ella arriva in occasione del centenario della nascita di Ella Fitzgerald (1917-96), ma l’anniversario è solo un pretesto: la musica della Fitzgerald è sempre stata tra le principali passioni della violinista di Detroit. FOTO Venerdì 31 marzo Fusignano (RA), Auditorium Corelli, ore 21:00 DANIELE DI BONAVENTURA & GIOVANNI CECCARELLI “Mare Calmo” Daniele di Bonaventura – bandoneon; Giovanni Ceccarelli – pianoforte Nato
a Fermo nel 1966, Daniele di Bonaventura ha vissuto la musica a tutto
tondo: dalla classica alla contemporanea, dal jazz al tango e la world
music, con incursioni nel mondo del teatro, del cinema e della danza.
Le situazioni che in tempi recenti lo hanno tenuto sotto i riflettori
sono la collaborazione con Miroslav Vitous e soprattutto il duo con
Paolo Fresu. Ma ha suonato anche con Enrico Rava, Toots Thielemans,
Omar Sosa, Greg Osby, Oliver Lake, David Murray, Dino Saluzzi,
Francesco Guccini, Ornella Vanoni…
Anche Giovanni Ceccarelli è marchigiano: nativo di Fabriano, risiede però a Parigi. Con una formazione classica alle spalle, si è dedicato al jazz ma anche alla rielaborazione di musiche della più varia provenienza geografica. Nel suo disco d’esordio (Daydreamin’, 2010) lo si è ascoltato con Ferruccio Spinetti, David Linx e Fausto Mesolella. Ma Ceccarelli ha suonato anche con Benny Golson, Mark Murphy, Massimo Urbani, Rosario Giuliani, Kenny Wheeler, Paolo Fresu, Enrico Rava e vanta una collaborazione di oltre tre lustri con Lee Konitz. Sul fronte extra-jazzistico lo si è ascoltato con Amii Stewart, Arnoldo Foà, Alessandro Haber. Il duo che riunisce questi artisti dalla particolare vena poetica ha già prodotto un disco (Mare Calmo, 2015). L’organico ridotto e le spiccate personalità coinvolte danno origine a una musica ricca di sottili sfumature, di dialoghi giocosi, di silenzi carichi di significato, di esplorazioni delle più varie possibilità espressive degli strumenti. FOTO Sabato 1 aprile Ferrara, Jazz Club Torrione San Giovanni, ore 21:30 STEVE COLEMAN AND REFLEX Steve Coleman – sax alto; Anthony Tidd – basso el.; Sean Rickman – batteria La
figura di Steve Coleman, chicagoano classe 1956, è una delle più
avvincenti e affascinanti del jazz contemporaneo. Cresciuto a suon di
R&B, trovò un importante stimolo per la sua crescita musicale nei
veterani della scena jazz di Chicago, tra i quali spicca Von Freeman.
Trasferitosi a New York, ebbe la possibilità di suonare con le big
band, assai diverse tra loro, di Thad Jones e Mel Lewis, di Sam Rivers
e di Cecil Taylor. Ai suoi primi anni newyorkesi risale anche una serie
di importanti collaborazioni come sideman: con Dizzy Gillespie, David Murray, Dave Holland, Michael Brecker, Abbey Lincoln.
Ma il nome di Coleman è indissolubilmente legato al collettivo M-Base, di cui fu co-fondatore e alla cui estetica fanno riferimento le sue varie formazioni, tra le quali i Five Elements sono la band assurta a maggiore notorietà. Con la loro combinazione di jazz, funk, soul, world music (particolarmente accentuata è la matrice ritmica africana), i Five Elements sono stati il modello per successivi organici come i Metrics e la Mystic Rhythm Society. Il trio Reflex è un vero concentrato di questa estetica musicale, coi suoi ritmi metropolitani e le strutture metriche e melodiche dalle complesse geometrie che gettano lo sguardo oltre i confini della musica occidentale. FOTO Domenica 2 aprile Modena, Off Modena Live Club, ore 21:30 BANDA MAGDA Magda Giannikou – fisarmonica, voce; Chris McQueen – chitarra; Haggai Cohen Milo – contrabbasso; Marcelo Woloski – percussioni Una
sorta di exotica dell’era digitale: samba, chanson francese, pezzi folk
dalla Grecia, cumbia colombiana, lando afro-peruviano e, per non farsi
mancare nulla, un po’ di vintage pop. Il tutto arrangiato in un caleidoscopio ritmico che lascia spazio anche all’improvvisazione jazzistica.
Banda Magda è l’emanazione dell’esuberante cantante e fisarmonicista (ma anche pianista, ballerina, compositrice) Magda Giannikou, nata e cresciuta ad Atene ma approdata poi a New York, dove il jazz e la world music hanno cambiato la sua vita. Magda Giannikou si è formata al Berklee, specializzandosi in composizione per il cinema, e in questa veste ha attratto l’attenzione addirittura del Kronos Quartet. Ha poi trasfuso la sua scatenata ispirazione, i gesti sonori carichi di humour e un’energia straripante in un gruppo di amici musicisti, creando Banda Magda. Le partecipazioni live a manifestazioni di rilievo sia jazzistico che nel campo della world music e i primi tre album (Amour, t’es là?, Yerakina e Tigre) hanno rivelato un universo sonoro di incontenibile vitalità dinamica e colorato come un film in Technicolor. FOTO Lunedì 3 aprile San Lazzaro di Savena (BO), Sala Paradiso, ore 22 SUN RA ARKESTRA Marshall Allen – sax alto, flauto, direzione; Cecil Brooks – tromba; Tara Middleton – voce, violino; Knoel Scott – voce, sassofoni; James Stewart – sax tenore; Danny Ray Thompson – sax baritono; Dave Davis – trombone; Dave Hotep – chitarra; George Burton – pianoforte; Tyler Mitchell – contrabbasso; Wayne Anthony Smith Jr – batteria; Elson Nascimento – percussioni, surdo Una collaborazione Crossroads-Paradiso Jazz La
Sun Ra Arkestra è il lascito del passaggio sul pianeta Terra di Sun Ra,
arrivato tra noi nel 1914 e ripartito per altri mondi nel 1993. Il
linguaggio un po’ esoterico è d’obbligo, perché di misteri e formule
rituali, toni mistici e gesti cabalistici si ammanta la biografia di
Sun Ra come la musica della sua Arkestra. Per quattro decenni Sun Ra ha
istruito i suoi musicisti a improvvisare come fossero un’unica mente:
così poteva costruire pezzi musicali dalle sembianze di variazioni
caleidoscopiche, sia per l’estemporaneità dei gesti sonori che per gli
accostamenti stilistici sorprendenti. Gli improvvisi travasi dallo
swing vecchia maniera al free più avanzato, nelle mani di Sun Ra, producevano l’effetto onirico e mozzafiato di un salto tra due galassie.
Dopo la scomparsa di Sun Ra, la Arkestra ha continuato la sua missione sul pianeta Terra. Alla consolle dei comandi di questa coloratissima ‘astronave’ musicale, che ancora oggi sfoggia i suoi celebri e pittoreschi costumi di scena, c’è ora il sassofonista Marshall Allen (nato nel 1924; si fa presto a fare i conti: un indomito ultranovantenne), collaboratore di Sun Ra e guida dei fiati dell’Arkestra sin dagli anni Cinquanta. Ogni concerto dell’Arkestra è un fatto musicale memorabile e unico: è infatti leggendaria l’irriverenza dei suoi musicisti verso la prevedibilità e la routine. FOTO Mercoledì 5 aprile Parma, Casa della Musica - Sala dei Concerti, ore 21:00 “Trumpet Legacy” Il sapore del suono, la musica del gusto AVISHAI COHEN QUARTET Avishai Cohen – tromba; Jonathan Avishai – pianoforte; Yoni Zelnik – contrabbasso; Ziv Ravitz – batteria degustazione a cura di Chef to Chef dalle ore 18 Chef: Fabrizio Mantovani Vigneron: Gianmaria Cunial Parma Città Creativa UNESCO della Gastronomia Menu degustazione Badate
bene, Avishai Cohen il trombettista e non il di lui omonimo
contrabbassista. Fugata ogni possibile fonte di confusione, il nostro
Cohen, nato e cresciuto in Israele, quando arriva negli Stati Uniti per
studiare al Berklee College of Music di Boston è un musicista
giovanissimo ma dalla già lunga esperienza in ambito folk, pop e
soprattutto classico: ha iniziato a esibirsi in pubblico all’età di 10
anni, andando anche in tournée con la Young Israeli Philharmonic Orchestra sotto la direzione di Zubin Mehta, Kurt Masur e Kent Nagano.
Dopo Boston, rimane negli States, completando la sua maturazione jazzistica sulla scena newyorkese, muovendosi agilmente fra le attrattive di vari stili, dal jazz avanguardistico a quello ancora profumato di bop. La sua prima collaborazione di rilievo fu con Bobby Hutcherson, ma è piuttosto nelle partnership con altri giovani della sua generazione che si forma la personalità musicale di Cohen. Pensiamo ai sodalizi con Aaron Goldberg, Jason Lindner, Omer Avital e ai 3 Cohens (con la sorella Anat Cohen e il fratello Yuval Cohen). Pur avendo ormai una sua ben definita carriera solistica (si è aggiudicato per quattro volte il primo posto nel referendum dei critici di DownBeat come “Rising Star”), Cohen non ha abbandonato la sua attività di sideman: in anni recenti lo si è ascoltato al ‘servizio’ di Kenny Werner e Mark Turner, mentre di lunga durata sono le sue partecipazioni a gruppi come la Mingus Big Band, la Mingus Dynasty, il SF Jazz Collective. Il quartetto di Cohen è già stato immortalato su disco dalla ECM: Into the Silence (2016). FOTO Giovedì 6 aprile Modena, La Tenda, ore 21:30 LEYLA McCALLA TRIO “A Day for the Hunter, A Day for the Prey” Leyla McCalla – voce, violoncello, banjo; Free Feral – violino, voce; Daniel Tremblay – chitarra, banjo, percussioni, voce Leyla
McCalla è una violoncellista di formazione accademica. Ma quello che si
ascolta oggi nei suoi concerti è il frutto di un personale ripensamento
dello strumento, portato al di fuori dei canoni classici e trapiantato
in una terra di confine tra vari folklori, con le sue tessiture ricche
di rimandi pan-africani. Alle sottigliezze ritmiche della parte
strumentale, Leyla affianca un suadente senso del beat vocale, cantando in inglese, francese e creolo haitiano.
Nata a New York City da genitori haitiani, Leyla è cresciuta in un’area suburbana del New Jersey, ma ha passato anche alcuni anni dell’adolescenza in Ghana. Completati gli studi alla New York University, si è trasferita a New Orleans. Qui, mentre assorbiva la particolare tecnica d’arco dei suonatori di strada, la sua vita musicale è radicalmente cambiata. Invitata a far parte dei Carolina Chocolate Drops, un ensemble di archi afro-americano, si è unita al gruppo per una registrazione discografica e per una intensa attività concertistica. Poi è arrivato rapidamente il passo verso l’attività da solista. Il suo album di debutto, Vari-Colored Songs: A Tribute to Langston Hughes (2013), è stato scelto come disco dell’anno dal London Sunday Times. Ma da quell’iniziale successo Leyla si è già mossa in avanti, con A Day for the Hunter, A Day for the Prey (2016). Anche in questo nuovo disco emerge il sensibile melange di varie culture musicali tradizionali (creola, Cajun e haitiana) con il jazz e il folk statunitense, che dà vita a canzoni eleganti, argute, cariche di freschezza. FOTO 7-8-9 aprile Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 20:00-23:00 “Cassero Jazz” Mostra fotografica “JAZZ DA INCORNICIARE” Appuntifotografici di Mario Sabbatani Venerdì 7 aprile Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 21:15 “Cassero Jazz” PAOLO FRESU & PAOLO ANGELI Paolo Fresu – tromba, flicorno, effetti; Paolo Angeli – chitarra sarda preparata Paolo Fresu artist in residence special event Entrambi
originari della Sardegna, entrambi trasferitisi ‘sul continente’,
ovvero a Bologna, per perseguire la loro strada musicale, entrambi
infusi dei suoni della loro terra, che hanno saputo trasportare
all’interno delle strutture di altre musiche, di matrice jazzistica nel
caso di Fresu, più sperimentale in quello di Angeli. Non sono pochi i
tratti in comune tra questi due musicisti. Non sorprende quindi il
carattere sempre speciale e un po’ magico dei loro concerti in duo, per
nulla frequenti tra l’altro. In questo contesto si riannoda un’amicizia
di lunga data e, al di là delle diverse direzioni intraprese, emerge
piuttosto la capacità di entrambi di farsi artefici di un suono
personalissimo, carico di echi ancestrali eppure proiettato verso forme
sonore futuristiche.
Paolo Angeli (nato nel 1970, cresciuto a Palau, attualmente di base in Spagna) si identifica con il suo strumento, unico al mondo: una chitarra tradizionale sarda da lui stesso rielaborata con l’aggiunta di altre corde, numerosi pick-up, martelli, pedali, eliche a passo variabile e chissà cos’altro. Partendo da uno strumento popolare, Angeli ha preso le vie della più imprevedibile ricerca, incrociando la sua strada con quella di musicisti come Hamid Drake, Takumi Fukushima, Ned Rothenberg ed Evan Parker, Fred Frith, Antonello Salis, Gavino Murgia, Pat Metheny… Paolo Fresu (Berchidda, 1961) è notoriamente un inventore di situazioni musicali. Gruppi stabili a parte, la sua carriera è costellata di tante collaborazioni, magari meno frequenti ma sempre profondamente significative. L’incontro con Angeli lo pone in una situazione particolarmente stimolante per lanciarsi liberamente in quei suoi voli radenti sui suoni e i ritmi del Mediterraneo, che planano sull’improvvisazione jazzistica raccogliendo lungo il percorso stimoli di qualunque latitudine musicale. In coincidenza con il concerto di Fresu e Angeli verrà inaugurata la mostra fotografica “Jazz da incorniciare”, ospitata anch’essa al “Cassero” Teatro Comunale. Gli scatti di Mario Sabbatani saranno visibili durante le tre serate di “Cassero Jazz”. FOTO Sabato 8 aprile Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 21:15 “Cassero Jazz” JOHN DE LEO E FABRIZIO PUGLISI DUO John De Leo – voce, live looping sampler, giocattoli; Fabrizio Puglisi – pianoforte, giocattoli Con
due creativi come John De Leo e Fabrizio Puglisi, l’accostamento della
voce col pianoforte viene immediatamente ripulito di tutto quanto la
tradizione ha stratificato su questo format.
I due sono legati da una conoscenza di lunga data e hanno avuto modo di
improvvisare assieme in numerose formazioni. Il loro primo concerto in
duo avvenne tra l’altro proprio a Crossroads (edizione 2012):
un’occasione seminale dalla quale è scaturito un progetto giunto ora
anche alla prova del disco.
La voce di John De Leo si è imposta con le sue mille metamorfosi timbriche nei territori del rock, del jazz, della musica contemporanea. Dopo l’uscita dai Quintorigo (da lui co-fondati nel 1992), De Leo ha partecipato a numerose produzioni teatrali e ha frequentato il jazz al fianco di Enrico Rava, Paolo Fresu, Fabrizio Bosso, Gianluca Petrella, Gianluigi Trovesi, Stefano Bollani, Danilo Rea, Rita Marcotulli, Roberto Gatto… Fabrizio Puglisi ha assorbito l’indole jazzistica particolarmente libera di Amsterdam, città nella quale ha a lungo risieduto. Suoi compagni di palcoscenico sono stati Tristan Honsinger, Han Bennink, Ernst Glerum, Sean Bergin, Ernst Reijseger e anche, allontanandoci dall’Olanda, Lester Bowie, Don Moye, David Murray, Hamid Drake, John Zorn, Steve Lacy, Don Byron, Butch Morris, William Parker, Kenny Wheeler, George Russell, Dave Liebman, Enrico Rava. Insomma, quanto di meglio nel campo del jazz dal profilo più modernista. FOTO Domenica 9 aprile Castel San Pietro Terme (BO), “Cassero” Teatro Comunale, ore 21:15 “Cassero Jazz” ROBERTO GATTO INTERNATIONAL Javier Vercher – sax tenore; Sam Yahel – pianoforte; Dario Deidda – basso; Roberto Gatto – batteria Roberto Gatto artist in residence La
prima notorietà di Roberto Gatto (nato a Roma nel 1958) risale al 1975,
anno di debutto del Trio di Roma, co-diretto assieme ad altri due
musicisti destinati come lui a segnare profondamente la storia del jazz
nazionale: Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli. Da allora, nel corso di
quarant’anni di carriera, Gatto si è imposto come l’esempio più
rappresentativo della batteria jazz italiana. Le sue indiscutibili doti
tecniche lo hanno reso uno dei batteristi più ricercati sia dai leader
italiani (Enrico Rava, Franco D’Andrea, Enrico Pieranunzi) che dai più
importanti artisti stranieri di passaggio dalle nostre parti (Johnny
Griffin, George Coleman, Curtis Fuller, Chet Baker, Joe Zawinul, Pat
Metheny).
Dopo aver svolto per lungo tempo il ruolo di sideman di lusso, Gatto si sta ora concentrando principalmente sulla sua attività da leader, facendo la spola tra Roma e New York, città di riferimento per alcune delle più sorprendenti formazioni ideate dal batterista in tempi recenti. E proprio dall’esperienza statunitense viene la collaborazione con Sam Yahel, figura di spicco dell’attuale scena est coast. Ma il nuovo quartetto International del batterista romano si apre anche a inedite geografie, con l’inserimento del portentoso sax tenore dello spagnolo Javier Vercher (anche lui ben radicato nella scena newyorkese): una voce solistica di incredibile spessore. Il concerto di Gatto sarà anche l’ultima occasione per esplorare gli scatti di Mario Sabbatani, oggetto della mostra fotografica “Jazz da incorniciare”, allestita al “Cassero” Teatro Comunale. FOTO Giovedì 13 aprile Gambettola (FC), Teatro Comunale/La Baracca dei Talenti, ore 21:00 MINA AGOSSI QUARTET Mina Agossi – voce; Romain Ross – chitarra; Eric Jacot – basso acustico; Philippe Combelle – batteria esclusiva italiana ** acquista i biglietti on-line ** La
musica del quartetto di Mina Agossi è pura pulsazione emotiva, una
specie di rete elastica sulla quale rimbalza la voce della cantante
franco-africana. Autrice di canzoni che versano una buona dose di
vetriolo sul jazz downtown newyorkese, la Agossi non si sottrae alla prova delle più note jazz songs, alle quali sa applicare i più inaspettati travestimenti: i groove più attuali si affiancano a pose cabarettistiche, mentre una sana vena di humour rende possibile il matrimonio tra underground
e canzoni di Cole Porter. L’uso costantemente creativo delle scansioni
metriche, come un caleidoscopio in cui le figure sonore glissano le une
nelle altre, trasforma poi questa musica in un vero teatro del ritmo.
Il suo passato da attrice trapela dal prorompente carisma col quale
tiene la scena, dall’estasi con la quale si impossessa delle canzoni,
dal piglio seducente con cui tiene in mano il pubblico: la sua voce è
capace di trascolorare dalla perdizione di Marlene Dietrich
all’innocenza di Judy Garland.
Nata in Francia nel 1972, Mina Agossi realizza il suo primo disco nel 1995, individuando da subito quella che sarà la sua cifra distintiva negli anni a venire: canzoni senza fiati né tastiere, con la voce in diretto e totale contatto con il ritmo. Da questo stile “voce, basso e batteria” decisamente unico scaturisce una musica ruvida e diretta, fatta di emozioni senza mediazione. Col suo secondo disco, Alkemi, attira l’attenzione di Archie Shepp, che da allora si avvale della Agossi come vocalist per i suoi gruppi. Un’altra figura fondamentale per la carriera di Mina è Ahmad Jamal, che come mentore ne ha sostenuto la carriera concertistica internazionale, invitandola anche a esibirsi con lui dal vivo a Marciac in uno storico concerto dell’estate del 2016, presumibilmente l’ultima apparizione live di Jamal, che da anni si è ritirato dalle scene. Dal 2010, col passaggio all’etichetta discografica Naïve, la musica della Agossi si allarga oltre la dimensione del trio, lasciando spazio ai contributi di una serie di ospiti senza venire meno all’essenzialità del suo impatto sonoro. Frutto di questa nuova stagione sono album come Just Like a Lady, Red Eyes (con Archie Shepp) e Fresh. Un decisa sterzata verso la percussività africana si ascolta infine in I don’t Want to Be Alone!, Cd fresco di stampa. FOTO Martedì 18 aprile San Mauro Pascoli (FC), Villa Torlonia Parco Poesia Pascoli – Le Cantine, ore 21:15 “Jazz in Villa” ENRICO RAVA NEW QUARTET Enrico Rava – tromba, flicorno; Francesco Diodati – chitarra; Gabriele Evangelista – contrabbasso; Enrico Morello – batteria Aperitivo bio e degustazione di vini a cura di Laratatuia, dalle ore 19:30 Enrico Rava artist in residence Negli
ultimi anni Enrico Rava ha spinto l’acceleratore su alcune situazioni
particolarmente raccolte e intimiste (i duetti con Stefano Bollani,
Danilo Rea, Julian Oliver Mazzariello, Giovanni Guidi) come pure su una
formazione magniloquente quale il Parco della Musica Jazz Lab. In tutto
questo elaborare nuove combinazioni musicali, il quintetto è rimasto
comunque l’organico fondamentale dell’attività del trombettista
triestino, tanto da assumere innumerevoli varianti per dare sempre
nuova linfa alla strumentazione: al Quintet ufficiale nel corso del
tempo si sono affiancati l’Under 21, il New Generation, il Rava Tribe,
l’US Quintet.
Dopo svariati ‘colpi’ musicali andati a segno, Enrico Rava ancora una volta ha messo la palla al centro, pronto per un nuovo calcio d’inizio: quello del Rava New Quartet. Questo gruppo, che ha esordito nel 2014, è forte dell’esuberanza e la freschezza della gioventù: anagrafica per i tre partner del grande trombettista, di spirito per Rava, che all’età di settantasette anni è ancora un leader indomito che non pare certo intenzionato ad adagiarsi su cliché né sulla ripetizione di repertori e formazioni di routine. Atteggiamento quanto mai apprezzabile da parte di un musicista che nella sua carriera ha accumulato collaborazioni, riconoscimenti ed esperienze tra le più gratificanti che un artista possa desiderare. E la gloriosa etichetta discografica ECM ha colto al volo questa nuova sfida di Rava, con la pubblicazione del disco Wild Dance. Nuove idee musicali, nuove leve per eseguirle. Così Rava chiama alla sua corte il chitarrista Francesco Diodati (classe 1983), dal suono pittorico, carico di effetti elettronici eppure ben radicato nel linguaggio della tradizione afroamericana; il contrabbassista Gabriele Evangelista (1988), che sta avanzando sulla scena nazionale con la velocità d’un centometrista; Enrico Morello (1988), che già spazia sulla scena internazionale e nel cui drumming si rispecchia una curiosità capace d’abbracciare stili musicali, nonché epoche jazzistiche, diversi. FOTO Mercoledì 19 aprile Imola (BO), Centro Giovanile Ca’ Vaina, ore 21 “Documentare” il Jazz a cura di Franco Minganti e Giorgio Rimondi proiezione del film documentario “Al Capolinea - Quando a Milano c’era il jazz” di Marianna Cattaneo in collaborazione con il Centro Giovanile Ca’ Vaina / Seacoop ingresso libero Con
l’ausilio di sequenze di alcuni film e documentari che hanno fatto la
storia del jazz tra cinema e televisione, come il corto Jammin’ the Blues (1944), il programma televisivo della CBS The Sound of Jazz (1957) o ancora Jazz on a Summer’s Day (1959) e A Great Day in Harlem
(1994), Franco Minganti e Giorgio Rimondi passano in rassegna le
diverse modalità con cui musica e immagine si sono fuse sullo schermo e
nella mente. Il jazz viene così esplorato non solo come musica ma anche
come circolazione di memoria e immaginario. Come per tutte le arti, il
jazz ha una sua storia particolare di “messa in immagine”, con le sue
icone, i suoi generi, le sue convenzioni.
Il film documentario Al Capolinea - Quando a Milano c’era il jazz di Marianna Cattaneo punta l’obiettivo su quello che è stato definito da critici e musicisti il “tempio del jazz italiano”. La storia del locale, con i concerti e la scuola di musica, il palco e il backstage, il pubblico e i musicisti, prende forma attraverso i racconti di chi l’ha vissuto e gli ha dato un’identità: gli artisti e la figlia del proprietario ormai scomparso, Giorgio Vanni. E la rievocazione emoziona per l’intensità con cui i protagonisti si aprono ai ricordi. Giovedì 20 aprile Modena, La Tenda, ore 21:30 FABRIZIO BOSSO SPIRITUAL TRIO Fabrizio Bosso – tromba; Alberto Marsico – organo Hammond; Alessandro Minetto – batteria Fabrizio Bosso artist in residence Fabrizio Bosso ha creato lo Spiritual Trio per eseguire un repertorio musicale di grande appeal, come evidenziato dalla scaletta di Spiritual
(2011), il primo disco della band, comunque già attiva dal 2008.
Sonorità eccitanti pronte a catturare i sensi e a rapire l’anima, ritmi
carichi di esaltazione divina: questo trio tutto piemontese guidato
dall’incontenibile talento trombettistico di Bosso pesca a piene mani
nel repertorio gospel e spiritual, servendolo con una saporita aggiunta
di swing e rinvigorendolo con iniezioni di hard bop. Gli estremi
opposti della Black American Music, la musica per il Signore e la musica per l’Uomo, gospel e jazz, chiamati a una insolita e mistica unione.
Rispetto alle sue prime prove, lo Spiritual Trio si è poi mosso verso dimensioni altrettanto accattivanti ma più mature con il secondo disco, Purple: una nuova esplorazione della musica nera di vocazione religiosa, con scelte di repertorio sia tradizionali che moderne. Inni spirituali sotto l’aspetto di canti dall’incredibile sensualità terrena, invocazioni al Signore fatte a tutto volume, musica che arriva a possedere esecutori e ascoltatori col suo vortice ascensionale: a Bosso & C. nulla sfugge del variopinto e palpitante mondo dello spiritual. FOTO Venerdì 21 aprile Imola (BO), Teatro Ebe Stignani, ore 21:15 PAOLO FRESU QUINTET Paolo Fresu – tromba, flicorno; Tino Tracanna – sax tenore, sax soprano; Roberto Cipelli – pianoforte, Fender Rhodes; Attilio Zanchi – contrabbasso; Ettore Fioravanti – batteria Paolo Fresu artist in residence Il quintetto di Paolo Fresu nasce nel 1984 per volontà di Fresu e Roberto Cipelli. Dopo alcuni assestamenti, assume l’attuale fisionomia nel 1985 con la registrazione di Ostinato per la Splasc(h) Records, imponendosi poi come una delle band di punta del jazz italiano con il disco Inner Voices (del 1986, assieme a David Liebman). Da allora il gruppo ha svolto un’intensa attività concertistica e discografica oltre che didattica. Nel 1990 il quintetto vince il premio Top Jazz del mensile Musica Jazz come migliore formazione jazz italiana e per il miglior disco (Live in Montpellier), ritornando poi ripetutamente ai primi posti con le successive uscite discografiche e imponendosi come miglior gruppo anche nel 1991. Nella successiva produzione del quintetto spiccano il disco Night on the City inciso per la francese Owl (che nel 1995 ha vinto il premio Choc della rivista francese Jazzman e ha fatto guadagnare a Fresu i premi dell’Academie du Jazz di Parigi e il prestigioso Django d’Or come miglior musicista jazz europeo) e i festeggiamenti per i primi 20 anni di attività, con una serie di cinque Cd per la Blue Note usciti tra il 2005 e il 2007. Le più recenti registrazioni di Fresu con questo organico risalgono al 2010 (Songlines / Night & Blue) ma l’attività live riporta periodicamente sul palco quella che è a tutti gli effetti una delle formazioni più rappresentative del jazz italiano, oltre che una delle più longeve. FOTO Domenica 23 aprile Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00 FRANCESCO CAFISO 6TET “La Banda” Francesco Cafiso – sax alto; Giovanni Amato – tromba, flicorno; Humberto Amésquita – trombone; Mauro Schiavone – pianoforte; Pietro Ciancaglini – contrabbasso; Walter Paoli – batteria In
una musica come il jazz, dove il talento si misura non solo sulla
tecnica ma anche sulla maturità espressiva necessaria per muoversi
creativamente nell’improvvisazione, Francesco Cafiso ci ricorda che
regole e limiti sono fatti per essere sorpassati. Nato a Vittoria
(Ragusa) nel 1989, Cafiso ebbe i primi contatti con musicisti di fama
internazionale all’età di 9 anni. Prima ancora di aver compiuto
vent’anni, la lista delle sue collaborazioni annoverava già i nomi di
Hank Jones, Cedar Walton, Mulgrew Miller, Jimmy Cobb, Ben Riley, Ray
Drummond, Reggie Johnson, Joe Lovano, Bob Mintzer, Enrico Rava, oltre
ai vari membri della famiglia Marsalis. Celeberrimo è il suo tour
europeo con Wynton Marsalis, risalente al 2003. Cafiso è stato l’unico
musicista italiano invitato a suonare a Washington in occasione
dell’insediamento presidenziale di Barack Obama, ospite proprio di
Marsalis e della sua Jazz at Lincoln Center Orchestra.
Cafiso suona con esuberanza e sa rendere discorsivo anche l’assolo più inerpicato per i prodigi della tecnica, rimanendo sempre addosso alla melodia durante l’improvvisazione: uno stile capace di creare un immediato e potente feeling col pubblico. Apparso su disco nel 2015 all’interno di un sontuoso cofanetto contenente ben tre dischi con diverse formazioni e progetti, “La Banda” si ispira alla tradizione bandistica ancora tanto radicata in Sicilia. Ne scaturisce un viaggio avventuroso e appassionante, ricco di colori e paesaggi sonori che dipingono con vigore una terra che è il vero crocevia culturale del Mediterraneo. La musica del sestetto è intensa, ricercata ed evocativa, come la tradizione musicale che le fa da piedistallo. FOTO Lunedì 24 aprile Bologna, Estragon Club, ore 21:30 SNARKY PUPPY Michael League – basso el.; Mike Maher – tromba; Chris Bullock – sax; Bob Reynolds – sax; Chris McQueen – chitarra; Justin Stanton – tastiere, tromba; Bill Laurance – tastiere; Larnell Lewis – batteria; Marcelo Woloski – percussioni Una collaborazione Crossroads-Paradiso Jazz Prevendite on-line: Un fenomeno musicale cresciuto come per ‘generazione spontanea’, senza studi di marketing, senza operazioni strategiche delle major
discografiche. È stata piuttosto la sapiente modalità di dialogo col
loro pubblico a trasformare gli Snarky Puppy in un gruppo di culto,
soprattutto per gli ascoltatori più giovani, quelli più sensibili al
passaparola telematico.
Gli Snarky Puppy si sono formati all’Università del North Texas nel 2004 per iniziativa del bassista Michael League, tuttora leader della formazione, nel cui organico estremamente flessibile gravitano oggi circa quaranta musicisti. Il passaggio dalla piccola realtà underground degli inizi ai successi odierni (che si misurano in numeri vertiginosi: videoclip con sei milioni di visualizzazioni, duecento date del loro ultimo tour, tre Grammy Award vinti in tre anni consecutivi) è frutto di una lunga gavetta, di una instancabile attività live e ovviamente di una vincente ricetta musicale tra jazz, rock e funk. Gli Snarky Puppy hanno pubblicato ben undici album (il più recente, Culcha Vulcha, per Universal) sviluppando una modalità di lavoro che ha fatto scalpore: le produzioni musicali realizzate in studio vengono registrate in presenza del pubblico, filmate e diffuse in video anche tramite il web. Tra i grandi artisti che sono rimasti ‘folgorati’ dalla musica degli Snarky Puppy si contano Prince, Pat Metheny, David Crosby. FOTO Mercoledì 26 aprile Forlì (FC), Istituto Masini, ore 10:00-13:00 “Nat King Cole, la voce di velluto” alla scoperta di un mito del jazz incontro con gli studenti dell’Istituto Masini e del Liceo Artistico e Musicale Statale di Forlì a cura di Francesco Martinelli, docente di storia del jazz alla Siena Jazz University parteciperanno Fabio Petretti e Michele Francesconi, curatori degli arrangiamenti della produzione originale “Unforgettable”, in programma il 1° maggio al Teatro Diego Fabbri Jazz goes to School Nathaniel
Adams Coles nasce a Montgomery, in Alabama, nel 1919, in una famiglia
piena di musica: il fratello Freddy sarebbe diventato anche lui
cantante; il padre era ministro Battista; la madre era l’organista
della chiesa e lo introdusse al jazz, al gospel e alla musica classica.
Altrettanto zeppa di musica era la città in cui si trasferirono quando
Nat aveva ancora pochi anni: Chicago. Qui ascolta per la prima volta
Earl Hines, che sarà la sua principale influenza. Nel 1936 inizia a
lavorare professionalmente e una breve tournée
lo porta in California, dove si stabilirà dando vita al suo leggendario
trio (nella versione “aurea”, con Oscar Moore alla chitarra, e Wesley
Prince o Johnny Miller al contrabbasso).
Cole raggiunge una buona fama come pianista jazz: compare nei primi concerti del Jazz at the Philharmonic e partecipa ad alcune sessions con Lester Young, Red Garland e Lionel Hampton. Ma non si segnala come cantante fino alla pubblicazione di Sweet Lorraine, nel 1940. Paradossalmente, non si considerò mai un grande cantante, al punto da raggiungere questa vera perla di understatement: “I’m a musician at heart, I know I’m not really a singer. I couldn’t compete with real singers. But I sing because the public buys it” (nel cuore sono un musicista, so di non poter competere coi veri cantanti, ma canto nei dischi perché il pubblico li compra). Il periodo a cavallo fra i due decenni è una serie ininterrotta di grandi successi, aperta nel 1949 dal capolavoro di Billy Strayhorn Lush Life; Mona Lisa, nel 1950, è in vetta alla classifica Billboard per cinque settimane; Too Young, nel 1951, ha analoga sorte. In seguito pubblica Smile, che sarà uno dei suoi “cavalli di battaglia”. Nello stesso periodo, fu il primo artista afroamericano ad avere un suo programma radiofonico e successivamente uno show televisivo a copertura nazionale. In entrambi i casi i programmi non durarono molto, furono cancellati perché gli sponsor – non volendo legarsi a un artista nero – si ritirarono. Cole combatté il razzismo per tutta la sua vita, rifiutandosi di esibirsi nei locali dove venivano applicate le norme sulla segregazione. Nel 1956 fu attaccato sul palco a Birmingham (Alabama) da membri del White Citizens’ Council che sembrava volessero rapirlo. Nonostante il rapido intervento della polizia, fu ferito alla schiena: non terminò lo spettacolo e giurò di non tornare mai più a esibirsi nel sud degli Stati Uniti, promessa che mantenne. Mercoledì 26 aprile
Parma, Casa della Musica - Sala dei Concerti, ore 21:00 “Trumpet Legacy” Il sapore del suono, la musica del gusto TOM HARRELL QUARTET Tom Harrell – tromba, flicorno; Danny Grissett – pianoforte; Ugonna Okegwo – contrabbasso; Adam Cruz – batteria degustazione a cura di Chef to Chef dalle ore 18 Chef: Fabrizio Mantovani Vigneron: Gianmaria Cunial Parma Città Creativa UNESCO della Gastronomia Tom
Harrell, ovvero quando la musica vince sulle ombre di una annichilente
malattia. Nato nel 1946 a Urbana (Illinois), Harrell ha trovato nella
tromba la migliore cura per alleviare i sintomi di una grave forma di
schizofrenia. Il contatto con lo strumento lo libera infatti dai suoi
fantasmi e ciò risuona chiaramente nelle sue note cristalline, le linee
melodiche e il fraseggio che esprimono un commovente senso di
liberazione e serenità, anche nei frangenti ritmicamente più esplosivi.
La forza interiore di Harrell, il contenuto espressivo delle sue
improvvisazioni e una tecnica tra le più raffinate lo hanno imposto
come una delle trombe più rappresentative e ammirate del jazz degli
ultimi quattro decenni. Al di là dei molti premi che ne sanciscono il
talento, come le ripetute affermazioni nei referendum di DownBeat e Jazz Times,
Harrell è una vera icona vivente della tromba jazz per la forza con la
quale ha sopraffatto i problemi personali, conquistando l’ammirazione
dei colleghi e del pubblico.
Dopo i primi passi sulla scena musicale californiana, con Stan Kenton (1969), Woody Herman (1970-71) e Horace Silver (1973-77), Harrell si trasferì a New York. Sulla costa orientale i suoi primi sodalizi musicali furono con Bill Evans (1979), Lee Konitz (1979-81) e George Russell (1982). Harrell raggiunse poi l’apice del suo stile durante il lungo e celeberrimo connubio con Phil Woods, del cui quintetto fece parte dal 1983 al 1989. Da allora lo si è visto prevalentemente a capo di propri gruppi, tra i quali l’attuale quartetto spicca come una superba macchina da swing, capace di catapultare nella nostra contemporaneità l’esperienza sia delle trombe più vigorose dell’epoca hard bop (Clifford Brown) che la toccante cantabilità senza tempo di Chet Baker. Dopo il sodalizio discografico con la RCA/BMG (1996-2003), caratterizzato soprattutto da lavori per larghi organici, Harrell registra ora prevalentemente per l’etichetta HighNote, con la quale ha rilanciato l’avventura delle sue small bands. Tra queste, il quartetto che suonerà a Parma è contemporaneamente una novità assoluta (si attende l’uscita della prima incisione, prevista nel 2017) ma anche una ben rodata combinazione di musicisti dalla lunga esperienza in comune. FOTO Giovedì 27 aprile Imola (BO), Teatro Ebe Stignani, ore 21:15 FABRIZIO BOSSO QUARTET + very special guest ENRICO RAVA Fabrizio Bosso – tromba; Enrico Rava – tromba; Julian Oliver Mazzariello – pianoforte; Jacopo Ferrazza – contrabbasso; Nicola Angelucci – batteria Fabrizio Bosso & Enrico Rava artists in residence Tra
i tanti progetti portati avanti contemporaneamente da Fabrizio Bosso,
il quartetto rappresenta il puro e semplice jazz, con tutto il
repertorio di virtuosismi e l’incredibile inventiva che
contraddistinguono questo incontenibile solista. È questa la formazione
che offre il terreno comune più adatto per incontri al vertice: e tale
è quello tra Bosso ed Enrico Rava, che solo sporadicamente hanno
suonato insieme e mai prima d’ora sostenuti dal quartetto ufficiale di
Bosso. Un incrocio di trombe tutt’altro che usuale che porta sullo
stesso palco i più importanti rappresentanti di due diverse generazioni
del jazz italiano.
Una carriera in continua e inarrestabile ascesa quella di Fabrizio Bosso, a partire dall’esordio, immediatamente sensazionale, con il disco Fast Flight (2000). Da allora ha collaborato con i migliori jazzisti italiani (Stefano Di Battista, Paolo Fresu, Flavio Boltro), ma ormai siamo abituati ad ascoltarlo soprattutto in veste di leader: dai suoi sestetti (celebre il Latin Mood), quintetti e quartetti sino a formazioni più piccole e fortemente caratterizzate nei programmi musicali (come lo Spiritual Trio). Frequenti sono poi i suoi accostamenti ad altri musicisti di grande caratura: è il caso dei duetti con Antonello Salis, Luciano Biondini, Irio De Paula, Julian Oliver Mazzariello. Parallelamente alla sua intensa attività jazzistica, Bosso ha sempre frequentato anche i palchi (e i dischi) del pop nazionale, usandoli come utilissimo trampolino per la sua visibilità e sempre figurando in contesti che ne hanno messo in risalto le qualità di solista: con Sergio Cammariere, Raphael Gualazzi, Mario Biondi, Nina Zilli, Nicola Conte… Enrico Rava (nato nel 1939 a Trieste) si ispira inizialmente a figure carismatiche come Chet Baker e Miles Davis. Si avvicina però ben presto all’avanguardia, suonando con Gato Barbieri, Don Cherry, Mal Waldron e Steve Lacy (e poi durante la sua permanenza negli USA con Roswell Rudd, Cecil Taylor, Carla Bley). La personalità di Rava è unica per il modo in cui ha saputo passare con risultati sempre memorabili dalla musica di ricerca a un jazz instradato nel solco di una tradizione in progress. FOTO Venerdì 28 aprile Savignano sul Rubicone (FC), Cinema Teatro Moderno, ore 21:15 CARMEN SOUZA & THEO PASCAL TRIO “Creology” Carmen Souza – voce, pianoforte, chitarra; Theo Pascal – contrabbasso, basso el.; Elias Kacomanolis – batteria “Creology”
è un nuovo tassello della lunga e fruttuosa collaborazione tra Carmen
Souza e Theo Pascal: il disco, che uscirà in concomitanza col tour
primaverile, è l’ottavo di questo sodalizio che dura ormai da oltre una
dozzina di anni. Con questo nuovo repertorio, la Souza e Pascal
sterzano verso l’universo musicale afro, inteso in senso largo, con
tutte le mutazioni che ha assunto con la dispersione geografica del
popolo africano. Si seguono quindi rotte transoceaniche, dalle ex
colonie portoghesi (Capo Verde, Mozambico, Angola) verso il Brasile e
Cuba, per risalire poi sino alle coste di New Orleans. Durante un
simile viaggio, ci si imbatte in ritmi assai caratteristici: batuque,
funana, semba, quilapanga…
Nata a Lisbona nel 1981 da una famiglia originaria di Capo Verde, Carmen Souza si è imposta come una delle più interessanti voci della world music, nella cui ricetta ha fatto confluire ingredienti assai diversi, dal jazz al soul a varie musiche tradizionali africane. Con un’impostazione vocale che richiama le grandi cantanti jazz di colore, la Souza ha ‘dirottato’ la lezione di una Billie Holiday verso i temi più pittoreschi e i sapori esotici di una Cesária Évora. Il talento del portoghese Theo Pascal, che ha affiancato Carmen Souza sin dai suoi esordi in veste di compositore, arrangiatore e produttore, viene pienamente riconosciuto grazie alla co-leadership di questo trio. Nella sua carriera, spicca anche la duratura collaborazione con un’altra stella della canzone portoghese: Sara Tavares. FOTO Domenica 30 aprile Russi (RA), Teatro Comunale, ore 21:00 “Penta Blues” ROY PACI & MAURO OTTOLINI play W. C. Handy Roy Paci – tromba; Mauro Ottolini – trombone; Vanessa Tagliabue Yorke – voce; Roberto De Nittis – pianoforte; Riccardo Di Vinci – contrabbasso; Zeno de Rossi – batteria in occasione della Giornata Internazionale UNESCO del Jazz “Penta
Blues”, ideato da Roy Paci e Mauro Ottolini, è un viaggio lungo le orme
musicali di William Christopher Handy (1873-1958), che con la sua
prolifica vena compositiva contribuì a definire la forma del blues come
la conosciamo oggi. Non per nulla si è guadagnato l’appellativo di
‘padre del blues’. Quello scritto da Handy e ora reinterpretato da Roy
Paci e Ottolini è un jazz primigenio dalla vocazione corale e
dall’intensità primordiale, i cui testi narrano storie di uomini e
donne, di musica e d’amore, di denaro che manca e di giochi d’azzardo.
Roy Paci (nato ad Augusta nel 1969), affermatosi sia come cantautore che come trombettista di esuberante virtuosismo, ha un curriculum davvero singolare per ricchezza e varietà di percorsi. Formatosi musicalmente nella banda del paese d’origine, si fa notare nei jazz club di tutta Italia sin dall’adolescenza. Si fa poi largo nella scena alternativa, rivelando una particolare predilezione per il genere ska. Contemporaneamente riscopre le proprie radici attraverso il progetto La Banda Ionica, con cui rivisita le marce funebri più popolari dell’Italia meridionale. Nei suoi progetti si evidenzia una spiccata tendenza al melting pot musicale: una convivenza di swing, rock, ska e ritmi caraibici, senza mai peraltro dimenticare la ricca tradizione siciliana. Ne sono prova gli Aretuska, una delle band più esplosive e coinvolgenti del panorama alternativo italiano. Nella sua tumultuosa attività Roy Paci ha collaborato via via con Manu Chao, Vinicio Capossela, Piero Pelù, i Mau Mau, i Marlene Kuntz, i Negrita, i Subsonica, Mike Patton, Han Bennink, Trilok Gurtu, i Gogol Bordello… Mauro Ottolini è il leader di alcune delle più sorprendenti formazioni della musica creativa italiana: gli Smashing Triad(s), i Lato Latino, l’orchestra Ottovolante, oltre al gruppo che più ha contribuito alla sua fama, i Sousaphonix. Con questa band dall’organico ampio e variabile, che rivela al massimo grado il suo amore per il jazz antico e contemporaneo, sorvolando piuttosto l’era di mezzo del bop, Ottolini è stato meritatamente travolto dal successo, vincendo il Top Jazz nel 2012. FOTO Lunedì 1 maggio Forlì (FC), Teatro Diego Fabbri, ore 21:00 “UNFORGETTABLE” Omaggio a Nat King Cole ITALIAN JAZZ ORCHESTRA + special guests FABRIZIO BOSSO & WALTER RICCI Direttore FABIO PETRETTI ITALIAN JAZZ ORCHESTRA: Achille Succi – sax alto, clarinetto basso; Marco Postacchini – sax baritono, flauto; Daniele Giardina – tromba; Massimo Morganti – trombone, euphonium, arrangiamenti; Michele Francesconi – pianoforte, arrangiamenti; Paolo Ghetti – basso el., contrabbasso; Stefano Paolini – batteria. ARCHI. Violini: Cesare Carretta, Fabio Lapi, Simone Castiglia, Michela Zanotti, Aldo Capicchioni, Elisa Tremamunno. Viola: Aldo Zangheri. Violoncello: Anselmo Pelliccioni. Contrabbasso: Roberto Rubini. + special guests: FABRIZIO BOSSO – tromba; WALTER RICCI – voce. Fabio Petretti – direzione, arrangiamenti Nat King Cole video collage: immagini, concerti, special TV, interviste produzione originale Jazz Network/Crossroads - Romagna Musica Fabrizio Bosso artist in residence Festeggiare
il 1° maggio a Forlì è ormai una consuetudine per Crossroads: una
tradizione che ha una sua identità ben caratterizzata, con alcuni
elementi ricorrenti (la presenza dell’Italian Jazz Orchestra,
l’impostazione multimediale di uno spettacolo che coinvolge un enorme
cast artistico) e altre variabili (di anno in anno cambiano i solisti
ospiti, vip del jazz italiano e internazionale, e il repertorio
musicale, con produzioni originali a tema).
Quest’anno il kolossal jazz forlivese sarà dedicato a Nat King Cole (1919-1965), jazzista sopraffino il cui successo è stato tanto debordante da farne un artista amato ben al di là delle categorie dei generi musicali. Prima di tutto pianista jazz, Cole raggiunse l’apice della fama quando iniziò a proporsi anche come cantante. Le sue esibizioni e incisioni in trio hanno fatto di lui un modello intramontabile della popular music americana. Sul palco forlivese, assieme al variegato organico dell’Italian Jazz Orchestra diretta da Fabio Petretti (16 elementi con una strumentazione crossover tra jazz e musica classica), saliranno Fabrizio Bosso e Walter Ricci. Le sortite solistiche di Bosso, le sue impennate verso acuti sorprendenti, i lunghi fraseggi dall’inesauribile fantasia sono ormai familiari al pubblico di Crossroads. Abitualmente ospite del festival con piccoli combos, nell’omaggio a Nat King Cole Bosso potrà farsi ascoltare in uno dei contesti più ambiti da un solista del suo calibro: davanti a un’intera orchestra, archi compresi. Walter Ricci, classe 1989, inizia giovanissimo a calcare i palchi dei più noti jazz club. Nel 2006 vince il “Premio Nazionale Massimo Urbani” e la sua carriera prende il via. È in quella occasione che incontra Fabrizio Bosso, che lo vorrà spesso accanto a sé e che lo sosterrà negli anni a seguire. Al 2008 risale l’inizio della sua collaborazione con Stefano Di Battista, mentre nel 2009 Pippo Baudo lo invita a Domenica In come vocalist dell’orchestra diretta da Pippo Caruso. Nella sua lunga permanenza televisiva ha modo di duettare, tra gli altri, con Michael Bublè e Mario Biondi, col quale continua poi a esibirsi anche fuori dagli studi della RAI. Da allora la carriera di Ricci ha preso un respiro internazionale, alternandosi tra collaborazioni e progetti come leader. Qualche giorno prima del concerto, lo storico del jazz Francesco Martinelli, assieme a Fabio Petretti e Michele Francesconi, tra i curatori degli arrangiamenti, terrà inoltre un incontro con gli studenti delle scuole superiori forlivesi per introdurli alla scoperta della favolosa parabola artistica di Nat King Cole. FOTO Venerdì 5 maggio Lido Adriano (RA), Cisim, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 44° Jazz Club” TRIO BOBO FASO-MENCONI-MEYER “Pepper Games” Faso – basso el.; Alessio Menconi – chitarra; Christian Meyer – batteria Prendete
la sezione ritmica di Elio e le Storie Tese e aggiungete un chitarrista
jazz che sa bene come dialogare con musiche ad alto tasso ritmico. Ecco
fatto il Trio Bobo: fusion, rock e funk vintage
spinti ai massimi livelli virtuosistici, con un senso dell’ironia che a
quanto pare non è solo di Elio ma anche dei suoi sodali. L’abilità
esecutiva sfoggiata dal vivo è di quelle che lasciano l’ascoltatore
incredulo: tra un siparietto comico e l’altro (irresistibili per
giunta), quando i tre si scatenano tra cover e composizioni originali gli strumenti prendono letteralmente fuoco. Fantascienza del groove, progressive jazz extraterrestre, escursioni improvvisative dalla inesauribile policromia: il loro recente disco Pepper Games (uno dei best sellers del jazz italiano del 2016) offre materiale musicale a cui certo non manca la componente d’impatto.
Attivo dal 2002, il Trio Bobo è stato portato avanti da Faso e Christian Meyer come un giocoso progetto collaterale rispetto alla loro celeberrima attività con Elio e le Storie Tese. Entrambi del resto hanno sempre bazzicato i giri del jazz (in particolare di Meyer si ricordano le collaborazioni con Gianni Basso, Martial Solal, Gianluigi Trovesi, Enrico Rava). Alessio Menconi, genovese, vanta collaborazioni con Billy Cobham, Jimmy Cobb, Daniel Humair, Aldo Romano… Oltre a Faso e Meyer ha frequentato molte altre star del pop: Paolo Conte, Anna Oxa, Gianni Morandi, Tullio De Piscopo, Elio… FOTO Sabato 6 maggio Madonna dell’Albero (RA), Bronson, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 44° Jazz Club” ISTANBUL SESSIONS Ilhan Ersahin – sax tenore; Alp Ersönmez – basso el.; Turgut Bekoğlu – batteria; Izzet Kizil – percussioni Il
quartetto Istanbul Sessions raccoglie musicisti di grande versatilità
attorno al sax del leader Ilhan Ersahin, nato in Svezia, residente a
New York, ma chiaramente segnato dalle proprie origini turche, che
riemergono nella sua visione musicale ad ampio raggio, oltre che nella
scelta dei suoi compagni di gruppo.
Dopo anni di esibizioni in Turchia, dove si recava portando con sé formazioni made in the USA, nel 2004 Ersahin diede vita al suo primo gruppo con musicisti di Istanbul: Wonderland. Istanbul Sessions prese invece forma nel 2008 con l’intento di scatenarsi in una musica fortemente intrisa di elementi rock e ritmi ballabili, rigorosamente suonata senza ricorrere all’elettronica. Così il jazz più avanzato lascia spazio anche a incursioni nel pop, il funk più aggressivo ruota assieme alla musica dei dervisci, melodie medio-orientali si frantumano su ritmi di dub. Istanbul Sessions è una sovrapposizione dell’East Village newyorkese con le notti di Istanbul: jazz con un taglio tutto nuovo. La band ha anche collaborato col trombettista svizzero Erik Truffaz, come si può ascoltare sul disco d’esordio, pubblicato nel 2010. FOTO Domenica 7 maggio Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” An Evening With PAT METHENY Antonio Sanchez, Linda Oh & Gwilym Simcock Pat Metheny – chitarre; Gwilym Simcock – pianoforte, tastiera; Linda Oh – contrabbasso; Antonio Sanchez – batteria Il concerto è tutto esaurito ma alcuni biglietti saranno comunque messi in vendita la sera stessa dello spettacolo. Un’icona
della chitarra come Pat Metheny ci ha talmente abituati a una
inesauribile creatività e a progetti talvolta davvero fuori dagli
schemi (come il recente Orchestrion,
che lo vedeva esibirsi in solitudine ma circondato da un colossale
marchingegno di strumenti musicali dei più vari attivati tramite la sua
chitarra) che quasi ci si dimentica della normalità. Quella del
quartetto con la classica ritmica piano-basso-batteria per esempio, il format
per antonomasia, che riapre il confronto con la storia della chitarra
jazz. Il quartetto che vede Metheny affiancato dal pianista britannico
Gwilym Simcock, la contrabbassista australiana (ma nata in Malesia da
genitori cinesi) Linda Oh e Antonio Sanchez, uno dei batteristi simbolo
del jazz odierno, ha iniziato a calcare le scene la scorsa estate:
erano ormai dieci anni che il chitarrista del Missouri non si cimentava
con questo organico, dai tempi della sua collaborazione con Brad
Mehldau. Dopo un periodo sabbatico lontano dai palcoscenici, nel 2016
Metheny è tornato così alla ribalta con una band che gioca la carta
della formula aperta: classici del suo repertorio, nuovi brani, pezzi
composti anche nel lontano passato ma mai eseguiti prima. Insomma, la
scaletta si preannuncia come un pacco a sorpresa che aspetta solo di
essere aperto.
Chitarrista dei record (nel suo palmarès ci sono una ventina di Grammy Awards, un’incalcolabile serie di premi come ‘migliore della classe’, sino all’inclusione nella Hall of Fame di DownBeat), Pat Metheny, nato nel 1954, ha saputo costruire e mantenere nel tempo un rapporto unico col pubblico. L’ormai più che quarantennale carriera di Metheny è un percorso delle meraviglie, dai fondamentali successi dei suoi esordi discografici nella seconda metà degli anni Settanta (su ECM), che lo trasformarono immediatamente in una star di prima grandezza, ai grandi partner dei quali si è circondato negli anni a seguire (Michael Brecker, Charlie Haden, Billy Higgins, Ornette Coleman, Sonny Rollins, Herbie Hancock, Dave Holland, Roy Haynes, Joshua Redman, Brad Mehldau). FOTO Lunedì 8 maggio Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” “Pazzi di Jazz” Young Project ORCHESTRA DEI GIOVANI, ORCHESTRA DI PERCUSSIONI, CORO SWING KIDS & CORO TEEN VOICES 250 giovanissimi diretti da Tommaso Vittorini, Ambrogio Sparagna & Alien Dee special guests PAOLO FRESU, AMBROGIO SPARAGNA & ALIEN DEE “A Night in Ravenna” Omaggio a Dizzy Gillespie nel centenario della nascita Serata finale del progetto “Pazzi di Jazz” dedicata a Carlo Bubani Con il sostegno del Comune di Ravenna Con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna - MIUR produzione originale Jazz goes to School Ingresso gratuito Il pubblico potrà accedere alla biglietteria del Teatro Alighieri per aggiudicarsi i biglietti gratuiti lunedì 8 maggio dalle ore 10 alle 13 e la sera dalle ore 20. Il
“Pazzi di Jazz” Young Project che andrà in scena al Teatro Alighieri di
Ravenna è il momento finale e culminante della quarta edizione di Pazzi
di Jazz. Posto a coronamento di un percorso didattico di quattro mesi,
durante i quali il jazz è penetrato in numerose scuole ravennati, il
concerto avrà come filo conduttore lo straordinario trombettista e
compositore Dizzy Gillespie, la principale figura nella nascita del
bebop e del jazz moderno, del quale ricorre il centenario della nascita.
A stimolare, incuriosire e istruire i giovanissimi studenti, e poi a prepararli per la grande esibizione finale, c’è ancora la squadra artistica originaria, in carica dal 2014: Tommaso Vittorini, Paolo Fresu, Ambrogio Sparagna. Fresu è solista di estroso lirismo, artista tra l’altro molto attento alla formazione musicale delle giovani generazioni; Sparagna porta con sé la coinvolgente comunicativa della musica popolare; Vittorini mette in gioco tutta la sua esperienza nelle sfere alte della scrittura e la direzione orchestrale, progettando gli arrangiamenti originali per il grande organico ravennate. E non mancherà Alien Dee, che col suo beatboxing è diventato un beniamino dei baby coristi ravennati sin dall’edizione 2015. Sotto la guida di questi maestri, impegnati come direttori e solisti, ci sarà una formazione di ben 250 giovanissimi musicisti provenienti dalla scuola media Don Minzoni (l’Orchestra dei Giovani), dall’Istituto Comprensivo Darsena (l’Orchestra di Percussioni), dalle scuole primarie Mordani e Iqbal Masih (il coro Swing Kids), da varie scuole superiori (il coro a cappella Teen Voices). L’unicità di un’esperienza formativa come Pazzi di Jazz è stata riconosciuta dalle più importanti istituzioni nazionali, che negli anni non hanno mancato di premiarla con la medaglia del Presidente della Repubblica, il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna/MIUR. FOTO Martedì 9 maggio Lido Adriano (RA), Cisim, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 44° Jazz Club” MARC RIBOT SOLO Marc Ribot – chitarra Marc Ribot ha pubblicato sei album in solo, tra i quali spiccano The Book of Heads (1995, in cui esegue composizioni di John Zorn), Saints (2001) e il più recente della serie, Silent Movies
(2010). Ma anche con così tante tracce lasciate dietro di sé, Ribot
continua a essere il musicista imprevedibile che è sempre stato: ogni
sua performance in solo dal
vivo fa storia a sé e non si sa proprio cosa attendersi, tra riemergere
di memorie sonore, improvvisazione totale, interferenze rumoristiche.
Di sicuro Ribot sa come tenere l’ascoltatore col fiato sospeso in
attesa del dipanarsi degli eventi sonori, tra mistero e sorpresa.
Nato a Newark nel 1954, nel corso della sua lunga carriera Marc Ribot ha impersonato innumerevoli ruoli: dalle celeberrime esibizioni con Elvis Costello e Tom Waits ai gruppi (come i Lounge Lizards) che hanno fatto di lui un guru della scena avanguardistica downtown di New York. E quando pensate di averlo inquadrato per bene, eccolo lì che vi spiazza in un batter di plettro: free jazz, musica cubana, blues, le avventure con John Zorn sino al rock (che emerge vigorosamente anche nel suo più recente gruppo, con tanto di archi, gli Young Philadelphians). FOTO Mercoledì 10 maggio Ravenna, Mama’s Club, ore 10-13, 14:30-16:30 “Ravenna Jazz” “Mister Jazz” WORKSHOP sulla vocalità condotto da LAURA AVANZOLINI “La voce nel jazz tra suono, parola e improvvisazione” Mercoledì 10 maggio Ravenna, Mama’s Club, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 44° Jazz Club” LAURA AVANZOLINI TRIO “I’m All Smiles” Laura Avanzolini – voce; Fabio Petretti – sax tenore; Daniele Santimone – chitarra 7 corde Nata
a Cattolica nel 1985, Laura Avanzolini inizia a studiare pianoforte
all’età di 6 anni. Approda al mondo del canto con Martina Grossi, con
la quale studia tecnica vocale e improvvisazione, iniziando a
familiarizzarsi col repertorio jazzistico. Nel 2007 entra nelle file
dell’Alma Jazz Orchestra (band dell’ateneo di Bologna diretta da Teo
Ciavarella). Ma intanto continua anche la sua formazione, tra corsi
(Conservatorio “Rossini” di Pesaro, Nuoro Jazz) e masterclass (Roberta
Gambarini, Rachel Gould, Diana Torto, Maria Pia De Vito, Cristina
Zavalloni…). Partecipa poi a varie band con le quali ottiene le prime
affermazioni: il Michele Francesconi Vocal Quartet (vincitore nel 2010
del primo premio nella sezione gruppi al concorso “Chicco Bettinardi”
organizzato dal Piacenza Jazz Festival), il Two Flowers Sextet (che
vince il MAU Festival, dell’Università degli Studi di Urbino), la
Colours Jazz Orchestra.
Nel 2016 la Avanzolini ha pubblicato il suo primo disco da leader: I’m All Smiles, in trio con Fabio Petretti e Daniele Santimone. Vi si ascoltano standard ai quali gli arrangiamenti della stessa Avanzolini conferiscono un’espressività fresca e rinnovata, a dimostrazione del fatto che il repertorio jazzistico classico rimane una questione sempre aperta, un terreno che ogni musicista può continuare a percorrere scoprendo al suo interno prospettive sempre mutevoli. Oltre al concerto serale, Laura Avanzolini salirà anche in cattedra per il classico seminario di “Mister Jazz”, che affronterà la vocalità jazzistica spaziando da fasi di lavoro individuale sugli standard a momenti collettivi. FOTO Giovedì 11 maggio Ravenna, Mama’s Club, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 44° Jazz Club” AVERY*SUNSHINE Avery*Sunshine – voce, pianoforte, tastiere; Dana Johnson – chitarra Soul,
gospel, jazz e R&B: Avery*Sunshine ci offre tutto il menù della
black music, mettendoci di suo una vibrante carica interpretativa.
Nata Denise Nicole White nel 1975 a Chester (Pennsylvania), ha poi fatto di Atlanta la sua casa, mentre come artista si è ribattezzata Avery*Sunshine (con o senza l’asterisco). Il primo approccio al canto avviene in seno alla chiesa, nella sua città natale. Poi ad Atlanta completa la sua formazione con l’altro aspetto della musica nera, quello ‘profano’ del R&B. I primi anni della sua carriera sono fatti di piccoli passi, con la sua voce al servizio anche di produzioni teatrali e cinematografiche. Esce improvvisamente dall’anonimato nel 2008 quando si esibisce alla convention nazionale del partito Democratico. L’anno dopo viene invitata a cantare per l’insediamento come Presidente di Barack Obama. Nel 2010 arriva l’album di debutto: assieme a lei c’è Dana Johnson, che da allora è rimasto una presenza costante al suo fianco. Il disco successivo, The Sun Room (2014), esibisce una varietà di influenze (Nina Simone, Miles Davis, Earth, Wind & Fire, James Brown…) in una scaletta ricca di sbalzi espressivi. FOTO Venerdì 12 maggio Piangipane (RA), Teatro Socjale, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 44° Jazz Club” NICO GORI & SWING 10tet + special guest Ernesto Tacco Dancing Swing Party Nico Gori – clarinetto, direzione, arrangiamenti; Vladimiro Carboni – batteria; Nino “swing” Pellegrini – contrabbasso; Piero Frassi – pianoforte; Renzo Cristiano Telloli – sax alto; Moraldo Marcheschi – sax tenore; Alessio Bianchi – tromba; Silvio Bernardi – trombone; Mattia Donati – chitarra, voce; Michela Lombardi – voce; Iacopo Crudeli – presentatore, voce + special guest Ernesto Tacco – tap dancer ** acquista i biglietti on-line ** Nico
Gori, fiorentino classe 1975, ha collaborato con musicisti jazz di
grande fama, quali Fred Hersch, Lee Konitz, Enrico Rava, Antonello
Salis, Gianluca Petrella, Roberto Gatto, ma anche con cantanti pop
quali Anna Oxa, Fabio Concato, Gino Paoli e i Dirotta su Cuba. Nella
sua carriera Gori ha frequentato la musica classica, il funk e l’acid
jazz, ma è sicuramente nell’ambito jazzistico che ha saputo meglio
distinguersi come solista. Tra i suoi exploit
più recenti ci sono le collaborazioni con Stefano Bollani (nei gruppi
Carioca e I Visionari oltre che in varie registrazioni discografiche),
Tom Harrell e la Vienna Art Orchestra.
Con il suo Swing 10tet, Gori celebra i fasti dello swing e del jazz da ballo, con Benny Goodman e Count Basie come punti di riferimento. Il repertorio è infatti quello delle big band tra anni Trenta e Quaranta, con l’aggiunta anche di brani originali. Con un organico leggermente snellito rispetto a una big band al completo, Gori riesce comunque a ricreare il sound di un’epoca, facendone rivivere il travolgente legame tra musica, ballo e senso dello spettacolo. Sul palco infatti, oltre a nove strumentisti e due cantanti, salirà anche un ballerino di tip-tap. FOTO Sabato 13 maggio Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Ravenna Jazz” BILLY COBHAM BAND Billy Cobham – batteria; Carl Orr – chitarra; Christian Gálvez – basso el.; Steve Hamilton – tastiere; Camelia Ben Naceur – tastiere ** acquista i biglietti on-line ** Impossibile pensare alla grande stagione fusion degli anni Settanta senza il drumming di Billy Cobham, che di quel genere è stato uno dei padri fondatori oltre che il più emblematico batterista.
Prima ancora di mettersi a capo dei suoi gruppi, che hanno fatto storia, aveva gettato le basi del suo stile possente, ipercinetico, tumultuoso, figlio al contempo del jazz (con le sue sottigliezze e complessità), del rock (con la sua martellante irruenza), del funk (coi suoi groove arabescati). Billy Cobham, nato a Panama nel 1944, si trasferisce con la famiglia a New York tre anni dopo. A otto anni già si esibisce dal vivo. Dopo una lunga permanenza come percussionista nell’U.S. Army Band, si congeda ed entra al servizio di Horace Silver. È il 1968, l’anno in cui la storia del jazz (e non solo) sta per cambiare. In rapida successione viene ingaggiato da Stanley Turrentine, Shirley Scott, George Benson, sino all’approdo che lo indirizza definitivamente: la band elettrica di Miles Davis, quella che va in studio e sforna Bitches Brew (e poi Live-Evil e A Tribute to Jack Johnson). Se ne va dal gruppo di Davis a braccetto di John McLaughlin, col quale dà vita alla Mahavishnu Orchestra, che debutta nel 1971. E mentre diventa il batterista ufficiale delle produzioni fusion targate CTI, è pronto anche a esordire come leader. Lo fa nel 1973 con un disco entrato nella leggenda: Spectrum. Nel giro di pochi anni Cobham si orienta verso produzioni più commerciali e la progressiva ‘dolcificazione’ della sua musica va di pari passo con l’allargarsi della notorietà. A partire dagli anni Ottanta, è tornato con frequenza al ruolo di sideman di lusso, ma da qualche anno a questa parte Cobham ha rispolverato la sua attività solistica, ricostituendo anche il progetto Spectrum. FOTO Domenica 14 maggio Piangipane (RA), Teatro Socjale, ore 21:30 “Ravenna Jazz” “Ravenna 44° Jazz Club” GRACE KELLY QUARTET “Trying To Figure It Out” Grace Kelly – sax alto, voce; Julian Pollack – tastiere, pianoforte; Julia Pederson – contrabbasso, basso el.; Ross Pederson – batteria ** acquista i biglietti on-line ** Il
tour che la porterà anche a Piangipane è la prima occasione per
ascoltare dal vivo in Italia Grace Kelly: il che sembra quasi irreale
di fronte alla ormai notevole mole di attività di questa precocissima
artista, che aveva dato inequivocabili segni di un talento fuori dal
comune sin da prima dell’adolescenza. Nata nel 1992 in Massachusetts
(con origini per metà coreane e per metà americane), inizia a comporre
canzoni all’età di sette anni, a dodici giunge al traguardo del primo
album (sotto l’egida di Jerry Bergonzi), a quindici scrive, orchestra
ed esegue un brano coi favolosi Boston Pops. Ora, nonostante sia poco
più che ventenne, bisogna già accreditarla come una star internazionale
del sax (senza tacere delle sue mirabili prove da cantante), su un
fronte musicale che va dal jazz puro al rock e alle reciproche
commistioni.
Il suo stile arguto, carico di feeling anche nei momenti più concitati e funkeggianti, dimostra una incredibile capacità di adattamento, mentre le canzoni che compone rivelano una spiccata originalità. Cose che non sono sfuggite ai grandi musicisti coi quali ha collaborato: Dave Brubeck, Phil Woods, Wynton Marsalis, Lee Konitz, David Sanborn, Marcus Miller, Esperanza Spalding, Gloria Estefan, Huey Lewis… Come leader è apparsa in sedi che non lasciano dubbi sul punto in cui è arrivata la sua carriera (l’Hollywood Bowl, il Kennedy Center, la Carnegie Hall…), mentre la sua collezione di premi e riconoscimenti dei più vari è in continuo aumento (dagli ASCAP Composer Awards alla vittoria del referendum di DownBeat come rising star del sax alto: è tra l’altro la più giovane sassofonista mai entrata nella classifica stilata dalla più celebre delle testate jazzistiche). FOTO Martedì 16 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” DANILO REA SOLO “Notturno” Danilo Rea – pianoforte Danilo
Rea trova nel piano solo una dimensione ideale per dare forma al
proprio universo espressivo, oltre che un momento privilegiato per
mettere in risalto il suo celebre fiuto per la melodia e la
raffinatezza del tocco pianistico. Nei suoi recital Rea ha fatto
confluire materiali musicali eterogenei, dai capisaldi del jazz alle
canzoni italiane e le arie d’opera. Ne sono dimostrazione i molti
progetti messi anche su disco: da Lost in Europe (2000) a A Tribute to Fabrizio De André (2010), passando per Lirico (2004) e Solo (2006). A tutto ciò si sono poi aggiunti Something in Our Way (2015: repertorio tra Beatles e Rolling Stones) e il più recente Notturno (apparso nel 2016 nella collana Jazz Italiano Live distribuita dal quotidiano la Repubblica). In Notturno
Rea torna ad affrontare la musica classica, momento di partenza della
sua formazione pianistica, improvvisando su temi di Mozart, Chopin
& C. Del resto, come fa notare lo stesso Rea, loro pure erano
improvvisatori sulla tastiera.
Danilo Rea è il pianista del jazz italiano attuale. Nato a Vicenza (nel 1957) è però cresciuto a Roma, sulla cui scena jazzistica ha esordito assai presto, creando nel 1975 il Trio di Roma (con Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto). Con questa formazione, ancora saltuariamente attiva in tempi recenti, e, successivamente, con la creazione dei Doctor 3 (con Pietropaoli e Fabrizio Sferra), Rea ha stabilito la norma del piano trio jazzistico all’italiana. Nella carriera di Rea risaltano anche notevoli collaborazioni internazionali (davvero speciali quelle con Chet Baker, Lee Konitz, Steve Grossman, Bob Berg, Phil Woods, Michael Brecker, Joe Lovano, Gato Barbieri…), nonché un’attività d’alto livello nel pop italiano. Pianista prediletto da Mina, Claudio Baglioni e Pino Daniele, Rea ha collaborato anche con Domenico Modugno, Fiorella Mannoia, Riccardo Cocciante, Renato Zero, Gianni Morandi e Adriano Celentano, mentre di recente ha preso parte alla ‘svolta jazz’ di Gino Paoli. FOTO Mercoledì 17 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” ENRICO RAVA & GERI ALLEN DUO Enrico Rava - tromba, flicorno; Geri Allen – pianoforte Enrico Rava artist in residence Eternamente
giovane, Enrico Rava non esita a cimentarsi periodicamente con nuove
avventure musicali. Così eccolo qui per la prima volta in tournée in duo con la pianista Geri Allen.
Ci sono vari precedenti tra Rava e la Allen, ma tutt’altro che musicali: incontri casuali nelle sale d’attesa degli aeroporti o nei festival nei quali erano invitati a esibirsi coi loro gruppi. Occasioni per scambiare saluti e promesse di una futura collaborazione. Eccola qui. Personalità umana e musicale fuori da ogni schema, incapace di ripetersi: non meraviglia che Enrico Rava sia un musicista rigoroso quanto incurante delle convenzioni, che ha creato un linguaggio solistico immediatamente riconoscibile i cui punti di forza sono la sonorità lirica, il fraseggio spezzato e scattante, la freschezza tematica delle composizioni. Il giro del jazz a 360° di Rava, con i suoi spostamenti trasversali tra sperimentalismo e mainstream, si rispecchia nello stile altrettanto onnivoro della Allen. Nata a Pontiac (Michigan) ma cresciuta a Detroit, Geri Allen si è affacciata sulla scena musicale newyorkese verso la metà degli anni Ottanta. Il movimento M-Base che ruotava attorno a Steve Coleman (col quale la Allen ha registrato diversi dischi) fu il suo trampolino. Iniziò quindi a proporsi come leader, incidendo anche in una formazione paritetica con Charlie Haden e Paul Motian. Le sue collaborazioni, che spaziano da Ron Carter a Tony Williams, Jack DeJohnette, Betty Carter e Charles Lloyd, le hanno permesso di affermarsi definitivamente nel corso degli anni Novanta, imponendola come una delle principali voci pianistiche del decennio. Posizione di primato che la Allen ha conservato sino a oggi, coltivando sia uno stile più sperimentale e aggressivo che una vena lirica di insuperabile cantabilità. Anche Ornette Coleman, notoriamente ‘allergico’ ai pianisti, per lei fece un’eccezione e la volle al proprio fianco. FOTO Giovedì 18 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” Quincy Jones Presents JACOB COLLIER Jacob Collier – voce, pianoforte, tastiere, chitarra, contrabbasso, basso, percussioni, batteria, visual Anche
nel jazz è arrivata la generazione YouTube: quella di artisti che hanno
completamente scavalcato i classici percorsi verso la fama dominati da
case discografiche e agenzie, per farsi strada da sé, con internet e i social media come biglietto da visita per andare incontro a un pubblico planetario.
E il londinese Jacob Collier (oggi appena ventiduenne) ha fatto proprio così, lanciando i classici messaggi nella bottiglia nel mare del web. Nel 2011 inizia a caricare on line i suoi video, rigorosamente girati in casa, in cui fa tutto da solo: canta, suona una varietà di strumenti e crea montaggi caleidoscopici che sottolineano il processo creativo e accentuano ancor di più il ritmo delle sue fenomenali riletture di Michael Jackson, Stevie Wonder, classici del soul e del jazz. Bisogna dire che nel suo caso al talento ha risposto la fortuna: i suoi video diventano virali e oggi tra i suoi fan si contano personaggi come Herbie Hancock e Pat Metheny, che non si fanno scrupolo di definirlo un genio. Dello stesso parere è Quincy Jones, che ha fatto di Collier il suo pupillo. Ormai star del web, nel 2016 Collier pubblica il suo primo vero disco, il cui titolo richiama il punto d’origine del suo talento: In My Room. Sul palcoscenico, dal vivo, Jacob Collier riesce incredibilmente a replicare il suo lavoro di videomaker domestico: grazie a un progetto realizzato con l’aiuto del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, realizza un one-man-show audiovisivo in cui le immagini e le linee musicali si sovrappongono allo stesso modo dei generi musicali, jazz, gospel, soul, improvvisazione… FOTO Sabato 20 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” CRISTIANO ARCELLI “Almost Romantic” Cristiano Arcelli – sax alto; Simone Graziano – pianoforte; Stefano Senni – contrabbasso; Bernardo Guerra – batteria; guest Massimiliano Canneto – violino Oltre
che come solista, con diversi dischi a proprio nome (su etichette
Auand, Radar-Egea, Wide Sound), Cristiano Arcelli (Perugia, 1976) è
particolarmente attivo anche come autore e arrangiatore. Ha composto
musica per l’Italian Jazz Orchestra, l’Orchestra Bruno Maderna e la
Bangkok Symphony Orchestra, mentre ha fornito arrangiamenti di squisita
fattura a Paolo Damiani e Cristina Zavalloni. Ha suonato e registrato
con Enrico Rava, Danilo Rea, Gabriele Mirabassi, Joe Chambers, Paul
McCandless, Cyro Baptista…
Il gruppo “Almost Romantic” rimette in equilibrio l’organico, posizionato lungo l’asse Ornette Coleman-Lee Konitz, di un recente progetto di Arcelli, il trio Solaris. Alla combinazione sax alto-basso-batteria si aggiunge ora il pianoforte (e nel caso del concerto di Correggio anche il violino, che conferisce all’impasto timbrico un profilo assai peculiare). La musica, come sempre con Arcelli, è fresca, sensuale ma anche ironica. E sotto l’intimismo del piccolo organico si cela in verità la percezione delle cose fatte in grande, come se si trattasse di dar vita alle idee musicali con una piccola orchestra. FOTO Lunedì 22 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” LA FABBRICA DEI BOTTI Plays The Lomax Tapes Paolo Botti – viola, dobro, banjo; Luca Calabrese – tromba; Dimitri Grechi Espinoza – sax alto; Edoardo Marraffa – sax tenore; Tony Cattano – trombone; Tito Mangialajo Rantzer – contrabbasso, voce; Zeno de Rossi – batteria; guest: Mariangela Tandoi – fisarmonica Nato a Roma nel 1969,
Paolo Botti approda al jazz dopo gli studi accademici come violista. Ha
lavorato al fianco di Franco D’Andrea, Bruno Tommaso, Giorgio Gaslini,
Dave Liebman, Tristan Honsinger, Dave Burrell, William Parker,
ottenendo ripetuti riconoscimenti critici, comprese numerose presenze
nei posti alti della classifica del referendum Top Jazz del mensile Musica Jazz. E proprio a questa testata si allaccia la vicenda di The Lomax Tapes,
distribuito come Cd allegato a Musica Jazz in occasione del centenario
della nascita di Alan Lomax (1915-2002) per rendere omaggio alle
storiche registrazioni del musicologo americano.
Lomax, documentando musiche tradizionali in giro per il mondo, registrò su nastro forme musicali destinate a scomparire nel giro di poco tempo, travolte dalla modernizzazione e dall’omologazione culturale dovuta allo sviluppo dei media. Il pittoresco organico della Fabbrica dei Botti conferisce una veste moderna a questo sterminato repertorio, pescando principalmente dalle fonti statunitensi ma non soltanto da esse. Non sorprendiamoci dunque se dovessero spuntare temi popolari italiani, spagnoli, caraibici… FOTO Martedì 23 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” DADO MORONI & MAX IONATA “Two for Stevie” Omaggio a Stevie Wonder Dado Moroni – pianoforte; Max Ionata – sax tenore, sax soprano Two for Stevie (apparso su Cd nel 2015) arriva dopo Two for Duke:
dal repertorio di Ellington a quello di Stevie Wonder il passo non è
breve. Eppure, anche se il contesto storico e la matrice stilistica
sono radicalmente diversi, non è difficile trovare un tratto in comune
tra questi due grandi compositori, nonché performers,
afroamericani: sono entrambi oggetto di continua e frequente
rivisitazione da parte dei jazzisti. E comunque Stevie Wonder rimane un
mito indelebile, una figura fondamentale nella storia della black music,
all’incrocio tra soul, R&B, pop, funky, reggae. Dado Moroni e Max
Ionata esploreranno le sue indimenticabili canzoni magnificandone un
altro loro elemento costitutivo, la filigrana jazzistica.
Vero enfant prodige (ottiene i primi ingaggi professionali all’età di quattordici anni), Dado Moroni (nato a Genova nel 1962) ha saputo trasformare tale precocità in una magistrale maturità pianistica, sino a diventare uno dei jazzisti italiani più esportati all’estero, a giudicare dalla consistenza e regolarità dei suoi ingaggi internazionali. A mettere assieme le sue collaborazioni si compone un’enciclopedia del jazz moderno: Dizzy Gillespie, Chet Baker, Roy Hargrove, Wynton Marsalis, Clark Terry, Freddie Hubbard, Tom Harrell, Johnny Griffin, James Moody, Zoot Sims, Joe Henderson, Slide Hampton, Lionel Hampton, Ron Carter, Ray Brown, Kenny Clarke, Billy Higgins, Ben Riley… Max Ionata (1972), sassofonista che si pone come riferimento sulla scena italiana, è un tenorista dalla voce ‘grossa’, potente e fluida, saldamente incorniciata nella tradizione afroamericana (Rollins, Coltrane) ma ben ambientata nella contemporaneità jazzistica. Ha dato superbe prove di sé in contesti assai diversi come il duo con pianoforte (oltre che con Dado Moroni anche con Luca Mannutza) e il trio pianoless (con Reuben Rogers e Clarence Penn). In tempi recenti è stato molto attivo con un trio con organo, spesso aumentato dalla presenza come special guest di GeGè Telesforo, mentre il suo curriculum comprende anche collaborazioni con Lenny White, Billy Hart, Alvin Queen, Joe Locke, Mike Stern, Roberto Gatto, Stefano Di Battista, Flavio Boltro, Fabrizio Bosso, Enrico Pieranunzi, Mario Biondi, Ornella Vanoni, Sergio Cammariere, Renzo Arbore… FOTO Giovedì 25 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” BALKE-DI CASTRI-GIROTTO-GATTO “Unshot Movies” Javier Girotto – sax soprano, sax baritono; Jon Balke – pianoforte, live electronics; Furio di Castri – contrabbasso; Roberto Gatto – batteria Roberto Gatto artist in residence Una all stars
che sembra messa assieme per una partita di fanta-jazz. Eppure è tutto
più che reale: quattro musicisti dotati di una carica di estroversa
fantasia, chi più chi meno fuori dagli schemi del mainstream, chi più chi meno legato ai suoni etnici piuttosto che a quelli tecnologici.
A tenere un po’ le fila del quartetto c’è Furio di Castri, uno dei contrabbassisti più eclettici della scena italiana. Nato a Milano nel 1955, dai primi anni Ottanta si trova al fianco dei più importanti jazzisti nazionali: Enrico Rava, Paolo Fresu, Massimo Urbani, Antonello Salis… In anni recenti ha riscosso un notevole successo con “Uomini in frac”, progetto creato assieme a Peppe Servillo. Non meno brillante la sua attività internazionale (con Kenny Wheeler, Paul Bley, Michel Petrucciani, John Taylor, Aldo Romano, Richard Galliano, Joe Lovano, Chet Baker, Joe Henderson…). Jon Balke (anche lui classe 1955) è una delle figure chiave del jazz norvegese: ne è la prova la sua ricca discografia su ECM, sia da solista che come leader di formazioni quali la Magnetic North Orchestra, il gruppo percussivo Batagraf e il trio JøKleBa. Javier Girotto, nato a Cordoba nel 1965, è l’anima melodica ed esotica del gruppo. Formatosi tra la natìa Argentina e gli Stati Uniti, si è trasferito in Italia all’inizio degli anni Novanta, portando sulla nostra scena musicale la sua personalissima pronuncia, che salda jazz e sonorità latino-americane in un arco dalle imprevedibili vibrazioni. Roberto Gatto, classe 1958, ha stabilito sin dalla metà degli anni Settanta, e continua a farlo tutt’oggi, il canone della batteria jazz italiana: membro di gruppi fondamentali del jazz nazionale come il Trio di Roma, prima scelta per i nostri principali solisti, oggi è anche un leader affermato, pronto a cimentarsi con situazioni che si allontanano dai canoni mainstream. FOTO Sabato 27 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” THE TOWER JAZZ COMPOSERS ORCHESTRA Marta Raviglia – voce; Alfonso Santimone – direzione, pianoforte, elettronica; Piero Bittolo Bon – direzione, sax alto, clarinetto basso, flauti; Sandro Tognazzo – flauto; Mirko Cisilino, Pasquale Paterra, Gabriele Cancelli, Claus Højensgård Andersen – trombe; Filippo Vignato, Federico Pierantoni, Lorenzo Manfredini – tromboni; Glauco Benedetti – tuba; Gianluca Fortini – clarinetti, sax alto; Tobia Bondesan – sax tenore; Filippo Orefice – sax tenore, clarinetto, flauto; Beppe Scardino – sax baritono, sax alto, flauto; Luca Chiari – chitarra; Federico Rubin – piano elettrico; Alessandro Garino – pianoforte; Nicolò Masetto – contrabbasso, basso elettrico; Andrea Grillini, Simone Sferruzza, William Simone – batteria, percussioni produzione originale Jazz goes to School La Tower Jazz Composers
Orchestra, attiva dal 2016, è l’orchestra residente del Jazz Club
Ferrara, che riuscendo a dar vita a un simile progetto conferma la fama
di essere uno dei club più intraprendenti sulla scena non soltanto
nazionale quanto per lo meno europea. Il fatto che il club ferrarese
sia un centro d’attrazione per numerosi jazzisti di varia estrazione ha
creato un bacino musicale particolarmente ricco dal quale l’orchestra
può attingere: uno di quei casi in cui la vita culturale ‘di provincia’
surclassa quel che al momento riescono a esprimere le grandi città.
L’ampio organico, che prevede la possibilità di turnover tra vari musicisti, è nato come naturale evoluzione di due progetti didattici (The Tower Jazz Workshop Orchestra e The Unreal Book), portando queste diverse esperienze a una sintesi comune, con una formazione e un repertorio più definiti. Affidati alla direzione di Piero Bittolo Bon e Alfonso Santimone, gli oltre venti elementi della Tower Jazz Composers Orchestra mettono in gioco collettivamente le proprie idee musicali con creatività e sorprendente empatia, eseguendo un repertorio che affianca composizioni originali e rivisitazioni di brani provenienti da varie tradizioni (nel book dell’orchestra spiccano pezzi di Steve Coleman e Frank Zappa). FOTO Domenica 28 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” CARLA BLEY “TRIOS” Carla Bley – pianoforte; Andy Sheppard – sax tenore, sax soprano; Steve Swallow – basso Trios è uno dei (non pochi) momenti salienti della carriera discografica di Carla Bley: con una line up
che rappresenta la quintessenza dell’universo espressivo più recente
della pianista, ci troviamo di fronte a una versione in miniatura (ma
solo per numero di strumenti coinvolti) di alcune classiche
composizioni della Bley, pezzi che sanciscono la sua capacità di porsi
come un’autrice ormai classica. Con oltre due decenni di attività alle
spalle, questo trio porta verso nuovi confini l’arte del jazz
cameristico, fatto di sfumature, sottigliezze espressive, fluido
intreccio di dialoghi. La Bley, celebrata soprattutto come direttrice
orchestrale, in questo contesto pone finalmente il suo pianismo sotto i
riflettori, dimostrando quanto il suo tocco si sia fatto più sicuro col
passare del tempo.
Ma dall’uscita di Trios (2013, ECM) a oggi la Bley non è rimasta certo immobile e nel 2016, in coincidenza col suo ottantesimo compleanno, ha dato alle stampe sempre per ECM (e sempre con Swallow e Sheppard) Andando el Tiempo, che suona come una sorta di postilla al precedente album. Nata a Oakland nel 1936, Lovella May Borg diventa Carla Bley nel 1957 a seguito del matrimonio con Paul Bley. Fu lui, con lungimiranza, a incoraggiarne l’attività di compositrice: tra i tanti che hanno messo in repertorio suoi brani troviamo Gary Burton, Jimmy Giuffre, George Russell, Art Farmer, John Scofield, Charlie Haden, Nick Mason dei Pink Floyd. Naturalmente la Bley è poi la più autorevole esecutrice di se stessa: le sue prove orchestrali, tra le quali Escalator Over the Hill rimane la più celebre, l’hanno imposta come una delle voci fondamentali del jazz per grandi organici del secondo Novecento. FOTO Mercoledì 31 maggio Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” FILIPPO VIGNATO TRIO Filippo Vignato – trombone, electronics; Yannick Lestra – Fender Rhodes; Attila Gyarfas – batteria, electronics ROBERTO GATTO NEW QUARTET Roberto Gatto – batteria; Alessandro Presti – tromba; Alessandro Lanzoni – pianoforte; Matteo Bortone – contrabbasso Roberto Gatto artist in residence Filippo Vignato si è imposto come miglior nuovo talento del jazz italiano per l’anno 2016 nel referendum Top Jazz di Musica Jazz, sospinto anche dal suo disco Plastic Breath,
realizzato proprio col trio che porterà a Correggio. E il biglietto da
visita è servito. Ora non resta che prestargli la giusta attenzione.
Nato a Thiene nel 1987, inizia a maneggiare il trombone a dieci anni,
diplomandosi poi al conservatorio di Parigi. Gli studi classici sono
sfociati nella passione per la musica improvvisata. Eccolo quindi
membro della Unknown Rebel Band di Giovanni Guidi e del quintetto Omit
Five, col quale ottiene i primi riconoscimenti. Attualmente lo si
ascolta nei gruppi di Piero Bittolo Bon, Rosa Brunello e Ada
Montellanico. Col suo trio, creato a Parigi nel 2014, Vignato
sovrappone i linguaggi del jazz contemporaneo, del rock e
dell’improvvisazione radicale, sfruttando sonorità acustiche ed
elettroniche per creare una musica che si muove verso l’inaspettato e
l’imprevedibile.
Roberto Gatto vanta collaborazioni con Johnny Griffin, George Coleman, Curtis Fuller, Chet Baker, Joe Zawinul, Pat Metheny oltre che con i nomi di punta del jazz italiano, per i quali è stato un’inesauribile risorsa ritmica. Ma in anni recenti Gatto preferisce proporsi come leader, e magari anche come talent scout, piuttosto che come sideman di lusso. Il suo New Quartet è una delle più chiare dimostrazioni di questo nuovo corso, con la sua impostazione acustica che si fa forza del talento di tre dei più promettenti artisti della nuova generazione del jazz italiano: Alessandro Lanzoni, Alessandro Presti e Matteo Bortone. Ne scaturisce un jazz moderno e screziato dalle imprevedibili impennate dei suoi solisti oltre che del leader. FOTO Giovedì 1 giugno Correggio (RE), Teatro Asioli, ore 21:00 “Correggio Jazz” FRANCESCO BEARZATTI TINISSIMA QUARTET “Monk’n’roll” Francesco Bearzatti – sax tenore, clarinetto; Giovanni Falzone – tromba; Danilo Gallo – basso acustico; Zeno de Rossi – batteria Dopo progetti
(documentati anche su disco) di grande impegno sia musicale che
culturale che gli sono valsi i più alti riconoscimenti della critica (X
– Suite for Malcolm del 2010 e Suite for Tina Modotti del 2008),
Francesco Bearzatti ha rispolverato col suo Tinissima Quartet i tempi
scapigliati, le sonorità dirompenti, gli arrangiamenti da attacco
all’arrembaggio di alcune sue opere solistiche precedenti come Virus e
Stolen Days. Primo frutto di questo ‘assalto’ alla storia della musica
è stato Monk’n’roll (2013, CAM Jazz), al quale nel 2015 è seguito This
Machine Kills Fascists (dedicato a Woody Guthrie, ma con composizioni
prevalentemente originali). Creato nel 2007, il Tinissima Quartet
celebra quest’anno il decennale della sua attività. Ma non è il solo
anniversario al quale prestare attenzione: nel 2017 ricorre anche il
centenario della nascita di Thelonious Monk, le cui musiche sono nel
centro del mirino del sax di Bearzatti.
La carriera di Francesco Bearzatti (1966, originario di Pordenone) si svolge ormai su una dimensione internazionale. Nella sua musica risuonano oggi le eterogenee componenti della sua formazione: gli studi classici, il metal, la musica da ballo popolare e moderna. Nel farsi jazzista, Bearzatti non ha dimenticato nulla delle sue origini come musicista: quel che si ascolta in Monk’n’roll potrebbe benissimo essere la sua madeleine al vetriolo. Uno dei più fondamentali lasciti compositivi del jazz, quello ‘griffato’ Thelonious Monk, viene eseguito con l’energia di un turbocompressore alimentato a musica rock, con tracce evidenti di Led Zeppelin, Pink Floyd, Lou Reed. FOTO |
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